Sindarin - La Lingua Nobile

Detto anche: Grigio-elfico, la lingua del Beleriand, la nobile favella; nel Signore degli Anelli spesso citato semplicemente come "la lingua degli Elfi". Denominato "Noldorin" nei carteggi di Tolkien precedenti al signore degli Anelli, ma ciò discorda con la sua visione matura o "classica" della storia di tale linguaggio (lo scenario esposto nelle Appendici di SdA ed in fonti successive).

STORIA INTERNA

Il Sindarin fu la lingua Eldarin prevalente nella Terra di Mezzo, il vernacolo degli Elfi Grigi o Sindar. Esso fu il più rilevante discendente del Telerin Comune, il quale a sua volta evolve dall'Eldarin Comune, l'antenato di Quenya, Telerin, Sindarin e Nandorin. "Il Grigio-Elfico era originariamente derivato dal Quenya," spiega Tolkien, "essendo il linguaggio di quegli Eldar i quali erano giunti alle sponde della Terra di Mezzo e invece di traversare il Mare erano rimasti sulle coste del Beleriand. Il lore Re era Thingol Grigiomanto di Doriath, e durante il lungo crepuscolo il loro idioma si era trasformato con la mutevolezza delle terre dei mortali, divergendo notevolmente dal linguaggio degli Eldar di là dal Mare" (Il Signore degli Anelli, Appendice F). Sebbene del Sindarin si dice che sia la meglio preservata delle parlate Eldarin della Terra di Mezzo (PM:305), nondimeno esso è il linguaggio elfico più radicalmente modificato di cui abbiamo qualche conoscenza approfondita: "Il linguaggio dei Sindar è cambiato molto, crescendo impercettibilmente come un albero muta la sua forma senza che sia possibile rendersene conto: tanto quanto una lingua mortale non scritta cambierebbe in cinquecento anni o forse più. Esso già dianzi l'Ascesa del Sole era un idioma grandemente differente all'orecchio dal [Quenya], e dopo tale Ascesa tutte le modifiche furono ratte, per un tempo nella seconda Primavera di Arda invero assai rapido" (WJ:20). Lo sviluppo dall'Eldarin Comune al Sindarin coinvolse cambiamenti molto più radicali dello sviluppo dall'EC al Quenya, o al Telerin di Aman. Tolkien suggerì che il Sindarin "si era trasformato con la mutevolezza delle terre dei mortali" (SdA Appendice F). Questo non per dire che le mutazioni furono caotiche e non sistematiche; esse furono in definitiva regolari - ma mutarono drammaticamente il suono generale e la "musica" del linguaggio. Alcune modifiche rilevanti comprendono le vocali finali che sono abbandonate, le occlusive afone p, t, k che divengono b, d, g foniche seguendo una vocale, le occlusive foniche che divengono spiranti nella medesima posizione (eccetto g, che scomparve del tutto) e molte vocali che sono alterate, spesso per assimilazione ad altre vocali. Secondo PM:401, "lo sviluppo del Sindarin era divenuto, molto prima dell'arrivo degli esuli Ñoldorin, principalmente il prodotto di cambiamenti inosservati come le lingue degli Uomini". Commentando le grandi mutazioni, PM:78 rimarca che "era ancora una lingua gradevole, ben adattata alle foreste, i colli, e le rive ove aveva preso forma".
Dal tempo in cui i Noldor ritornarono alla Terra di Mezzo, pressappoco tre millenni e mezzo dopo la loro separazione dai Sindar, il classico linguaggio Sindarin fu pienamente sviluppato. (Invero sembra essere entrato in una fase più stabile, malgrado l'affermazione di Tolkien che i cambiamenti furono rapidi dopo l'ascesa del Sole: le mutazioni che occorsero durante i settemila anni successivi, fino ai giorni di Frodo, furono invero piccole se comparare al rapido sviluppo nei precedenti tremila anni.) Nella Prima Era, vi erano vari dialetti del Sindarin - l'arcaico linguaggio del Doriath, il dialetto occidentale dei Falathrim o "Popolo delle Rive" ed il dialetto settentrionale del Mithrim. Quale di questi fu la base del Sindarin parlato in ere posteriori non è noto con certezza, ma la lingue dei Falathrim sembra la miglior candidata, dacché il Doriath fu distrutto e quel pochissimo che sappiamo sul Sindarin del Nord suggerisce che esso differiva dal Sindarin dei giorni di Frodo. (Il nome Hithlum è Sindarin Settentrionale; vedere WJ:400.)
I Noldor e i Sindar non erano a tutta prima in grado di intendersi l'un l'altro, i loro linguaggi essendosi allontanati troppo durante la loro lunga separazione. I Noldor appresero il Sindarin velocemente e pure presero a rendere i loro nomi Quenya in Grigio-elfico, poiché "essi trovavano assurdo e disdicevole chiamare persone viventi che parlavano Sindarin nella vita quotidiana con nomi in un'affatto differente modalità linguistica" (PM:341). Talvolta i nomi erano adattati con gran cura, come quando Altáriel deve essere stato tracciato a ritroso nella sua (ipotetica) forma Eldarin Comune *Ñalatârigellê; partendo con tale "ricostruzione" i Noldor poi derivarono la forma Sindarin che dovrebbe essere apparsa in Sindarin se vi fosse effettivamente stato un antico nome *Ñalatârigellê: Galadriel. I nomi non furono sempre convertiti con tale cura. Il rilevante nome Fëanor è di fatto un compromesso tra il puro Quenya Fëanáro e la forma Sindarin "corretta" Faenor ("corretta" nel senso che questo è come il primitivo *Phayanâro dovrebbe essere divenuto in Sindarin, se tale nome fosse effettivamente occorso in Eldarin Comune in tempi antichi). Alcuni nomi, come Turukáno o Aikanáro, furono semplicemente Sindarizzati nel suono, sebbene le forme risultanti Turgon ed Aegnor fossero pressoché privi di significato in Grigio-elfico (PM:345). Molte delle traduzioni di nomi ebbero luogo assai presto, prima che i Noldor avessero classificato tutte le sottigliezze del Sindarin - pertanto i nomi risultanti "erano spesso inaccurati: cioé, essi non sempre corrispondevano precisamente nel senso; né gli elementi equiparati erano sempre effettivamente le più prossime forme Sindarin degli elementi Quenya" (PM:342).
Ma i Noldor, sempre linguisti preparati, presto conseguirono piena maestria del linguaggio Sindarin e classificarono le sue precise relazioni col Quenya. Venti anni dopo la venuta dei Noldor alla Terra di Mezzo, durante la Mereth Aderthad o Festa di Riconciliazione, "la lingua degli Elfi Grigi fosse la più parlata, finanche dai Noldor, i quali erano rapidi nell'apprendere la favella del Beleriand, laddove i Sindar erano lenti nel padroneggiare quella di Valinor" (Silmarillion cap. 13). Il Quenya come una lingua parlta fu finalmente abolito da Thingol quando egli apprese che i Noldor avevano assassinato molti Teleri e trafugato le loro navi per tornare alla Terra di Mezzo: "Mai più alle mie orecchie risuoni la lingua di coloro che in Alqualondë hanno sterminato i miei consanguinei! Né sia più pubblicamente parlata nel mio regno." Conseguentemente "gli Esiliati presero l'abitudine di servirsi, nell'uso quotidiano, del Sindarin" (Silm. cap. 15). Sembra che l'editto di Thingol accelerò meramente il processo [già avviato, N.d.T.]; come notato, molti dei Noldor parlavano già il Sindarin.
Più tardi, gli Uomini mortali apparvero nel Beleriand. L'Appendice F in SdA (ed UT:216) ci informa che "i Dúnedain erano gli unici fra gli Uomini a parlare un idioma Elfico; i loro avi avevano infatti appreso il Sindarin, tramandandolo ai figli con pochi mutamenti attraverso gli anni e le generazioni". Forse furono i Dúnedain che consolidarono il linguaggio Sindarin, almeno per com'era adoperato fra loro stessi (UT:216 afferma che il Sindarin parlato dagli Uomini mortali per altri versi "mostrasse la tendenza a divergere verso forme dialettali"). Qualunque fosse lo standard che il Sindarin Umanico può aver avuto in epoche successive, nella Prima Era "gran parte di loro [gli Edain] presto appresero la favella degli Elfi Grigi, vuoi come lingua con cui comunicare fra loro stessi, vuoi perché erano desiderosi di apprendere la dottrina degli Elfi" (Silmarillion cap. 17). Infine, alcuni Uomini conoscevano e parlavano il Sindarin così come gli Elfi. Il famoso lai Narn i Chîn Húrin (com'è propriamente compitato) fu creato da un poeta Umanico dal nome di Dírhavel, "ma [fu un'opera, N.d.T.] assai apprezzata dagli Eldar, perché il poeta si era servito della lingua degli Elfi Grigi, nella quale era molto versato" (UT:146). D'altra parte, il popolo di Haleth non apprese il Sindarin a fondo o con entusiasmo; vedere UT:378). Túrin imparò il Sindarin nel Doriath; Nellas "gli insegnò a parlare il Sindarin al modo dell'Antico Regno, che era più vetusto e più cortese e più ricco di belle parole" (UT:76).
Gli Elfi stessi continuarono ad usare il Sindarin durante tutta la Prima Era. In una colonia Noldorin come Gondolin si potrebbe aver pensato che i Noldor avessero riesumato il Quenya come il loro linguaggio parlato, ma ciò non pare essere stato il caso, eccetto che nella casa reale: "Per la maggior parte della gente di Gondolin [il Quenya] era divenuta una lingua libresca, e quanto agli altri Noldor essi si servivano comunemente del Sindarin" (UT:55). Tuor udì la Guardia di Gondolin parlare dapprima in Quenya e poi "[nella lingua] del Beleriand [Sindarin], ma con un accento che gli suonava alquanto strano, come d'un popolo che a lungo sia rimasto isolato dai suoi simili" (UT:44). Pure il nome Quenya della città, Ondolindë, appare sempre nella sua forma Sindarizzata Gondolin (sebbene questo sia un mero adattamento e non "reale" Sindarin; il primitivo *Gondolindê dovrebbe aver prodotto *Gonglin, se il vocabolo fosse stato ereditato).
Molti parlatori di Sindarin perirono nelle guerre del Beleriand, ma per l'intervento dei Valar, Morgoth fu finalmente rovesciato nella Guerra d'Ira. Molti Elfi si recarono ad Eressëa quando la Prima Era fu terminata, e da allora il Sindarin evidentemente divenne una lingua parlata nel Reame Benedetto così come nella Terra di Mezzo (un passaggio nell'Akallabêth, citato sotto, indica che i Númenóreani tenevano conversazioni con gli Eressëani in Sindarin). I Valar vollero ricompensare gli Edain per le loro sofferenze nella guerra contro Morgoth ed elevarono un'isola fuori dal mare, e gli Uomini, seguendo la Stella di Eärendil alla loro nuova dimora, fondarono il reame di Númenor.
Il Sindarin era ampiamente usato in Númenor: "Sebbene questo popolo tuttora usasse il proprio linguaggio, i loro sovrani e signori conoscevano e parlavano anche la favella Elfica, da essi appresa nei giorni della rispettiva alleanza, sicché tenevano tuttora comunione con gli Eldar, vuoi di Eressëa vuoi delle contrade occidentali della Terra di Mezzo" (Akallabêth). I discendenti del popolo di Bëor adoperavano pure il Sindarin come loro parlato quotidiano (UT:215). Sebbene l'Adûnaico fosse il vernacolo della maggior parte della popolazione Númenóreana, il Sindarin era "noto in varia misura a quasi tutti" (UT:216). Ma più tardi le cose cambiarono. I Númenóreani presero ad invidiare l'immortalità degli Elfi, ed infine essi respinsero la loro antica amicizia con Aman ed i Valar. Quando Ar-Gimilzôr "proibì drasticamente l'uso delle lingue Eldarin" verso il 3100 della Seconda Era, dobbiamo presumere che pure i Bëoriani dismisero il Sindarin e si diedero invece all'Adûnaico (UT:223). La storia della follia di Ar-Pharazôn, l'astuta "resa" di Sauron, la totale corruzione dei Númenóreani e la Caduta di Númenor sono ben noti dall'Akallabêth. Dopo la Caduta, gli Amici degli Elfi sopravvissuti istituirono i Reami in Esilio, Arnor and Gondor, nella Terra di Mezzo. PM:315 afferma: "I Fidi [dopo la Caduta]... adoperavano il Sindarin, ed in quella lingua divisarono tutti i nomi di luoghi che nuovamente diedero alla Terra di Mezzo. L'Adûnaico fu abbandonato alle trascurate modifiche e corruzione dei linguaggi quotidiani, e come unica lingua degli illetterati. Tutti gli uomini d'alto lignaggio e tutti coloro che erano istruiti a leggere e scrivere usavano il Sindarin, pure come lingua quotidiana fra loro stessi. In alcune famiglie, è detto, il Sindarin divenne la lingua nativa, e la lingua volgare Adûnaica fu imparata solo casualmente se necessario. Il Sindarin non era comunque insegnato agli stranieri, sia perché era ritenuto un marchio di discendenza Númenóreana che perché si provava difficoltà ad acquisirlo - persino più della 'lingua volgare'." Conformemente a ciò, il Sindarin è dichiarato essere stato "il linguaggio normalmente parlato dal popolo di Elendil" (UT:282).
Fra gli stessi Elfi, il Sindarin penetrò verso oriente nella Seconda e Terza Era ed infine spiazzò alcune delle lingue Silvane (Nandorin, Daniano). "Alla fine della Terza Età, i linguaggi Silvani probabilmente non si parlavano più nelle due uniche regioni che ancora avessero una qualche importanza all'epoca della Guerra dell'Anello: il Lórien ed il Regno di Thranduil nella parte settentrionale di Bosco Atro" (UT:257). Il Silvano era fuori gioco, il Sindarin vi era in pieno [personalmente detesto l'uso di 'in' e 'out', N.d.T.] Veramente, si ha l'impressione da SdA1/II cap. 6 che il linguaggio usato in Lórien fosse qualche strana lingua Bosco-elfica, ma Frodo, l'autore del Libro Rosso, lo fraintese. Una nota a pié pagina in SdA Appendice F spiega che nei giorni di Frodo, il Sindarin era invero parlato in Lórien, "anche se con un 'accento', poiché gran parte del popolo di Lórien era di origine Silvana. Questo 'accento' e la scarsa conoscenza che aveva del Sindarin trassero Frodo in errore (come è dimostrato nel Libro del Conte di un commentatore di Gondor)". UT:257 su ciò elabora: "Nel Lórien, moltiu dei cui abitanti erano di origine Sindar o Noldor, superstiti dell'Eregion, il Sindarin era divenuto la lingua da tutti parlata. Naturalmente, non sappiamo in che misura il loro Sindarin differisse dalle forme del Beleriand - vedere [SdA1] II 6, dove Frodo osserva che il linguaggio dei Silvani da questi usato tra loro era diverso da quello dell'Ovest. Probabilmente la differenza era poco più di quello che oggi si chiamerebbe volgarmente 'accento': soprattutto divergenze di suono delle vocali e dell'intonazione, sufficienti però a mettere fuori strada uno che, come Frodo, non conoscesse a fondo il puro Sindarin. Naturalmente può darsi che avessero corso termini locali e altre caratteristiche dovuti, in ultima analisi, all'influenza della precedente lingua Silvana." Il Sindarin tipo, senza "accento", era evidentemente parlato a Gran Burrone e fra il popolo di Círdan ai Porti.
Ma alla fine della Terza Era, gli Elfi stavano scomparendo nella Terra di Mezzo, qualunque lingua parlassero. Il dominio degli Uomini Mortali, i Secondogeniti di Ilúvatar, stava per iniziare. Tolkien nota che alla fine della Terza Era vi erano molti Uomini che parlavano Sindarin o conoscevano il Quenya di quanti fossero gli Elfi che lo facevano (Lettere:425). Quando Frodo e Sam incontrarono gli uomini di Faramir in Ithilien, essi li udirono parlare dapprima in Lingua Corrente (Ovestron), ma poi passarono ad "un loro proprio idioma. Con stupore Frodo si rese conto, ascoltandoli, che parlavano la lingua elfica, o un'altra assai simile; e li guardò meravigliato, perché sapeva che dovevano essere Númenóreani del Sud, Uomini della stirpe dei Signori dell'Ovesturia" (SdA2/IV cap. 4). In Gondor, "il Sindarin era un linguaggio acquisito raffinato ed usato da coloro di più pura discendenza N[úmenóreana]" (Lettere:425). Il loquace esperto di erbe delle Case di Guarigione si riferisce al Sindarin come alla "lingua nobile" (SdA3/V cap. 8: "La vostra signoria ha chiesto della foglia di re, poiché tale è il nome che gli incolti danno a questa pianta; nella lingua nobile viene chiamata athelas, e coloro che comprendono qualche parola di Valinoreano [= Quenya]...").
Come il Sindarin passò nella Quarta Era non possiamo sapere. Come il Quenya, esso deve essere stato rammentato fin quando il reame di Gondor persistette.

Designazioni del linguaggio

"Sindarin" è il nome Quenya di tale linguaggio, derivato da Sindar *"i Grigi" = Elfi Grigi; può essere (ed è) tradotto Grigio-elfico. Come il Sindarin fu chiamato col suo proprio termine non è noto con certezza. È detto degli Elfi nel Beleriand che "il loro proprio linguaggio era l'unico che essi mai udirono; ed essi non necessitavano di parole per distinguerlo" (WJ:376). I Sindar probabilmente si riferivano alla loro propria lingua semplicemente come all'Edhellen, "Elfico". Come notato sopra, l'esperto di erbe delle Case di Guarigione si riferì al Sindarin come alla "lingua nobile" (mentre "la più nobile lingua al mondo" rimane il Quenya, UT:218). Da un capo all'altro di SdA, il termine usualmente impiegato è semplicemente "la lingua degli Elfi", dacché il Sindarin era il vernacolo vivo degli Elfi.

STORIA ESTERNA

In 1954, nelle Lettere:176, Tolkien affermò che "il linguaggio vivo degli Elfi Occidentali (Sindarin o Grigio-elfico) è quello usualmente incontrato [in SdA], specialmente nei nomi. Ciò è derivato da una origine comune ad esso ed al Quenya, ma le modifiche sono state deliberatamente escogitate per dargli un carattere linguistico molto vicino (sebbene non identico) al gallese britannico: poiché quel carattere è quello che trovo, in qualche modo linguistico, assai attraente; ed in quanto sembra adattarsi al tipo piuttosto 'celtico' delle leggende e storie narrate dai suoi parlatori". Più tardi, egli trovò che "tale elemento nel racconto ha dato forse più piacere a molti lettori che non ogni altra cosa in esso" (MC:197).
Un linguaggio con sonorità gallesi o celtiche era presente nei miti di Tolkien dal principio. Tale linguaggio fu originariamente denominato Gnomico o I·Lam na·Ngoldathon, "la lingua degli Gnomi (Noldor)". L'originale dizionario Gnomico di Tolkien, che data circa dal 1917, fu pubblicato in Parma Eldalamberon #11 e si è rivelato come un documento comprensivo, con migliaia di vocaboli. Molti termini Gnomici si trovano anche nelle appendici di LT1 ed LT2. Anche Parma pubblicò una (mai completata) grammatica Gnomica. Ma sebbene Tolkien mettesse molta opera [? N.d.T.] in tale linguaggio, esso fu in effetti rigettato posteriormente. In PM:379, in un documento successivo, Tolkien si riferisce allo Gnomico come al "linguaggio Elfico che in ultimo divenne quello del tipo chiamato Sindarin" e notò che esso "era in una forma primitiva e disorganizzata". Alcuni dei concetti centrali della grammatica Gnomica, in particolare certe mutazioni di consonante, furono più tardi riciclate in Sindarin. Un certo numero di voci del vocabolario Gnomico sopravvissero anche in Sindarin, invariate o in forme riconoscibili. Pure così, lo Gnomico era realmente un linguaggio interamente differente, sebbene avesse uno stile fonetico alquanto simile a quello del Sindarin (moltitudini di ch e th, e la maggior parte dei vocaboli che finisce in una consonante!) Una importante caratteristica del Sindarin, l'umlaut o affezione delle vocali, a quel che si dice dapprima appare nelle grammatiche scritte da Tolkien negli anni Venti. Ma soltanto negli anni Trenta, con le Etimologie, un linguaggio realmente prossimo al maturo Sindarin emerse nelle note di Tolkien. Questo era, come notato sopra, definito "Noldorin", poiché come il suo predecessore Gnomico essu fu concepito come il linguaggio, non dei Sindar, ma dei Noldor - sviluppato in Valinor. A questo stadio, il Quenya fu pensato come il linguaggio dei Lindar (più tardi: Vanyar) solamente. Soltanto fino a quando le appendici a SdA non furono scritte Tolkien abbandonò tale idea e volse il Noldorin nel Sindarin. Il Quenya allora divenne l'originale linguaggio sia dei Vanyar che dei Noldor - questi ultimi semplicemente adottarono il Sindarin quando giunsero alla Terra di Mezzo. "Risultò" che il linguaggio di sonorità celtica dei miti di Tolkien non era, dopo tutto, la loro propria lingua (sebbene negli annali della Terra di Mezzo, essi certamente vennero ad essere i suoi preminenti utilizzatori). Esso non si originò nel Reame Benedetto di Valinor, ma era una lingua indigena della Terra di Mezzo.
          Nella primissima concezione, gli Elfi nativi del Beleriand parlavano un linguaggio denominato Ilkorin, che il Sindarin in effetti spiazzò quando Tolkien effettuò la sua revisione(Edward Kloczko ha argomentato che l'Ilkorin fu trasformato nel dialetto settentrionale del Sindarin; il suo articolo è allegato al mio trattato sull'Ilkorin). La decisione di Tolkien di rivedere fondamentalmente la storia del linguaggio di sonorità celtica dei suoi miti fu probabilmente una [scelta, N.d.T.] felice, rendendo lo scenario linguistico molto più plausibile: sicuramente era difficile immaginare che i Vanyar ed i Noldor potessero aver sviluppato due linguaggi così marcatamente differenti come il Quenya ed il "Noldorin" quand'essi vivevano fianco a fianco in Valinor. Volgendo il "Noldorin" nel Sindarin si prese cura di quel problema; ora i due rami dell'Elfico poterono svilupparsi totalmente indipendentemente durante le lunghe ere in cui i loro parlatori vissero in assoluta separazione gli uni dagli altri.
          Il "Noldorin" delle Etimologie non è interamente identico al Sindarin come esso appare in SdA, dacché Tolkien non cessò mai di raffinare ed alterare i suoi linguaggi inventati. Ma molte delle differenze che separano il "Noldorin" dal Sindarin in stile SdA sono felicemente regolari, Tolkien aggiustando alcuni dettagli dell'evoluzione dall'Elfico Primiordiale. Pertanto, la maggior parte del materiale "Noldorin" può alquanto facilmente essere aggiornato in accordo con lo scenario linguistico di SdA. Un certo numero di vocaboli devono essere sottilmente alterati; per esempio, il dittongo "Noldorin" oe dovrebbe piuttosto essere ae in Sindarin. Un esempio coinvolge Belegoer come un nome del Grande Oceano (LR:349, 352); Tolkien più tardi modificò tale forma in Belegaer - così sulla mappa dell'edizione pubblicata del Silmarillion. Un'altra modifica ha a che fare con le consonanti lh- ed rh-; ove esse ricorrono in "Noldorin" molti esempi mostrano che il Sindarin dovrebbe avere invece le semplici l- ed r-. Così, possiamo dedurre che un termine "Noldorin" come rhoeg ("erroneo", LR:383) dovrebbe piuttosto essere raeg in Sindarin - sebbene quest'ultima forma non sia esplicitamente attestata in nessun luogo. È stato suggerito che il "Noldorin" delle Etimologie, con le sue varie peculiarità, possa essere equiparato all'"alquanto strano" dialetto del Sindarin che i Noldor parlavano in Gondolin (UT:44). In tale maniera potremmo pure rendere conto del suo essere denominato Noldorin piuttosto che Sindarin. Comunque, è anche possibile che Tolkien abbia considerato il "Noldorin" totalmente obsoleto al punto in cui esso differisce dalla sua tarda visione del Sindarin.

ELEMENTI DI FONOLOGIA

La fonologia Sindarin è meno restrittiva di quella del Quenya. Molti gruppi di consonanti sono consentiti in tutte le posizioni, mentre i gruppi iniziali e finali sono virtualmente assenti in Quenya. I suoni ch (tedesco ach-Laut, NON "tsh" come nell'inglese church) e th, dh ("th" come in think e this, rispettivamente) sono frequenti. Tolkien talvolta adopera la speciale lettera eth (ð) per compitare dh, ma qui useremo il digrafo, come in SdA. Le esplosive afone p, t, c non ricorrono mai seguendo una vocale, ma sono lenite (vedere sotto) in b, d, g. Notare che come in in Quenya, la c è sempre pronunciata k (esempio tipo: Celeborn = "Keleborn", non "Seleborn"). Alla fine dei vocaboli, la f è pronunciata v, come nell'inglese of. (In sillabazione Tengwar, un vocabolo come nef è effettivamente pronunciato nev.) R dovrebbe essere vibrata, come in spagnolo, russo etc. I digrafi rh e lh rappresentano le r ed l afone (ma talvolta tali combinazioni possono effettivamente indicare r + h o l + h, come in Edhelharn - non sorprendentemente, il nostro alfabeto non può rappresentare il Sindarin del tutto adeguatamente).

Il Sindarin ha sei vocali, a, e, i, o, u ed y, l'ultima delle quali corrisponde al tedesco ü o francese u come in Lune (pronunciare ee come nell'inglese see con labbra arrotondate come quando si pronuncia oo, ed eccola). Le vocali lunghe sono marcate con un accento (á, é etc.), ma nel caso di monosillabi tonici le vocali tendono a divenire specialmente lunghe e sono marcate da un circonflesso: â, ê etc. In HTML sfortunatamente non si può piazzare un circonflesso sulla vocale y. Ad evitare sgradevoli compitazioni come my^l ("gabbiani", WJ:418), qui adoperiamo invece un accento (i rilevanti vocaboli che ricorrono in questo articolo sono býr, thýn, fýr, rýn, mrýg, mýl, 'lýg ed hýn - idealmente questi dovrebbero avere invece un circonflesso). Ciò non è molto critico: in scrittura Tengwar, nessuna distinzione è operata tra vocali lunghe ed extra-lunghe; l'uso di circonflessi invece degli accenti nei monosillabi è puramente una ulteriore complicazione che Tolkien introdusse nella sua ortografia Romana per il Sindarin (evidentemente per rendere abbondantemente chiaro come i vocaboli sono da pronunciare).
          I dittonghi Sindarin comprendono ai (come nell'inglese aisle, NON come in mail), ei, oi, ui (come "ooy" in too young) ed au (come nel tedesco Haus, o come "ow" nell'inglese cow). Alla fine dei vocaboli, au è pronunciato aw. Vi sono anche i dittonghi ae ed oe, senza controparti in inglese; Tolkien effettivamente suggerisce di sostituirli con ai ed oi se non ci si cura di tali dettagli (invero egli talvolta anglicizzò Maedhros in "Maidros", ma ognuno che legga questo documento probabilmente si cura dei dettagli). Ae ed oe sono semplicemente le vocali a, o pronunciate in una sillaba con la vocale e (come nell'inglese pet), così come ai ed oi sono a ed o pronunciate assieme alla i.

Alquanto confusamente, negli scritti di Tolkien il digrafo oe è talvolta adoperato anche a significare la o con umlaut, apparentemente il medesimo suono del tedesco ö (effettivamente è spesso preferita la compitazione ö in quest'articolo, ad evitare confusione). Alla fine della Terza Era, ö si era fusa con e (questo è il [motivo, N.d.T.] perché i Monti Grigi appaiono come Ered Mithrin e non Öröd Mithrin sulla Mappa in SdA!), ma necessita ancora riferirsi a tale suono discutendo del Sindarin arcaico.

IL CORPUS

Importanti campioni di Sindarin in SdA comprendono:

-Il saluto di Glorfindel ad Aragorn: Ai na vedui Dúnadan! Mae govannen! (SdA1/I cap. 12). I primi vocaboli non sono tradotti, ma probabilmente significano *"Ah, finalmente, Uomo dell'Ovest!" Mae govannen significa "benincontrato" (Lettere:308).

-Il grido di Glorfindel al suo cavallo: Noro lim, noro lim, Asfaloth! (medesimo capitolo). Intradotto; evidentemente dal significato *"corri veloce, corri veloce, Asfaloth!"

-L'incantesimo di fuoco di Gandalf: Naur an edraith ammen! Naur dan i ngaurhoth! La prima parte indica letteralmente, secondoo TI:175, "sia il fuoco per salvarci". (Effettivamente non sembra esservi un vocabolo che indica "sia".) La seconda parte deve significare *"fuoco contro lo stuolo di mannari!" (Cfr. il commento di Gandalf la mattina dopo l'attacco dei lupi: "È come temevo. Questi non erano comuni lupi.") (SdA1/II cap. 4)

-L'invocazione di Gandalf dinanzi al Cancello di Moria: Annon edhellen, edro hi ammen! Fennas nogothrim, lasto beth lammen! "Porta Elfica apriti ora per noi; ingresso del Popolo dei Nani ascolta le parole della mia lingua" (SdA1/II cap. 4, tradotto in RS:463). Una variante iniziale dell'invocazione si trova in RS:451.

-L'iscrizione sul Cancello di Moria stesso: Ennyn Durin Aran Moria: pedo mellon a minno. Im Narvi hain echant: Celebrimbor o Eregion teithant i thiw hin. "Le Porte di Durin, Signore di Moria. Dite, amici, ed entrate. Io, Narvi, le feci. Celebrimbor dell'Agrifogliere [Eregion] tracciò questi segni."

-Il canto A Elbereth Gilthoniel / silivren penna míriel / o menel aglar elenath! / Na-chaered palan-díriel / o galadhremmin ennorath, / Fanuilos le linnathon / nef aer, sí nef aearon (SdA1/II cap. 1). È tradotto in RGEO:72 e significa approssimativamente, "O Elbereth che accendi stelle, bianche faville, che digradano scintillanti come gemme, dal firmamento la gloria della volta stellata. A remote distanze contemplando da lontano dai paesaggi intessuti di alberi della Terra di Mezzo, Fanuilos, a cui va il mio canto, da questa riva dell'oceano, qui da questa diva dell'Oceano" (mia traduzione basata sulla versione interlineare di Tolkien). Una variante primeva del canto si trova in RS:394. (L'inno è alquanto simile al Canto di Lúthien [intradotto] in I Lais del Beleriand p. 354: Ir Ithil ammen Eruchîn / menel-vîr síla díriel / si loth a galadh lasto dîn! / A Hîr Annûn gilthoniel, le linnon im Tinúviel.)

-Il grido "ispirato" di Sam a Cirith Ungol: A Elbereth Gilthoniel o menel palan-diriel, le nallon sí di-nguruthos! A tiro nin, Fanuilos! "O Elbereth che accendi stelle, dal firmamento costì contemplando, a Te grido preda [lett. al di sotto] dell'ombra della morte. Volgimi il tuo sguardo, Semprebianca!" (tradotto nelle Lettere:278 ed in RGEO:72).

-Il plauso ricevuto dai Portatori dell'Anello al Campo di Cormallen (SdA3/VI cap. 4): Cuio i Pheriain anann! Aglar'ni Pheriannath! ... Daur a Berhael, Conin en Annûn, eglerio! ... Eglerio! Questo è tradotto nelle Lettere:308 e significa "possano gli Halflings vivere a lungo, gloria agli Halflings... Frodo e Sam, principi dell'ovest, glorificate(li)! ... Glorificate(li)!"

-Il linnod di Gilraen ad Aragorn in SdA Appendice A: Ónen i-Estel Edain, ú-chebin estel anim, tradotto "Ho dato la Speranza ai Dúnedain; non ne ho conservata per me".

Al di fuori di SdA, la fonte più importante - invero il più lungo testo Sindarin che abbiamo, ed il più lungo testo in prosa in alcuna lingua Elfica - è la Lettera Reale, una parte dell'Epilogo di SdA, che Tolkien più tardi accantonò. Fu finalmente pubblicata in SD:128-9: Elessar Telcontar: Aragorn Arathornion Edhelharn, aran Gondor ar Hîr i Mbair Annui, anglennatha i Varanduiniant erin dolothen Ethuil, egor ben genediad Drannail erin Gwirith edwen. Ar e aníra ennas suilannad mhellyn în phain: edregol e aníra tírad i Cherdir Perhael (i sennui Panthael estathar aen) Condir i Drann, ar Meril bess dîn; ar Elanor, Meril, Glorfinniel, ar Eirien sellath dîn; ar Iorhael, Gelir, Cordof, ar Baravorn, ionnath dîn. A Pherhael ar am Meril suilad uin aran o Minas Tirith nelchaenen uin Echuir. (I nomi Elessar Telcontar sono in Quenya; la traduzione in Sindarin di Elessar, Edhelharn [Gemma Elfica], occorre nel testo.) Tale traduzione è data in SD:128: "Aragorn Grampasso la Gemma Elfica [ma il testo Elfico recita "Elessar Telcontar: Aragorn figlio di Arathorn Gemma Elfica"], Re di Gondor e Signore delle Terre Occidentali, arriverà al Ponte del Baranduin nell'ottavo giorno di Primavera, o nel Calendario della Contea il secondo giorno d'Aprile. Ed egli desidera salutare là tutti i suoi amici. In special modo egli desidera vedere Maestro Samvise (che dovrebbe essere chiamato Pienamente Saggio [vedere l'articolo sull'Ovestron degli Hobbit per il gioco di parole, N.d.T.]), Sindaco della Contea, e Rosa sua moglie; ed Elanor, Rosa, Cioccadoro, e Daisy sue figlie; e Frodo, Merry, Pipino ed Hamfast, suoi figli. A Samvise e Rosa il saluto del Re da Minas Tirith, il trentunesimo giorno di Stimolo [non nel testo Elfico:], che è il ventitreesimo di Febbraio in quel computo." Le parole fra parentesi ("che dovrebbe essere...") sono omesse dalla traduzione in SD:128, ma cfr. SD:126.

Altri campioni di Sindarin comprendono:

-L'esclamazione di Voronwë quando vide i Monti Cerchianti attorno al reame di Turgon: Alae! Ered en Echoriath, ered e·mbar nín! "Alae [= ?ecco]! [I] monti di Echoriath, [i] monti della mia patria!" (UT:40, tradotto in UT:54 nota 19.)

-Gurth an Glamhoth!, "morte a[ll']orda assordante", Túrin maledice gli Orchi in UT:39 (cfr. UT:54).

-Il grido di battaglia degli Edain del Nord, dato in UT:65: Lacho calad! Drego morn! "Fiammeggia Luce! Fuggi Notte!"

-Un'esclamazione di Húrin: Tûl acharn, "Giunge vendetta", emendata da Tôl acharn (WJ:301, 254).

-I nomi Sindarin di certi Grandi Racconti nel Silmarillion, i Nern in Edenedair o *"Racconti dei Padri di Uomini", dato in MR:373: 1) Narn Beren ion Barahir, "Racconto di Beren figlio di Barahir", anche denominato Narn e·Dinúviel, "Racconto dell'Usignolo". 2) Narn e·mbar Hador *"Racconto della casa di Hador" che include il Narn i·Chîn Hurin "Racconto dei Figli di Hurin" (anche chiamato Narn e·'Rach Morgoth "Racconto della Maledizione di Morgoth") e Narn en·Êl "Racconto della Stella" (o Narn e·Dant Gondolin ar Orthad en·Êl, *"Racconto della Caduta di Gondolin e del Sorgere della Stella").

-Una proposizione dalla cosiddetta "Veste di Túrin": Arphent Rían Tuorna, Man agorech?, che probabilmente significa *"E Rían disse a Tuor, Che hai fatto?" (Comparare agor "fece" in WJ:415. I pieni contenuti della Veste di Túrin saranno "presto" pubblicati e discussi in Vinyar Tengwar...o così Carl F. Hostetter scrisse nel messaggio TolkLang 21.09 addietro nel 1996.)

LA STRUTTURA DEL SINDARIN

La caratteristica più distintiva del Sindarin come un linguaggio è probabilmente la complessa fonologia, il Grigio-elfico spesso facendo affidamento su caratteristiche fonologiche tali come umlaut e mutazioni invece di affissi ad esprimere varie idee grammaticali. Avremo a toccare brevemente tali faccende molto spesso nel nostro tentativo di esaminare la struttura del Sindarin.

1. GLI ARTICOLI

Come il Quenya, il Sindarin non ha articoli indefiniti come l'inglese "a, an"; l'assenza di un articolo determinativo indica che il sostantivo è indefinito: Edhel = "Elfo" o "un Elfo".

L'articolo determinativo, "il", è i al singolare: aran "re", i aran "il re". Tali esempi potrebbero opportunamente essere Quenya. In un testo intradotto in I Lais del Beleriand p. 354 troviamo la frase ir Ithil. Se ciò significa *"la luna", sembrerebbe indicare che l'articolo prende la forma ir prima di un vocabolo in i- (ad evitare due identiche vocali in iato).

Diversamente dal Quenya (e dall'inglese), il Sindarin ha una speciale forma plurale dell'articolo, in. "Re" [al plurale, N.d.T.] è erain (formato da aran per umlaut vocalici, vedere sotto); "i re" è in erain.

Sia al singolare che al plurale, l'articolo può apparire come un suffisso apposto alle preposizioni. Tale suffisso ha la forma -n o -in. Così la preposizione na "a" diviene nan "al". Ben "nel" o più letteralmente *"secondo il", un vocabolo occorrente nella Lettera Reale, sembra essere una preposizione be "secondo" - non attestata di per sé - con il suffisso -n per "il". (Tale be dovrebbe essere l'affine Sindarin del Quenya ve "come".) La preposizione nu (o no) "sotto" diviene nuin "sotto le" (come in Dagor-nuin-Giliath "Battaglia sotto le Stelle", un nome occorrente nel Silmarillion, capitolo 13). Quando l'articolo ricorre nella forma -in, può innescare modifiche fonologiche nel vocabolo cui è apposto. Or "sopra, su" volge in erin "sul", la vocale i causando umlaut sulla o in e (via ö; "sul" deve essere stato örin ad uno stadio iniziale). La preposizione o "da, di" appare come uin quando l'articolo è suffisso, dacché in Sindarin il primevo oi diviene ui (cfr. Uilos come l'affine del Quenya Oiolossë). Si potrebbe pensare che la desinenza -in aggiunta a preposizioni corrisponda all'articolo indipendente in per il plurale "i", così che vocaboli come erin od uin potrebbero essere usati in congiunzione solamente con termini plurali. Ma la Lettera Reale dimostra che non è questo il caso; qui troviamo tali vocaboli adoperati assieme a singolari: erin dolothen Ethuil "nell'ottavo [giorno] di Primavera", uin Echuir "dello Stimolo" (nome di mese). Presumibilmente -n, -in suffisso a preposizioni rappresenta una forma obliqua dell'articolo che è usato sia al singolare che al plurale. - In alcuni casi, il normale, indipendente articolo è utilizzato seguendo una preposizione indipendente, così come in inglese: cfr. naur dan i ngaurhoth *"fuoco contro lo stuolo di mannari" in uno degli incantesimi di fuoco di Gandalf. Dan i "contro il" non è rimpiazzato da un singolo vocabolo, sc. qualche forma di dan "contro" con l'articolo suffisso. Forse alcune preposizioni non possono proprio ricevere un articolo suffisso, o forse è discrezionale voler dire nan o na i(n) per "al", erin o or i(n) per "su/sopra il", uin od o i(n) per "di/dal". Non sappiamo.

L'articolo genitivale: il Sindarin spesso esprime relazioni genitivali dal solo ordine dei vocaboli, come Ennyn Durin "Porte (di) Durin" ed Aran Moria "Signore (di) Moria" nell'iscrizione sul Cancello di Moria. Tuttavia, se il secondo termine della costruzione è un comune sostantivo e non un nome come in tali esempi, l'articolo genitivale en "del" è utilizzato se il sostantivo è definito. Cfr. nomi come Haudh-en-Elleth "Tumulo della Fanciulla degli Elfi" (Silmarillion cap. 21), Cabed-en-Aras *"Salto del Cervo" (UT:140), Methed-en-Glad "Fine del Bosco" (UT:153) oppure la frase orthad en·Êl "Levata della Stella" in MR:373. Cfr. anche Frodo e Sam che vengono chiamati Conin en Annûn "principi dell'Ovest" al Campo di Cormallen. (Tale articolo genitivale talvolta assume la più breve forma e; cfr. Narn Dinúviel "Racconto dell'Usignolo", MR:373. Vedere sotto, nella sezione circa le mutazioni delle consonanti, riguardo alle varie incarnazioni di tale articolo e le condizioni ambientali nelle quali occorre.) Soltanto infrequentemente il normale articolo sg. i rimpiazza e(n)- in frasi genitivali, ma nella Lettera Reale si ha Condir i Drann per "Sindaco della Contea". Ma al plurale, il normale articolo pl. in è normalmente usato pure in una costruzione genitivale, cfr. Annon-in-Gelydh "Porta (de)i Noldor" (UT:18), Aerlinn in Edhil *"Inno (de)gli Elfi" (RGEO:70, in scrittura Tengwar). Tuttavia, vi sono esempi dell'articolo esplicitamente genitivale en che viene inoltre usato al plurale: Bar-en-Nibin-Noeg, "Casa dei Nanerottoli" (UT:100), Haudh-en-Ndengin "Tumulo di Massacro", o *"dei Massacrati" (Silmarillion cap. 20). Ciò sembra essere meno usuale, però.

In molti casi, gli articoli causano il modificarsi della consonante iniziale del seguente vocabolo. Tali complicanze fonologiche sono descritte sotto, nella sezione sulle mutazioni delle consonanti. L'articolo i innesca lenizione o mutazione palatale sel sostantivo che segue; vedere sotto. La n finale dell'articolo in è spesso assorbita in un processe chiamato mutazione nasale; la n scompare e la consonante iniziale del sostantivo è invece modificata. D'altra parte, la nasale del suffisso -n o -in, "il" apposto alle preposizioni, apparentemente persiste - sebbene sembri innescare quel che interlocutoriamente si chiama mutazione mista nel vocabolo seguente.

Gli articoli sono anche utilizzati come pronomi relativi; cfr. Perhael (i sennui Panthael estathar aen) "Samvise (che che dovrebbe essere chiamato Panthael)" nella Lettera Reale, oppure il nome Dor Gyrth i chuinar "Terra del Morto che Vive" (Lettere:417 - ciò rappresenta *Dor Gyrth in cuinar, un esempio di mutazione nasale. Dor Firn i Guinar nel Silmarillion cap. 20 impiega il singolare i come un pronome relativo persino se Firn è plurale; la lezione Dor Gyrth i chuinar da un'assai tarda lettera (1972) è da preferire).

Deve essere notato che Tolkien talvolta, ma non sempre, connette gli articoli Sindarin al vocabolo successivo per mezzo di un trattino o d'un punto. Questo è apparentemente opzionale. In quest'opera, quando non si cita la fonte direttamente, connettiamo l'articolo genitivale e, en "del" al vocabolo successivo per mezzo di un trattino (dacché diversamente dovrebbe spesso essere arduo distinguerlo dalla preposizione ed, e "fuori da"), ma non uniamo con un trattino gli altri articoli.

2. I SOSTANTIVI

Nella linea temporale fittizia, il sostantivo Sindarin originariamente aveva tre numeri [in tale contesto, nel seguito dell'articolo e in tutti gli altri, con 'numero' si indica il genere, N.d.T.]: singolare, plurale e duale. Tuttavia, s'è detto che la forma duale inizialmente divenne obsoleta eccetto che nelle opere scritte (Lettere:427). D'altra parte, un cosiddetto plurale di classe si sviluppò, coesistendo col "normale" plurale; vedere sotto.

Come nella maggior parte dei linguaggi, la singolare è la forma di base, non inflessa del sostantivo. Tolkien notò che i plurali Sindarin "erano prevalentemente creati con modifiche vocaliche" (RGEO:74). Per esempio, amon "colle" diviene emyn "colli"; aran "re" diviene erain "re" [il che non costituisce certo un esempio calzante in italiano, N.d.T.]. Le consonanti rimangolo le stesse, ma le vocali mutano. Vi sono pochi sostantivi inglesi che formano i loro plurali in una maniera similare: man pl. men, woman pl. women (pronunciato "wimen"), goose pl. geese, mouse pl. mice etc. Tuttora l'inglese usualmente fa affidamento sulla desinenza plurale -s. In Sindarin, la situazione è all'opposto: il trucco di modificare le vocali è l'usual modo di formare i plurali, e soltanto pochi vocaboli esibiscono qualche sorta di desinenza al plurale. Le regole per tali modifiche vocaliche sono le medesime sia per i sostantivi che per gli aggettivi (questi ultimi si accordano nel numero), così citeremo anche gli aggettivi fra gli esempi nell'esplorare i modelli di plurale Sindarin. Fondamentalmente, le modifiche vocaliche recedono dai cosiddetti fenomeni di umlaut. L'umlaut (in origine un termine tedesco che letteralmente significa qualcosa come "suono modificato") è un importante caratteristica della fonologia Sindarin; Il termine Sindarin per tale fenomeno è prestanneth, indicante turbamento oppure affezione. Esso ha a che fare con una vocale che "ha effetto" su di un'altra vocale nel medesimo vocabolo, rendendola più simile a se stessa, in termini linguistici assimilandola. L'umlaut rilevante per la formazione plurale Tolkien lo etichettò come "affezione della i" (WJ:376), dacché era una vocale i che originariamente l'innescava. Tolkien immaginò che il primitivo linguaggio Elfico avesse una desinenza plurale *-î, ancora presente in Quenya come -i (come in Quendi, Atani, Teleri etc). Tale desinenza come tale non sopravvisse in Sindarin, ma vi sono chiare tracce della sua antecedente presenza, e tali "tracce" sono esse stesse divenute l'indicatore di pluralità in Grigio-elfico. Quando la forma plurale di, diciamo, fang "barba" (come in Fangorn "Barbalbero") è feng, ciò è in quanto la a era affetta dall'antica desinenza plurale *-î, -i mentre quest'ultima era ancora presente. Nella più primitiva forma d'Elfico, il vocabolo per "barba" appariva come spangâ, plurale spangâi; nello stadio che chiamiamo Antico Sindarin, ciò era divenuto sphanga pl. sphangi. La prima fornì il "Classico" Sindarin fang, ma il plurale sphangi divenne feng, l'originale vocale a trascinandosi verso la qualità della desinenza plurale -i prima che la desinenza fosse perduta - e così nella più tarda forma plurale feng abbiamo e come una specie di compromesso tra (l'originale vocale) a e (la desinenza perduta) i. (Può essere che vi fu uno stadio intermedio che aveva ei, perciò ?feing.)

MODELLI DI PLURALE SINDARIN

Quando "affette" o "con umlaut", le varie vocali e dittonghi subiscono differenti modifiche. Le precise condizioni ambientali e la storia fonologica devono talvolta essere tenute in conto per determinare come il vocabolo dovrebbe apparire al plurale. Elencheremo le vocali dalle loro forme "normali" o non affette.

  • La vocale A: Una a occorrente nella sillaba finale di un vocabolo usualmente volge in ai al plurale. Ciò vale anche quando la sillaba finale è anche l'unica sillaba, sc. il termine è monosillabico (in tali vocaboli vediamo spesso la lunga â). L'esempio usato sopra, fang pl. feng invece di **faing, è alquanto atipico (vedere sotto); per altri versi tale modello è relativamente ben attestato:
    tâl "piede", pl. tail (singolare in LR:390 s.v. TAL; il plurale tail è attestato nella forma lenita -dail nel composto tad-dail "bipedi" in WJ:388)
    cant "forma", pl. caint (singolare in LR:362 s.v. KAT; per la forma pl. cfr. morchaint = "forme oscure, ombre" nell'Appendice del Silmarillion [voce gwath, wath]; questa è mor "oscuro" + caint "forme", la c qui divenendo ch per ragioni fonologiche)
    rach "vagone, carro", pl. raich (cfr. Imrath Gondraich "Valle del Carro di Pietra" [anche 'Valle Cavapietra', N.d.T.] in UT:465)
    barad "torre", pl. beraid (Appendice del Silmarillion, voce barad)
    lavan "animale", pl. levain (WJ:416)
    aran "re", pl. erain (LR:360 s.v. 3AR)
    NOTA: nel "Noldorin" delle Etimologie, la a in una sillaba finale spesso risulta invece come ei. Perciò abbiamo adar "padre" pl. edeir (voce ATA), Balan "Vala" pl. Belein (BAL), habad "riva" pl. hebeid (SKYAP), nawag "nano" pl. neweig (NAUK), talaf "suolo, pavimento" pl. teleif (TAL). Stessa cosa nei monosillabi: Dân "elfo Nandorin", pl. Dein (NDAN), mâl "polline" pl. meil (SMAL), pân "tavola" pl. pein (PAN), tâl "piede" pl. teil (TAL). Ma come dimostrato sopra, la forma plurale di tâl era divenuta tail nel Sindarin posteriore di Tolkien (forma lenita -dail in tad-dail in WJ:388). Parimenti, il plurale Sindarin di adar è visto, non come edeir come nelle Etimologie, ma edair (come in Edenedair "Padri di Uomini", MR:373 - questa è una fonte post-SdA). L'Appendice del Silmarillion, voce val-, conferma anche che in Sindarin la forma plurale di Balan "Vala" è Belain, non Belein come nelle Etimologie. Sembra che in tutti gli esempi appena elencati, dovremmo leggere il Sindarin ai per il "Noldorin" ei nelle forme plurali. In un caso almeno, evidenza dalle Etimologie si accorda con i modelli osservati nel tardo Sindarin: il già citato esempio aran "re" pl. erain (non *erein) alla voce 3AR. (Per erain come il plurale Sindarin, comparare il nome Fornost Erain "Roccanorda dei Re" occorrente in SdA3/VI cap. 7.) Destando interesse, Christopher Tolkien nota che nelle Etimologie, il gruppo di voci cui 3AR appartiene fu "depennato e rimpiazzato più leggibilmente" (LR:360). Forse questo fu dopo che suo padre ebbe rivisto i modelli di plurale che per altri versi persistono in Etim. PM:31, riproducendo una bozza per un'Appendice a SdA, mostra Tolkien che modifica il plurale di Dúnadan da Dúnedein a Dúnedain. Sembra che i più antichi plurali "Noldorin" in ei non siano concettualmente obsoleti; essi possono essere visti come arcaico Sindarin: in certi ambienti, la modifica ei > ai occorse anche entro la storia immaginata, così Dúnedain potebbe invero essere stato Dúnedein ad uno stadio iniziale. Sembra che Tolkien decise che ei nella sillaba finale di un vocabolo (ciò vale anche per i monosillabi) divenne ai, ma per altri versi rimase ei. Perciò abbiamo teithant per "tracciò" (oppure *"scrisse") nell'iscrizione sul Cancello di Moria, e questo teith- è correlato al secondo elemento -deith del vocabolo andeith "segno lungo" (un simbolo adoperato per marcare le vocali lunghe in scrittura, LR:391 s.v. TEK). Pure il vocabolo andeith dalle Etimologie appare invece come andaith in SdA Appendice E, dacché ei qui era in una sillaba finale. Teithant non potrebbe divenire **taithant in quanto ei qui non è in una sillaba finale. Altri vocabolo confermano tale modello. Come indicato sopra, il normale plurale di aran è erain, ma erein- è visto nel nome Ereinion "Rampollo di Re" (un name di Gil-galad, PM:347/UT:436). Evidentemente la forma plurale era erein in arcaico Sindarin, più tardi divenendo erain in quanto ei mutò in ai nelle sillabe finali, ma in un composto come Ereinion il dittongo ei non era in una sillaba finale e pertanto rimase invariato.

    In vocaboli di una particolare conformazione, la a nella sillaba finale (od unica) diviene e invece di ai. Nelle forme plurali, la a può dapprima essere divenuta ei come d'uso, ma allora l'elemento finale del dittongo fu evidentemente perduto (prima che ei volgesse in ai) lasciando sola la e che semplicemente rimase invariata a posteriori. MR:373 indica che la forma plurale di narn "racconto" è nern, non **nairn oppure **neirn, sebbene quest'ultimo possa essere occorso ad uno stadio iniziale. Sembra che abbiamo e piuttosto che ei/ai pure prima di ng; le Etimologie forniscono l'esempio Anfang pl. Enfeng (non **Enfaing) per "Lungobarbi", una delle tribù dei Nani (LR:387 s.v. SPÁNAG). WJ:10, riproducendo una fonte post-SdA, conferma che il plurale Enfeng era ancora valido nel Sindarin tardo di Tolkien. Seguendo l'esempio di fang "barba" pl. feng sembrerebbe che il plurale di vocaboli come lang "lama d'assalto, spada" (per il "Noldorin" lhang, LR:367), tang "corda d'arco" o thang "necessità" dovrebbe essere leng, teng, theng.

    NOTA: Nelle Etimologie, vi sono ulteriori esempi di plurali "Noldorin" ove la a in una sillaba finale diviene e invece di ai od ei. Abbiamo adab "costruzione, edificio" pl. edeb (TAK), adar "padre" pl. eder in aggiunta a edeir (ATA), Balan "Vala" pl. Belen in aggiunta a Belein (BAL), falas "spiaggia, riva" pl. feles (PHAL/PHALAS), nawag "nano" pl. neweg in aggiunta a neweig (NAUK), rhofal "estremità alare" pl. rhofel (RAM) e salab "erba" pl. seleb (SALÂK-WÊ). Comunque, nel caso di tali vocaboli sembra esservi scarsa ragione di credere che i plurali in e dovrebbero essere ancora validi nel tardo Sindarin di Tolkien. Almeno due di tali plurali "Noldorin" - eder e Belen - cozzano con gli attestati plurali Sindarin edair e Belain. Sembra, quindi, che possiamo sentirci liberi di rimpiazzare anche edeb, feles, neweg, rhofel, seleb coi Sindarin edaib, felais, newaig, rovail, selaib, sebbene queste ultime forme non siano direttamente attestate (osservare che il "Noldorin" rhofal "estremità alare", pl. rhofel, deve divenire roval pl. rovail se si introducono la fonologia e compitazione Sindarin). - Un altro caso "Noldorin" di un plurale a > e è rhanc "braccio" pl. rhenc (RAK). Il singolare deve divenire ranc se lo aggiorniamo al Sindarin in stile SdA, ma il plurale dovrebbe essere renc oppure rainc? L'esempio Sindarin cant "forma" pl. caint (vedere sopra) sembra indicare che la a prima di un gruppo consistente di n + una occlusiva afona diviene ai al plurale; perciò "bracci" dovrebbe probabilmente essere rainc in Sindarin.

    In un vocabolo almeno, il primevo ei resta invariato e non volge in ai sebbene ricorra in una sillaba finale. Secondo UT:265, la forma plurale di alph "cigno" è eilph; sembrerebbe che ei sia invariato prima di un gruppo di consonanti che inizia in l. (Anteriormente, nel "Noldorin" delle Etimologie, il vocabolo per "cigno" era compitato alf, ed il suo plurale era dato come elf: LR:348 s.v. ÁLAK; per la forma plurale, cfr. hobas in Elf *"Porto dei Cigni " in LR:364 s.v. KHOP.) Conformemente con l'esempio eilph, il plurale Sindarin di lalf "olmo" dovrebbe probabilmente essere leilf, sebbene il plurale "Noldorin" elencato nelle Etimologie fosse lelf (LR:348 s.v. ÁLAM).

    In una sillaba non finale, la a diviene e nelle forme plurali, come visto in alcuni degli esempi già citati: aran "re", pl. erain; amon "colle", pl. emyn; lavan "animale", pl. levain. Ciò non vale soltanto per la vocale in una sillaba dalla seconda all'ultima come in tali esempi; può anche sostenersi attraverso un vocabolo pure più lungo, la a che in ogni sillaba non finale volge in e. Ciò vale pure se a occorre diverse volte: secondo WJ:387, il vocabolo Aphadon "Successivo" diviene Ephedyn al plurale. LR:391 s.v. TÁWAR indica che l'aggettivo tawaren "ligneo" ha la forma plurale tewerin. In MR:373 abbiamo Edenedair per "Padri di Uomini", il plurale di un composto Adanadar "Uomo-padre" (adan "uomo" + adar "padre"). Qui vediamo la a che nella sillaba finale diviene ai, ma in tutte e tre le sillabe non finali, a diviene e. Naturalmente, il plurale di adan dovrebbe essere edain (ben attestato) se il vocabolo occorresse da sé, daché la seconda a sarebbe quindi nella sillaba finale. Ma nel composto Adanadar non lo è, e così vediamo Eden- al plurale.

  • La vocale E: Riguardo a tale vocale, sembra esservi felicemente accordo tra il Sindarin maturo di Tolkien e la maggior parte del materiale primevo dalle Etimologie. Il comportamento di tale vocale è alquanto semplice. Nella sillaba finale d'un vocabolo, e volge in i:
    edhel "Elfo", pl. edhil (WJ:364, 377; cfr. il "Noldorin" eledh pl. elidh in LR:356 s.v. ELED)
    ereg "Agrifoglio", pl. erig (LR:356 s.v. ERÉK)
    Laegel "Elfo Verde", pl. Laegil (WJ:385)
    lalven "olmo", pl. lelvin (LR:348 s.v. ÁLAM)
    malen "giallo", pl. melin (LR:386 s.v. SMAL)
    Ciò vale anche per i monosillabi, ove la sillaba finale è anche l'unica sillaba:
    certh "runa", pl. cirth (WJ:396)
    telch "gambo", pl. tilch (LR:391 s.v. TÉLEK)
    Nel caso della lunga ê, troviamo anche la lunga î al plurale:
    hên "fanciullo", pl. hîn (WJ:403)
    têw "lettera", pl. tîw (WJ:396)
    LR:363 s.v. KEM elenca un vocabolo cef "macchia", pl. ceif; entrambe le forme sono alquanto inusitate. Se si regolarizza ciò dal "Noldorin" al Sindarin sarebbe probabilmente meglio leggere cêf (con una vocale lunga), pl. cîf.

    Se vi è un'altra i immediatamente prima della e nella sillaba finale, tale gruppo ie semplicemente diviene i al plurale:

    Miniel "Minya" (Elfo del Primo Clan), pl. Mínil (WJ:383 - forse la i nella prima sillaba è allungata in í per compensare in qualche modo il fatto che il vocabolo è ridotto da tre a due sillabe al plurale? Ciò non avviene in casi comparabili nel "Noldorin" delle Etimologie, nondimeno - e.g. Mirion "Silmaril" pl. Miruin, not ?Míruin, in LR:373 s.v. MIR)
    Nelle sillabe non finali, la e è invartiata al plurale, come può esser visto dagli esempi eledh pl. elidh ed ereg pl. erig citati sopra.

  • La vocale I: Vi è solamente una cosa da dire circa tale vocale: al plurale essa non cambia affatto, che essa occorra in una sillaba finale o in una non finale. (Per esempi di quest'ultima, cfr. Ithron "Stregone" pl. Ithryn in UT:388, 390, oppurr Glinnel "Elfo del Terzo Clan" pl. Glinnil in WJ:378.) Dopo tutto, gli spostamenti vocalici visti nei plurali Sindarin sono in ultima dovuti ad umlaut della i-, la desinenza plurale Antico Sindarin -i rendendo le vocali del sostantivo cui fu aggiunta più simile a se stessa prima che la desinenza fosse perduta. Ma dove una delle vocali di un tale vocabolo è i, essa ovviamente non può divenire più simile alla -i che costituiva la desinenza plurale semplicemente in quanto vi era un 100 % di i anzitutto. La forma Sindarin di Silmaril, Silevril, è vista ricoprire sia il singolare che il plurale: il singolare è elencato in LR:383 s.v. RIL, ma in LR:202 ed MR:200 abbiamo Pennas Silevril come l'equivalente del Quenya Quenta Silmarillion, la Storia dei Silmaril (plurale!) Un altro apparente esempio di un vocabolo che è invariato al plurale si trova in WJ:149, ove abbiamo Amon Ethir per "Colle delle Spie". Il vocabolo ethir "spie" è indubitabilmente derivato dalla radice TIR- "guardare" (LR:394, sebbene tale vocabolo come tale non sia menzionato qui). Possiamo essere alquanto certi che anche il singolare "spia" sia ethir. Soltanto il contesto può determinare se tale termine sia singolare o plurale, come dovrebbe essere anche il caso di un certo numero di altri vocaboli Sindarin (e.g. dîs "sposa" oppure sigil "daga"). Tuttavia, dacché il Sindarin possiede distinti articoli determinativi singolari e plurali, si può dire (per esempio) "la spia" separatamente da "le spie" - evidentemente i ethir vs. in ethir. Per di più, si può aggiungere la desinenza plurale collettiva -ath ad ogni sostantivo, ed essa sarebbe forse usata più frequentemente nel caso di vocaboli che per altri versi non avrebbero distinte forme plurali.

  • La vocale O: Nella sillaba finale di un vocabolo (che essa sia o meno anche l'unica sillaba), o diviene y al plurale; la lunga ó parimenti diviene una lunga ý:
    orch "orco, folletto" pl. yrch (LR:379 s.v. ÓROK)
    toll "isola" pl. tyll (LR:394 s.v. TOL2)
    bór "uomo fidato" pl. býr (so in LR:353 s.v. BOR; secondo l'ortografia in stile SdA, l'accento dovrebbe piuttosto essere un circonflesso sia al sg. che al pl., dacché tali termini sono monosillabici)
    amon "colle" pl. emyn (LR:348 s.v. AM1)
    annon "grande portone" pl. ennyn (LR:348 s.v. AD)
    Nel caso di amon, le Etimologie elencano anche emuin come una possibile forma plurale; siamo evidentemente a presumere che questa sia una forma più antica, il dittongo ui volgendo in y ad uno stadio posteriore. (Possiamo anche concludere che quando LR:152 menziona "Peringiul" come il di. of Peringol "mezzo-Gnomo", questo è certamente un travisamento per Peringuil - Christopher Tolkien descrive il passaggio in questione come "segnato precipitosamente", incline ad essere travisato. La forma più tarda, non attestata, dovrebbe essere Peringyl.)

    Se vi è una i prima della o nella sillaba finale, quel che dovrebbe essere "iy" al plurale è semplificato in y: perciò abbiamo thelyn come il pl. di thalion "eroe" (LR:388 s.v. STÁLAG). Miruin come il pl. di Mirion "Silmaril" (LR:373 s.v. MIR) dev'esser visto come una forma arcaica. Possiamo presumere che thelyn fosse ad uno stadio antecedente theluin e che Miruin più tardi divenne Miryn; i plurali in y sono da preferirsi nel Sindarin in stile SdA.

    NOTA: tutti gli esempi qui sopra sono stralci dalle Etimologie, ma i plurali yrch, emyn, ennyn sono attestati anche in SdA. Per un esempio fondatamente Sindarin, cfr. ithron "stregone" pl. ithryn (UT:388, 390, riproducendo una fonte post-SdA). Comunque, nel "Noldorin" delle Etimologie, vi sono anche esempi della o in una sillaba finale che si comporta in una maniera alquanto differente, vale a dire divenendo öi (in Etim compitata "oei") al plurale. Tale öi a sua volta divenne ei quando tutte le ö volsero in e. Perciò alla voce ÑGOL il pl. di golodh "Noldo" è elencato sia come gölöidh ("goeloeidh") che come geleidh - evidentemente intese come una forma antecedente e posteriore. In altri casi solamente la forma tarda in ei è elencata: gwador "amico fraterno" pl. gwedeir (TOR), orod "montagna" pl. ereid (ÓROT), thoron "aquila" pl. therein (THOR/THORON). Tuttavia, sembra esservi scarsa ragione di assumere che tali forme sarebbero valide in Sindarin nello stile SdA: in due di tali casi, ereid e gölöidh/geleidh, i corrispondenti plurali Sindarin sono attestati, mostrando y invece di ei: vale a dire eryd "montagne" e gelydh "Noldor" (cfr. Eryd Engrin "Monti di Ferro" in WJ:6 ed Annon-in-Gelydh "Porta dei Noldor" nell'Indice del Silmarillion, voce Golodhrim - in WJ:364 il pl. di Golodh è dato come "Goelydh" = Gölydh, ma questa è meramente una arcaica forma di Gelydh). Alla luce di tali esempi, possiamo sentirci liberi di aggiornare i plurali "Noldorin" gwedeir "fratelli" e therein "aquile" nei Sindarin gwedyr, theryn (arcaico thöryn). Nelle Etimologie vi sono anche due esempi di o nella sillaba finale dei vocaboli che diviene e piuttosto che y al plurale: doron "quercia" pl. deren (DÓRON) ed orod "montagna" pl. ered oltre a ereid (ÓROT). Il plurale ered è ancora valido in tardo Sindarin, competendo con eryd (vedere le molte varianti elencate nell'indice de La Guerra dei Gioielli, e.g. Eryd Engrin oltre ad Ered Engrin, WJ:440). Sembra che ered non sia normalmente utilizzato come un vocabolo indipendente per "montagne" - che dovrebbe probabilmente essere soltanto eryd - ma ered può essere usato quando il vocabolo è il primo elemento in un nome di diverse parti, perciò Ered Engrin è una valida alternativa ad Eryd Engrin. Nelle Lettere:224, Tolkien dà enyd come il pl. di onod "Ent", ma si osservi anche che ened potrebbe essere una forma adoperata in Gondor. Forse, quindi, i Gondoriani tenderebero anche ad usare ered piuttosto che eryd come il pl. di orod, ma non può esservi dubbio sul fatto che eryd sia la forma regolare Sindarin. Deren come il pl. di doron "quercia" può esser visto nella medesima luce; sebbene il regolare plurale Sindarin deryn non sia attestato, è forse da preferirsi.

    In una sillaba non finale, la vocale o normalmente diviene e al plurale: Alchoron "Elfo Ilkorin", pl. Elcheryn (LR:367 s.v. LA). Una tale e in arcaico Sindarin era invece ö (e.g. Golodh "Noldo", pl. Gelydh per l'antecedente Gölydh; vedere riferimenti nella nota sopra). Un altro esempio è nogoth "nano"; in WJ:388 il plurale è dato come nögyth ("noegyth"), ma in WJ:338 abbiamo Athrad-i-Negyth per "Guado dei Nani". Non v'è reale discrepanza; nögyth è semplicemente la forma arcaica che più tardi divenne negyth. In Sindarin nello stile SdA, preferiremmo i plurali negyth e Gelydh; cfr. anche Tolkien che menziona Enyd come il plurale di Onod "Ent" nelle Lettere:224. (Il plurale arcaico, non menzionato altrove, dovrebbe essere Önyd.)

    Vi sono, comunque, pochi vocaboli ove la o oppure la ó in una sillaba non finale non diviene (ö >) e nelle forme plurali. Questo quando la o rappresenta la primeva A; lo sviluppo è rozzamente â > au > o. Un esempio è Rodon "Vala" pl. Rodyn invece di **Rödyn > **Redin (MR:200 ha Dor-Rodyn per il Quenya Valinor = "Terra dei Valar"; sembrerebbe che Rodyn sia un'alternativa a Belain come il vocabolo Sindarin per "Valar"; è stato pure suggerito che Rodyn rimpiazzò Belain nella concezione di Tolkien). La prima sillaba di Rodyn evidentemente ha la medesima origine della sillaba di mezzo -rat- in Aratar, il termine Quenya per qualcuno dei supremi Valar. Una o che rappresenti l'iniziale A non è soggetta ad umlaut della i-. Comparare Ódhel "Elfo che partì dalla Terra di Mezzo" pl. Ódhil in WJ:364, tale lunga ó rappresentante il primevo aw (la primitiva forma di Ódhel è citata come aw(a)delo, letteralmente "che va via"). La forma posteriore Gódhel (influenzata da Golodh "Noldo") parimenti aveva la forma plurale Gódhil: a dispetto dell'influenza da Golodh pl. Gelydh, nessuna forma **Gédhil sorse. Tali esempi giungono dal Sindarin post-SdA, ma la stessa cosa si trova già nel "Noldorin" delle Etimologie. L'esempio rhofal "[penna, N.d.T.] remigante" pl. rhofel alla voce RAM (LR:382), ove la primitiva forma sg. è data come râmalê, conferma che la o da â (via au) non è soggetta ad umlaut della i. Come menzionato sopra, il "Noldorin" rhofal pl. rhofel deve divenire il Sindarin roval pl. rovail se aggiorniamo le forme alla compitazione e alla fonologia in stile SdA - roval è effettivamente attestato in SdA come parte del nome d'aquila Landroval - ma tale o non dovrebbe ancora divenire e al plurale (**revail essendo impossible a causa della storia fonologica).

  • La vocale U: La corta u, che sia in una sillaba finale oppure una non finale, al plurale diviene y, come indicato dall'esempio tulus "pioppo", pl. tylys (LR:395 s.v. TYUL). Comunque, la lunga û in una sillaba finale (od in un monosillabo) diviene invece ui; perciò l'aggettivo dûr "oscuro" (come in Barad-dûr "Torre Oscura") appare come duir quando si modifica un vocabolo plurale in una frase come Emyn Duir "Monti Oscuri" (UT:434).

    NOTA: il plurale del vocabolo "arco" dovrebbe probabilmente essere cui, apparentemente in conformità col modello schizzato sopra. Ma effettivamente cui dovrebbe rappresentare il più antico plurale ku3i (oppure kuhi), dacché la radice è KU3 (LR:365). Il suono primitivo che Tolkien variamente ricostruì come h o 3 (quest'ultimo = spirante g) era scomparso in Sindarin Classico, così il più antico uhi dovrebbe divenire ui.

  • La vocale Y: Per quanto possiamo immaginare, tale vocale (lunga o corta) non può mutare al plurale. Un vocabolo come ylf "recipiente per bere" (WJ:416) con ogni verosimiglianza ricopre anche il plurale "recipienti per bere"; semplicemente non v'è nulla che l'umlaut possa "fare" con una tale vocale, così come non può modificare la vocale i. Difettiamo di ogni esplicito esempio di un vocabolo con la vocale y occorrente sia al singolare che al plurale, ma in WJ:418 troviamo Bar-i(n)-Mýl per "Dimora dei Gabbiani". Parimenti il vocabolo per "gabbiano" è mýl pure al singolare (questo dovrebbe essere il caso se è derivato dalla radice MIW "gemito" in LR:373, sebbene un vocabolo "Noldorin" alquanto differente per "gabbiano" sia ivi dato - alquanto differente in quanto le forme ivi elencate, il Quenya maiwë ed il "Noldorin" maew, chiaramente riflettono una radice con a infissa *MAIW-).

  • Il dittongo AU: Nel "Noldorin" delle Etimologie, vocaboli contenenti tale dittongo sono visti avere le forme plurali in ui:
    gwaun "oca", pl. guin (LR:397 s.v. WA-N)
    naw "idea", pl. nui (LR:378 s.v. NOWO)
    rhaw "leone", pl. rhui (LR:383 s.v. RAW)
    saw "succo", pl. sui (LR:385 s.v. SAB)
    thaun "pino", pl. thuin (LR:392 s.v. THÔN)
    Tuttavia, sembra che questa sia una caratteristica del "Noldorin" che non sopravvisse nel tardo Sindarin di Tolkien: in UT:148 abbiamo Nibin-noeg come un nome dei Nanerottoli, e l'elemento finale è ovviamente una forma plurale di naug (cfr. Naugrim come un nome della razza Nanesca, trovato nel Silmarillion). Così in Sindarin, au volge in oe al plurale. Nelle forme plurali dei vocaboli "Noldorin" elencati sopra, dovremmo apparentemente leggere oe invece di ui se li aggiorniamo al Sindarin posteriore. (Il "Noldorin" rhaw pl. rhui dovrebbe divenire il Sindarin raw pl. roe, ma thaun "pino" Tolkien apparentemente lo modificò nel Sindarin thôn; cfr. Barbalbero che canta del Dorthonion e di Orod-na-Thôn in SdA2/III cap. 4; l'Indice del Silmarillion spiega che Dorthonion significa "Terra di Pini". Nelle Etimologie, thôn era stato un termine "Ilkorin". Il pl. di thôn come un vocabolo Sindarin è presumibilmente thýn.)

    NOTA: Il dittongo au, quando occorre in una sillaba non tonica nel secondo elemento di un composto, è spesso ridotto ad o, ma presumibilmente dovrebbe ancora divenire oe al plurale. Perciò la forma plurale d'un vocabolo come balrog "demone di potere" (ove la parte -rog rappresenta raug "demone") è presumibilmente belroeg - a meno che l'analogia prevalga a produrre ?belryg.

  • Altri dittonghi: Per la maggior parte difettiamo totalmente di buoni esempi, ma se la nostra comprensione della generale fonologia Sindarin si tiene a galla, i dittonghi ae, ai, ei, ui non cambiano normalmente al plurale (eccetto che ai in una speciale categoria di vocaboli normalmente diviene al plurale î; vedere sotto). come nel caso delle vocali i ed y, proprio non v'è molto che l'umlaut possa "fare" a tali dittonghi, così un vocabolo come aew "uccello" probabilmente ricopre anche "uccelli". Per il dittongo ui, almeno, abbiamo esempi attestati: l'aggettivo "azzurro" è visto come luin sia al singolare che al plurale (vedere la nota sotto). Anche i numerosi aggettivi in -ui sembrano essere invariati al plurale; nella Lettera Reale si ha i Mbair Annui per "l'Occidente" o letteralmente *"le Terre Occidentali", ove l'aggettivo annui "occidentale" deve essere plurale in accordo con "terre". Sfortunatamente tale aggettivo non è altrimenti attestato, ma non v'è ragione alcuna per credere che la sua forma singolare dovrebbe essere un che di differente (confrontare annûn "ovest" - e come notato sopra, vi sono molti altri aggettivi in -ui).

    NOTA: In una frase come Ithryn Luin "Stregoni Blu" (UT:390) l'aggettivo luin "azzurro" deve essere plurale per accordarsi con "stregoni". Potrebbe ritenersi che luin sia la forma plurale di lûn, il quale è quel che dovrebbe conseguirsi se fossimo a rendere un aggiornamento Sindarin del vocabolo "Noldorin" per "blu", vale a dire lhûn (LR:370 s.v. LUG2). Come indicato sopra, la lunga û in una sillaba finale diviene ui al plurale, così ogni cosa sembra adattarsi: luin potrebbe essere la forma plurale di lûn. Ciò che sopprime tale seducentemente promettente teoria è il nome del monte Mindolluin, "TEsta Azzurra Torreggiante" (tradotto nell'Indice del Silmarillion). Qui, non v'è ragione per l'aggettivo "blu" d'essere plurale, così luin dev'essere pure la forma singolare/elementare. C'è anche Luindirien "Torri Azzurre" in WJ:193; all'inizio di un composto, il vocabolo per "azzurro" sarebbe atteso apparire nella sua forma più o meno elementare, non inflessa dal plurale. Dovrebbe anche essere notato che la medesima voce nelle Etimologie che fornisce il "Noldorin" lhûn (> Sindarin ?lûn) come il vocabolo per "azzurro", dà anche lúne come il corrispondente termine Quenya. In Namárië in SdA, l'aggettivo "azzurro" è invece luini (questa è una forma plurale, dalla frase "azzurre volte"; il singolare è probabilmente luinë). Così mentre nelle Etimologie i vocaboli per "blu" sono stati derivati da una primitiva forma lugni (radice LUG2, LR:370) producendo il Quenya lúne e "Noldorin" lhûn, Tolkien deve più tardi aver deciso che la forma primitiva fosse qualcosa come *luini a fornire il Quenya luinë ed il Sindarin luin. Fatore decisivo è che luin "azzurro" sembra ricoprire sia il singolare che il plurale, indicando che il dittongo ui non subisce modifiche al plurale. Il fatto che l'aggettivo annui "occidentale" sia tanto sg. quanto pl. punta nella medesima direzione.

    Plurali speciali in ai-
    Come indicato sopra, sembra che il dittongo ai sia normalmente invariato al plurale. Comunque, in un piccolo gruppo di vocaboli, ai diviene o i (usualmente la lunga î) oppure più raramente ý al plurale. Per esempio, la forma plurale del sostantivo fair "uomo mortale" è data come fîr (WJ:387, ove il sg. fair è citato nella forma arcaica feir). Le forme plurali in î (i) occorrono dove ai nelle forme singolari da ultimo sorge dalla i o e che è influenzata dalla y più tarda nel vocabolo. Proprio l'esempio citato, fair o l'arcaico feir, viene da una forma Antico Sindarin simile all'affine Quenya firya (in tardo AS forse firia; vedere skhalia- nel vocabolario apposto all'articolo sull'Antico Sindarin). Dobbiamo assumere che altri vocaboli che condividono una storia fonologica similare formerebbero i loro plurali in un modo similare, sebbene nella maggior parte dei casi tali plurali non siano esplicitamente menzionati nel materiale pubblicato di Tolkien. I sostantivi ed aggettivi in questione sono cai "cinta" (pl. ), cair "nave" (pl. cîr), fair "uomo mortale" (pl. fîr), gwain "nuovo" (pl. gwîn), lhain "scarno, sottile, magro" (pl. lhîn), mail "caro" (pl. mîl) and paich "succo, sciroppo" (pl. pich, osservare la corta i). Il termine "Noldorin" sein "nuovo" pl. sîn (LR:385 s.v. SI) potrebbe divenire il Sindarin sain pl. sîn, ma sembra che Tolkien cambiò il vocabolo Sindarin per "nuovo" in gwain pl. gwîn proprio come elencato (osservare che la medesima voce nelle Etimologie che fornisce il Noldorin sein dà anche sinya come il corrispondente vocabolo Quenya per "nuovo", ma in fonti posteriori, l'aggettivo Quenya "nuovo" è vinya - apparentemente l'affine di gwain).

    NOTA: In "Noldorin", lhain pl. lhîn appariva come thlein pl. thlîn, la forma primitiva (sg.) essendo citata come slinyâ (LR:386 s.v. SLIN). Una revisione che separa il "Noldorin" dal Sindarin è che mentre il primitivo sl- iniziale divenne thl- in N, diviene lh- in S. Alteriamo il vocabolo in conformità con la fonologia riveduta di Tolkien. Thlein può essere più direttamente adattato come lhein, ma una tale forma dovrebbe essere arcaica ai giorni di Frodo, la forma corrente essendo invece lhain. Similmente, paich "succo, sciroppo" effettivamente appare come peich nelle Etimologie (LR: 382 s.v. PIS); tale forma "Noldorin" non è concettualmente obsoleta, ma può esser vista come arcaica Sindarin. Questo è anche il caso di ceir "nave" (LR:365 s.v. KIR); la forma cair nel Sindarin in stile SdA è attestata (cfr. la nota a pié pagina in SdA Appendice A che spiega che Cair Andros significa "Nave dalla Lunga Scia"; vedere anche PM:371). - Il vocabolo cair fornisce un esempio di un'altra peculiare proprietà di tale gruppo di vocaboli: quando essi occorrono come il primo elemento nei composti, ai è ridotto ad í-, come nel nome Círdan "Costruttore di navi". Comunque, ai rimane invariato se un tale termine è l'elemento finale di un composto; perciò gwain "nuovo" appare come -wain nel nome Sindarin del mese di Gennaio, Narwain (che evidentemente significa "Nuovo Sole" oppure "Nuova Fiamma"; comparare il Quenya Narvinyë).

    In tre vocaboli, ove ai rappresenta ei dal pur più datato öi (compitato "oei" da Tolkien), le forme plurali dovrebbero probabilmente mostrare la vocale y, ý, sebbene difettiamo di esplicita conferma nei carteggi pubblicati di Tolkien. Tale teoria è basata sul fatto che la prima parte dell'arcaico dittongo öi rappresenta o oppure u nella radice originale, e l'umlaut prodotto da tali vocali è y, così come nei casi in cui il più antico suono vocalico ancora sopravvive in Sindarin (come in orch "Orco" pl. yrch). I vocaboli in questione sono 1) fair agg. "retto" oppure sostantivo "mano destra" (pl. fýr, radice PHOR, cfr. il Quenya forya), 2) rain "fessura, orma, traccia, impronta" (pl. rýn, radice RUN, cfr. il Quenya runya) ed 3) il vocabolo correlato tellain "pianta del piede" (pl. tellyn, dacché l'elemento finale -lain è effettivamente assimilato da rain < runya, cfr. la forma arcaica talrunya citata in LR:390 s.v. TAL, TALAM). Nel "Noldorin" delle Etimologie, tali vocaboli appaiono come feir (anche la più antica forma "foeir" = föir è menzionata), rein (più antico röin) e tellein (forma più antica tellöin non menzionata ma chiaramente intenzionale). Osservare che mentre fair può significare sia "ritta (mano)" che "uomo mortale", le differenti derivazioni create per distinti plurali: fýr nel primo caso e fîr nel seguente.

    Monosillabi che successivamente divengono polisillabi
    (ma che forse si comportano ancora come monosillabi al fine della formazione plurale)
    Questo è qualcosa che non è direttamente apostrofato negli scritti pubblicati di Tolkien, ma dopo tutto pressoché nessuno dei suoi scritti grammaticali è a noi disponibile. Comunque, la nostra generale comprensione dell'evoluzione del Grigio-elfico sembra suggerire fortemente che certi gruppi di sostantivi dovrebbero comportarsi in modi alquanto inattesi al plurale - sebbene ciò sia perfettamente giustificato quando si sia tenuto conto della sottostante storia fonologica.

    Una importante modifica che occorse nell'evoluzione del Sindarin fu che le vocali finali furono perdute. Perciò un antico termine come ndakro "battaglia" più tardi divenne ndakr. In Sindarin primevo, tale vocabolo appariva come dagr. Un altro esempio è makla "spada" che posteriormente appare come makl, Sindarin iniziale magl. Dobbiamo presumere che il plurale di vocaboli come dagr, magl fosse formato secondo lo stesso modello di altri monosillabi di struttura comparabile, come alph "cigno", pl. eilph. Così i plurali "battaglie" e "spade" dovrebbero presumibilmente essere deigr, meigl (questo sarebbe prima che ei in una sillaba finale normalmente divenga ai).

    Quel che complica la faccenda è che vocaboli come dagr e magl furono alla fine modificati. Le finali r, l vennero a costituire una sillaba separata, così che per esempio magl fu pronunciato mag-l così come l'inglese "aquila" è pronunciato eeg-l. Più tardi, tali consonanti sillabiche volsero in normali sillabe pienamente sviluppate siccome una vocale o si sviluppò prima di esse: Dagr (dag-r) volse in dagor e magl (mag-l) divenne magol. (Incidentalmente, l'ultimo vocabolo apparentemente fu spesso rimpiazzato da megil, il quale dev'essere una forma adattata del vocabolo Quenya per "spada", vale a dire macil.) I plurali deigr, meigl dovrebbero presumibilmente subire il medesimo processo a divenire deigor, meigol (e la tarda modifica ei > ai nelle sillabe finali non dovrebbe mai occorrere semplicemente in quanto ei non era più nella sillaba finale). Da un punto di vista sinronico, ciò risulta in quel che sembra un'irregolarità: normalmente, si dovrebbe attendere che vocaboli singolari come dagor e magol abbiano le forme plurali degyr, megyl, dacché la o nella sillaba finale normalmente diviene y al plurale (e.g. amon "colle" vs. emyn "colli"). Ma nei casi come dagor o magol, la o s'intruse relativamente tardi e sembra essere più giovane dell'umlaut o > y; perciò tali o recentemente sviluppate dovrebbero - presumibilmente - rimanere inviolate dall'umlaut. Se Tolkien non immaginò che il livellamento analogico spianasse tali "irregolarità" all'estinzione, tutti i vocaboli bisillabici ove la seconda sillaba contiene una o secondariamente sviluppata devono ancora essere trattate come monosillabi tanto quanto la formazione plurale che attiene. La o deve essere lasciata sola e la vocale nella "seconda-fino-all'ultima" sillaba deve essere trattata come se vi fosse la vocale nella sillaba finale, la quale è precisamente quella adoperata.

    Gli aggettivi e sostantivi in questione sono: badhor "giudice" (pl. beidhor se la teoria regge - altrimenti dovrebbe essere l'analogo bedhyr), bragol "improvviso, violento" (pl. breigol; tale aggettivo appare anche come bregol, pl. presumibilmente brigol), dagor "battaglia" (pl. deigor), glamor "eco" (pl. gleimor), hador "lanciatore" (pl. heidor), hathol "ascia" (pl. heithol), idhor "premurosità" (invariato al pl.; fortunatamente un sostantivo con tale significato normalmente non richiede una forma pl. [), ivor ?"cristallo" (invariato al pl.), lagor "rapido" (pl. leigor), maethor "guerriero" (invariato al pl.), magol "spada" (pl. meigol), magor "spadaccino" (pl. meigor), nadhor "pastura" (pl. neidhor), nagol "dente" (pl. neigol), naugol "nano" (pl. noegol), tadol "doppio" (pl. teidol), tathor "salice" (pl. teithor), tavor "picchiatore, picchio" (pl. teivor), tegol "penna" (pl. tigol). Forse anche gollor "mago" appartiene a tale elenco (pl. gyllor piuttosto che ?gellyr).

    NOTA: Anche talune altre peculiarità circa tale gruppo di vocaboli possono essere qui notate. In (più antichi?) composti, la o recentemente sviluppata non appare, e la vocale finale che è altrimenti sparita, è talvolta preservata. Perciò magol, che discende dal primitivo makla, può apparire come magla- in un composto. LR:371 s.v. MAK elenca Magladhûr per "Spada Nera" (magol "spada" + dûr [lenito dhûr] "nero, oscuro"). Se a uno di tali vocaboli è prefisso un elemento che inizia in una vocale, l'originale vocale finale non riappare, ma la o recentemente sviluppata non si trova: LR:398 s.v. TAM indica che tavr (anche compitato tafr) "picchio" contiene quella forma nel composto Tavr-obel, Tavrobel *"Picchio-cittadina" - sebbene tavr divenne tavor come un vocabolo indipendente. Similmente, LR:361 s.v. ID indica che il vocabolo "idher" (travisamento per idhor?) "premurosità" appare come idhr- nel nome Idhril. - È possibile che in tardo Sindarin, l'analogia in certa misura prevalesse, tale gruppo di vocaboli essendo trattato come ogni altro. Prima della desinenza plurale collettiva -ath (vedere sotto), non dovremmo aspettarci di vedere la susseguentemente sviluppata vocale o. Per esempio, dovremmo aspettarci il plurale collettivo di dagr "battaglia" come dagrath (non attestato), non affetto dal fatto che dagr era successivamente divenuto dagor quando occorreva come semplice (da sé). Pure in UT:395, 396 troviamo, non dagrath, ma dagorath, sebbene non possa esservi dubbio che quest'ultimo sia una forma storicamente ingiustificata: R non era finale oppure sillabica in dagrath, così nessuna o dovrebbe svilupparsi a fronte di essa, E dagorath dev'essere formato in analogia col semplice dagor. Ciò è addirittura più sorprendente quando un'altra forma attestata, il plurale collettivo di nagol "dente", è quel che dovremmo aspettarci: Naglath (WR:122). Una forma ?nagolath che equivale a dagorath non si trova. (Il semplice nagol non è attestato, ma Tolkien indubitabilmente immaginò un primitivo vocabolo *nakla "strumento per mordere" = "dente" [cfr. la radice NAK "mordere", LR:374], tale *nakla divenendo *nakl e quindi *nagl > *nagol in Sindarin.) Vi è anche Eglath "Gli Abbandonati" come il nome dei Sindar, tale plurale collettivo riflettendo la forma primitiva (singolare) hekla oppure heklô (WJ:361; non sappiamo se questo fornì anche una forma sg. indipendente in Sindarin; se così essa dovrebbe essere egol per il primevo egl, il normale pl. essendo igl e più tardi igol). Una forma ?Egolath non occorre altrove (e sarebbe però tanto sorprendente quanto che l'attestato composto Eglamar "Terra degli Elfi Abbandonati" improvvisamente fosse apparso come *Egolmar invece). Siamo ad assumere, quindi, che Tolkien scordò le sue proprie regole quand'egli scrisse (due volte) dagorath invece di dagrath in UT:395, 396? Piuttosto possiamo immaginare che vi fossero diverse varianti di Sindarin in giro. In uno stile "più puro" o più "classico", i plurali collettivi di vocaboli come dagor, nagol dovrebbero forse essere le forme storicamente corrette dagrath, naglath, ma in uno stile più "colloquiale" oppure "informale", forme come dagorath, nagolath possono essere venute in uso pe analogia. Possiamo speculare sul fatto che nella forma del Sindarin che preferiva dagorath a dagrath, il plurale storicamente giustificato deigor dovrebbe anche essere alterato in degyr, gli umlaut seguendo il modello più normale. Destando interesse, il nome Dagorlad "Pian della Battaglia" occorrente in SdA rivela che dagor non diviene ?dagro- come la prima parte di un composto, riflettendo la primeva forma ndakro (contrasta con gli esempi citati sopra: magol "spada" che diviene magla- riflettendo il primitivo makla nel composto Magladhûr, e tavor "picchio" occorrendo in forma arcaica tavr nel composto Tavrobel). Così daccapo, l'analogia con la forma semplice è all'opera. Forse Dagorlad dovrebbe essere stato ?Dagrolad se il composto fosse stato più antico, coniato già nei giorni antichi realmente belli in cui gli Elfi ancora dicevano qualcosa come *Ndakro-lata (vocale finale incerta). Invece Dagorlad fu chiaramente messo insieme da dagor "battaglia" e -lad "piano" più tardi. Un tardo composto "Spada-Nera" dovrebbe presumibilmente essere, non Magladhûr, ma semplicemente Magoldhûr, e "Villaggio dei Picchi" come un tardo composto potrebbe ben essere Tavorobel piuttosto che la forma attestata Tavrobel.

    Certi altri casi di monosillabi che volgono in polisillabi coinvolgono, non una nuova vocale introducentesi prima di una consonante come in dagr > dagor, ma una consonante che volge in una vocale. La maggior parte degli esempi coinvolge la più antica -w che diviene -u. Prima della fase dove le vocali finali furono perse, alcuni vocaboli terminavano in -wa (tipicamente aggettivi) oppure -we (tipicamente astratti). Quando le vocali finali scomparvero, fu lasciata soltanto la -w di tali desinenze. Per esempio, il termine per "mestiere" o "abilità" che appare in Quenya come kurwe (curwë), la quale dovrebbe anche essere la forma Antico Sindarin del vocabolo, risultò come curw in Sindarin primevo. Dobbiamo assumere che al plurale ciò diverrebbe cyrw, una forma perfettamente regolare secondo le regole esposte sopra. Ma come indicato in LR:366 s.v. KUR, curw più tardi divenne curu: la finale -w che segue un'altra consonante volse in una vocale -u, la semivocale divenendo una vocale piena. Nuovamente, l'apparizione d'una nuova vocale presumibilmente sfocerebbe in un'apparente irregolarità: presentata con un sostantivo come curu, si sarebbe tentati di passarlo come tulus "pioppo", pl. tylys - perciò curu pl. ?cyry. Ma quest'ultimo, se occorse al postutto, dovrebbe essere una forma analogica. Il plurale storicamente giustificato di curu può soltanto essere cyru, il più antico pl. cyrw volgendo in cyru così come il più antico sg. curw volse in curu.

    Ecco i vocaboli affetti, con i plurali suggeriti: anu "un maschio" (forma plurale einu), celu "sorgiva, fonte" (pl. cilu), coru agg. "scaltro, astuto" (pl. cyru), curu "abilità, congegno ingegnoso, destrezza" (pl. di nuovo cyru), galu "buona fortuna" (pl. geilu), gwanu "morte, atto di morire" (pl. gweinu), haru "ferita" (pl. heiru), hethu "nebuloso, oscuro, vago" (pl. hithu), hithu "nebbia" (invariato al pl. e da non confondersi con la forma pl. dell'aggettivo hethu), inu "una femmina" (invariato al pl.), malu "sterile, scialbo" (pl. meilu), naru "rosso" (pl. neiru), nedhu "capezzale, cuscino" (pl. nidhu), pathu "spiazzo livellato, terreno erboso" (pl. peithu), talu "piano" (pl. teilu), tinu "favilla, piccola stella" (invariato al pl.) Concediamo che vocaboli con la vocale radicale a abbiano forme plurali in ei piuttosto che in ai, nuovamente assumendo che tali termini divennero disillabi prima che ei volgesse in ai nelle sillabe finali (cioé, quando tale modifica occorse, la sillaba nella quale ei si trovava non era più finale in quanto la -w era già divenuta -u, costituendo una nuova sillaba finale). Perciò anu : einu, gwanu : gweinu, haru : heiru, malu : meilu, naru : neiru, pathu : peithu, talu : teilu. Se la modifica ei > ai nelle sillabe finali fu antecedente a che tali termini divenissero polisillabici, dovremmo leggere ai invece di ei nelle forme plurali - eccetto che nel caso di haru e naru, le forme plurali dei quali dovrebbero quindi probabilmente essere heru e neru per gli antecedenti herw, nerw. (Cfr. il pl. di narn "racconto" che è nern, presumibilmente dall'iniziale ?neirn, ei apparentemente essendo semplificato in e prima di un gruppo di consonanti che inizia in r-. Se il pl. di naru is neru, ciò implicherebbe che that ei fosse semplificato in e prima che il gruppo rw delle forme precedenti narw pl. ?neirw cessasse d'essere un gruppo al postutto in quanto la consonante finale w volse in una vocale. Per altri versi, come assunto sopra, la regola per cui ei divenne e prima di un gruppo in r- non dovrebbe applicarsi: l'originale gruppo s'era tramutato invece in una singola consonante + una vocale.)

    NOTA: nelle Etimologie, lo stadio posteriore in cui la finale -w divenne -u spesso non è esplicitamente registrato. Vi è curu in aggiunta al più antico curw (voce KUR) e naru in aggiunta al più antico narw (NAR1), ma per altri versi soltanto le forme più antiche ove la -w ancora persiste sono elencate: perciò troviamo anw (3AN), celw (KEL), corw (KUR), galw (GALA), gwanw (WAN), harw (SKAR), hethw / hithw (KHITH), inw (INI), malw (SMAL), nedhw (NID), pathw (PATH) e tinw (TIN) invece di anu, celu, coru etc. come sopra. Tali forme posteriori non sono direttamente attestate nei carteggi di Tolkien. Può essere che per quanto riguarda il "Noldorin" delle Etimologie, Tolkien non avesse ancora deciso una volta per tutte che -w in tale posizione divenisse -u; tale idea spunta proprio in un paio di posizioni. Per ora non necessita esitare ad introdurre le forme posteriori in -u se siamo a mirare a quella specie di Sindarin esemplificata in SdA e nel Silmarillion. Osservare che in Etim, è detto che la forma "Noldorin" del nome Quenya Elwë sarebbe stata *Elw, marcata con un asterisco dacché non fu effettivamente usata in "Esilio" in tale forma (LR:398 s.v. WEG). Comunque, nel Capitolo 4 dell'edizione pubblicata del Silmarillion lo scenario è un altro. Il "Noldorin" è ora divenuto Sindarin, e non soltanto vi è una forma Sindarin di Elwë, ma essa è anche Elu piuttosto che "Elw" come nelle Etimologie: "la gente di Elwë che lo cercava non lo trovò... In tempi successivi [Elwë Singollo, N.d.T.] divenne un re famoso [il testo originale ha 'rinomato', N.d.T.]... ed egli era re Mantogrigio, Elu Thingol nella lingua di quel paese [Beleriand]." Qui siamo chiaramente a presumere uno sviluppo Elwë > Elw > Elu. Sembra interamente giustificato, quindi, alterare (diciamo) celw "sorgiva, fonte" nella sua più tarda forma celu (s'accompagna con Elu), sebbene la forma celu come tale non sia esplicitamente attestata. Un caso parallelo è fornito dal nome Finwë; di nuovo le Etimologie affermano che la forma "Noldorin" dovrebbe essere *Finw, ma che tale forma non era in uso (LR:398 s.v. WEG). Molto più tardi, la fonte post-SdA conviene che non vi era nessuna forma Sindarin di Finwë, ma se tale nome "fosse stato trattato come un vocabolo di tale forma dovrebbe essere stato, il che era occorso anticamente in Sindarin, sarebbe stato [non Finw, ma] Finu" (PM:344). Se il "Noldorin" Finw fosse corrisposto al Sindarin Finu, potremmo anche concludere che il "Noldorin" gwanw corrisponderebbe al Sindarin gwanu. - Il termine talu "piano" elencato sopra effettivamente appare come dalw (non **talw) nelle Etimologie, ma elencato immediatamente dopo dalw è dalath "superficie piana, piano, piana" (LR:353 s.v. DAL), che ricorre nel nome Dalath Dirnen "Piana Vigilata" (LR:394 s.v. TIR). Comunque, Tolkien più tardi mutò dalath in talath; nell'edizione pubblicata del Silmarillion, la "Piana Vigilata" nel Beleriand è invece chiamata Talath Dirnen. In conformità con tale revisione, alteriamo anche il correlato vocabolo "Noldorin" dalw "piano" al Sindarin talw > talu. Potremmo ancora accettare (dalw >) dalu - e per questa faccenda dalath - come forme collaterali valide.

    Vi sono anche pochi casi del finale -gh (spirante g) che volge in una vocale. Un esempio è fornito da LR:381 s.v. PHÉLEG, ove un vocabolo fela "cava" è derivato dall'Antico Sindarin (o "Antico Noldorin") phelga. Dacché le vocali finali furono perdute in seguito alla fase dell'Antico Sindarin, fela non è un caso di una originale finale -a che sopravvive nel tardo Sindarin. Che cosa Tolkien immaginò sembra essere questo: l'Antico Sindarin phelga naturalmente divenne phelg quando le vocali finali se ne andarono. Quindi le occlusive volsero in spiranti seguendo le liquide l, r (UT:265), così che phelg divenne phelgh (oppure felgh, dacché lo spostamento ph > f occorse circa allo stesso stadio). Tuttavia, gh in nessun caso sopravvisse nel Sindarin dei giorni di Frodo; inizialmente esso fu perduto senza traccia, ma in tale posizione fu vocalizzato: felgh volse in fela. Il plurale di felgh era evidentemente stato filgh formato secondo le normali regole (cfr. e.g. telch "gambo", pl. tilch - LR:391 s.v. TÉLEK). La forma plurale filgh quindi divenne fili, la vocalizzazione del primevo gh qui essendo i piuttosto che a (forse g > gh fu in qualche modo palatalizzata dalla perdita della desinenza plurale Antico Sindarin -i che causò anche l'umlaut, polarizzando la susseguente vocalizzazione verso la i). Poco importa di preciso come immaginare lo sviluppo: in ogni caso, il risultato finale è la peculiare coppia fela pl. fili, per il più antico felgh pl. filgh.

    Fela pl. fili è il solo caso noto di Tolkien che esplicitamente menzioni sia il singolare che il plurale di una tale coppia. Vi sono, comunque, due o tre altri vocaboli che condividono un similare sviluppo fonologico. Il termine thela "punta (d'arpione)" deriva da una radice STELEG (LR:388), e mentre Tolkien non elenca forme primitive, siamo probabilmente a presumere una forma in Elfico Primordiale stelgâ (vocale finale incerta) che volge nell'Antico Sindarin sthelga e più tardi (s)thelgh, la forma plurale del quale dovrebbe essere (s)thilgh. Il singolare quindi fornisce l'attestata forma Sindarin thela (interamente parallela a fela); il plurale non attestato "punte d'arpione" deve essere thili (va assieme all'attestato plurale fili).

    Vi sono anche assai pochi aggettivi. Un aggettivo thala "leale, stabile, saldo" è in LR:388 s.v. STÁLAG è derivato dall'Antico Sindarin/"Noldorin" sthalga. La forma intermedia non attestata dovrebbe essere (s)thalgh pl. (s)theilgh, seguendo il normale modello di (diciamo) alph "cigno", pl. eilph. Dobbiamo assumere che la forma plurale di thala sia theili. Un caso simile dovrebbe essere tara "tenace, saldo", dichiarato rappresentare l'Antico "Noldorin"/Sindarin targa (LR:390); nuovamente la forma intermedia non attestata dovrebbe essere targh. La forma plurale di tale aggettivo potrebbe essere teirgh, il quale dovrebbe presumibilmente produrre il Sindarin teiri. Vi è un'altra possibilità: come già menzionato, sembra che ei fosse ad uno stadio semplificato in e prima di un gruppo di consonanti che inizia in r (perciò abbiamo nern piuttosto che neirn > nairn come la forma plurale di narn "racconto"). Se ciò avvenne prima che il finale gh dell'aggettivo plurale teirgh divenne una vocale così che il gruppo scomparve, la forma dovrebbe volgere in tergh, in tardo Sindarin teri. Attualmente non possiamo dire per sicuro se teri o teiri sia la miglior forma plurale di tara, dacché non sappiamo in quale esatta sequenza Tolkien immaginò gli scostamenti sonori coinvolti che hanno trovato luogo; utilizzerei probabilmente teiri.

    Plurali espansi
    Questo è un gruppo di vocaboli che sembrano essere più lunghi al plurale che al singolare. Storicamente parlando sarebbe più accurato rigirare la prospettiva e parlare di "singolari ridotti", poiché in tal caso, la conformazione del vocabolo che soggiace alla forma plurale dà una migliore impressione del termine primitivo che non la corrente forma singolare.

    In WJ:363, êl è detto essere un (arcaico) vocabolo Sindarin per "stella". Secondo le regole esposte sopra, basate su modelli come hên "fanciullo" pl. hîn (WJ:403), dovremmo aspettarci la forma plurale come **îl. Tuttavia, WJ:363 ci informa anche che l'effettivo plurale di êl è elin. Qui potrebbe sembrare che sia presente una desinenza plurale -in. Questo, comunque, non è realmente il caso. Dal confronto di tali vocaboli coi loro affini Quenya elen pl. eleni si può iniziare a sospettare cosa realmente accade. Eleni dovrebbe anche essere la forma plurale usata in Antico Sindarin, che alla fine fornisce il Sindarin elin: la desinenza plurale essendo perduta come tutte le vocali finali, ma lasciando il suo marchio sul vocabolo causando umlaut della seconda e in i. Ma una cosa che occasionalmente avveniva in Antico Sindarin era che le consonanti alla fine dei vocaboli potessero decadere. La n della forma plurale eleni fu "salvata" in quanto fu protetta dalla desinenza plurale che la segue, ma la forma singolare elen fu apparentemente ridotta ad ele, sebbene tale forma non sia esplicitamente menzionata da Tolkien. Più tardi, le vocali finali furono perdute, lasciando proprio el, ed ancor più tardi, la vocale di un monosillabo di tale conformazione fu allungata, producendo il Sindarin êl. Perciò siamo lasciati con la curiosa coppia êl pl. elin nel Sindarin della Terza Era. Nel caso di un'altra, simile coppia, nêl "dente" pl. nelig, le Etimologie elencano le forme Antico "Noldorin"/Sindarin nele pl. neleki, confermando che la spiegazione abbozzata sopra è corretta: dalla comparazione del singolare nele alla radice NÉL-EK (LR:376) intendiamo che la consonante finale è decaduta. (In Eldarin Comune, nele era evidentemente ancora *nelek, la qual forma soggiace direttamente al Quenya nelet elencato nel medesimo sito - la fonologia Alto-Elfica non permette la finale -k, così essa divenne invece -t.) Perciò abbiamo il singolare *nelek > nele > *nel > Sindarin nêl, ma il plurale neleki (ancora usato in Quenya) > con umlaut *neliki > tardo *nelik con perdita della vocale finale > Sindarin nelig.

    Altri vocaboli che si comportano in una maniera similare:

  • ael "stagno, laghetto", pl. aelin (aggiornato dal "Noldorin" oel pl. oelin, LR:349 s.v. AY; abbiamo Aelin-Uial per "Stagni del Crepuscolo" nel Silmarillion)
  • âr "re", pl. erain (ma il singolare pieno aran sembra essere più usuale dell'accorciato âr)
  • bór (o meglio bôr) "risoluto, uomo fidato; fedele vassallo", pl. beryn (LR:353 s.v. BOR, ove il pl. occorre nella forma "Noldorin" berein, beren; la aggiorniamo alla sua probabile forma Sindarin. Cfr. il plurale "Noldorin" geleidh "Noldor" corrispondente al Sindarin gelydh. - La voce BOR indica che il plurale di bór più tardi divenne býr, formato in analogia con il singolare ridotto; gli scrittori dovrebbero probabilmente usare býr.)
  • fêr "faggio", pl. ferin (LR:352 s.v. BERÉTH, cfr. LR:381 s.v. PHER; quest'ultima fonte indica che questo vocabolo per "faggio" fu più tardi rimpiazzato da brethil - il quale vocabolo dovrebbe essere invariato al pl.)
  • ôr "montagna", pl. eryd oppure irregolare ered (ma come nel caso di âr sopra, il singolare pieno orod è apparentemente più comune del ridotto ôr; LR:379 s.v. ÓROT elenca due singolari "Antico Noldorin", pieno oroto o ridotto oro; nel linguaggio posteriore ciò dovrebbe risultare come orod e ôr, rispettivamente, ma in effetti l'unico singolare elencato è orod - discende dal non ridotto oroto.)
  • tôr "fratello", pl. teryn (LR:394 s.v. TOR; aggiorniamo la forma plurale dal "Noldorin" terein. Comunque, la medesima voce nelle Etimologie indica che questo vocabolo per "fratello" era normalmente rimpiazzato da muindor pl. muindyr, o - quando "fratello" è adoperato nel più ampio senso di "maschio congiunto" - gwador, il plurale "Noldorin" del quale era gwedeir; leggere gwedyr in Sindarin.)
  • thôr "aquila", pl. theryn (LR:392 s.v. THOR; di nuovo aggiorniamo la forma plurale dal "Noldorin" therein. - Tale voce nelle Etimologie indica che anche il non ridotto singolare thoron era in uso)
  • In addizione a quanto sopra, vi sono pochi vocaboli che appartengono alla stessa categoria persino se le forme plurali non hanno consonante finale; pêl "campo cintato" pl. peli, ôl "sogno" pl. ely e thêl "sorella" pl. theli. Ciò che è avvenuto è semplicemente che un'originale consonante finale h, lenita da s allo stadio Antico Sindarin, è decaduta nelle forme plurali: le rilevanti radici sono date come PEL(ES), ÓLOS e THELES nelle Etimologie. Nella prima di tali voci, pêl "campo cintato" è dimostrato venire da pele (LR:380), il quale dà la forma radicale PEL(ES) ed è inteso come una forma ridotta di *peles (cfr. l'affine Quenya peler, chiaramente inteso provenire da *pelez < *peles). Il plurale dell'antica forma pele è dato come pelesi, ed è ulteriormente affermato che ciò divenne pelehi ("peleki" in LR:380 è un trasparente travisamento del manoscritto di Tolkien; per la s che diviene h come questa, cfr. barasa > baraha in LR:351 s.v. BARÁS). Così come in un caso riferito sopra, neleki che diviene nelig, il plurale pelehi divenne *pelih - ma in tal caso l'attuale consonante finale era così debole che fu perduta a produrre la forma plurale peli, creando la falsa impressione che il Sindarin occasionalmente impieghi una desinenza plurale similare al Quenya -i.

    NOTA: Diverse forme citate sopra sono alquanto regolarizzzate. Pêl "campo cintato" effettivamente appare come pel in LR:380 s.v. PEL(ES); secondo la fonologia che possiamo ricostruire da molti altri esempi, la vocale in definitiva dovrebbe essere lunga. L'omissione del circonflesso nella forma pel deve essere un mero sbaglio, o Tolkien stesso oppure il trascrittore sono da incolpare (forse il singolare fu confuso col plurale peli, nella qual forma la e dovrebbe essere corta). - La forma plurale di ôl "sogno" è data come elei in LR:379 s.v. ÓLOS; in Sindarin dovremmo evidentemente leggere ely, come suggerito sopra. Questo è un caso interamente parallelo al "Noldorin" geleidh corrispondente al Sindarin gelydh come il vocabolo per Noldor (sg. golodh): in ambedue i casi il "Noldorin" ei derivato da o al singolare corrisponde al Sindarin y (cfr. anche i plurali corretti/aggiornati suggeriti sopra: il Sindarin beryn, teryn, theryn ove il "Noldorin" delle Etimologie effettivamente ha berein, terein, therein). - Anche un'altra forma è regolarizzata: nelle Etimologie, il plurale di thêl non è theli come suggerito sopra, ma thelei (LR:392 s.v. THEL, THELES). Perché un vocabolo thêl derivato da una radice THELES dovrebbe comportarsi punto differentemente al plurale che non un vocabolo pêl derivato da PELES è difficile da comprendere, così se il plurale è peli in quest'ultimo caso, possiamo sentirci liberi di emendare il plurale di thêl da thelei a theli. I plurali theli e l'attestato peli si adattano meglio al generale sistema: i plurali rappresentano le radici piene THELES e PELES, eccetto che per il dettaglio che la finale -s fu posteriormente perduta (dopo essere divenuta -h), e come d'uso, e in una sillaba finale diviene i al plurale (come in Edhel "Elfo" pl. Edhil, WJ:377). Perciò il pl. di *peles dovrebbe essere *pelis, e rimovendo la consonante finale perduta arriviamo all'attestato plurale peli; alla luce di questo, il pl. di *theles dovrebbe essere *thelis > theli piuttosto che "thelei". Se fossimo a ratterere il plurale thelei (nel qual caso avremmo ad alterare peli in pelei nell'interesse della coerenza), dobbiamo tenere in conto la scoperta di Tolkien post-Etim che ei in a sillaba finale in fin dei conti divenne ai, che ci farebbe approdare a thelai, pelai come i piuttosto esotici plurali di thêl, pêl nel tardo Sindarin della Terza Era. Così tutto considerato, sembra meglio regolarizzare thelei in theli in conformità con l'attestato esempio peli piuttosto che andare per l'altra via. (Nel caso di thelei/theli "sorelle" gli scrittori possono felicemente evitare il problema; LR:392 s.v. THEL indica che il vocabolo più normale per "sorella" era muinthel pl. muinthil, o - ove "sorella" è usato nel più ampio senso di "femmina congiunta" - gwathel pl. gwethil.) - Un altro plurale in -ei è il "Noldorin" tele "fine, retro, parte più arretrata", pl. telei (LR:392 s.v. TELES). Per quanto concerne il singolare, lo sviluppo differisce alquanto de quello che produsse thêl dalla radice THELES; osservare che in tele, l'ultima vocale di TELES è ancora in sito (non è divenuta **têl ad eguagliare thêl). La forma primitiva di tele è data come télesâ (l'accento contrassegna unicamente il tono). In "Antico Noldorin", ciò dovrebbe essere divenuto telesa > teleha (non esplicitamente dato in Etim ma comparare il primitivo barasâ "scottante, bruciante" che produce in "AN" barasa > baraha, LR:351 s.v. BARÁS). Più tardi le vocali finali furon perdute, perciò teleha > teleh, ma alla fine anche la debole consonante finale -h decadde, lasciando solamente tele (e la nuova vocale finale non andò perduta; la fase in cui tale perdita occorse era già passata). Ma che dire della forma plurale telei? È difficile dire precisamente che specie di sviluppo Tolkien si figurò. Il plurale "Antico Noldorin" di teleha non è menzionato ma dovrebbe essere stato telehi (cfr. per esempio poto "piede animale", pl. poti, LR:384 s.v. POTÔ). Più tardi, dovremmo aspettarci che la finale i causi umlaut alla e dalla seconda all'ultima sillaba, telehi divenendo telihi; quindi le vocali finali e la tarda finale h sono perdute, il che dovrebbe lasciarci con teli come la forma plurale. Così come mai Tolkien venne fuori invece con telei? Siamo ad assumere che alla fase telehi, la h decadde così che le vocali e ed i vennero in diretto contatto e formarono un dittongo telei? Ma ciò sarebbe incoerente con l'esempio riferito sopra: la forma plurale pelehi che diviene peli invece di **pelei. Sembra che quando si aggiorna il "Noldorin" tele pl. telei in Sindarin, sia meglio leggere tele pl. teli. Nuovamente, la forma plurale telei non può essere mantenuta com'è in alcun caso, dacché in Sindarin ei in una sillaba finale diviene ai.

    Plurali in -in
    Vi sono pochi vocaboli che sembrano mostrare una genuina desinenza plurale -in, sebbene l'origine di tale desinenza non sarebbe chiara; concepibilmente Tolkien la immaginò come inventata per analogia con tali esempi come êl pl. elin, ove (come dimostrato sopra) nessuna genuina desinenza è presente.

    Quel che può essere il miglior esempio coinvolge una parola-prestito, Drû "Wose", il nome di uno dei Drúedain o "Uomini Selvaggi"; il termine Sindarin era basato sul loro vocabolo nativo Drughu. Secondo UT:385, un plurale Sindarin di Drû era Drúin. Forse tale straordinario plurale in qualche modo marca il vocabolo come un prestito; esso non è inflesso secondo il normale modello (che dovrebbe averci fatti approdare a **Drui come la forma plurale).

    Al Campo di Cormallen (SdA3/VI cap. 4), i Portatori dell'Anello furono acclamati come Conin en Annûn, e secondo le Lettere:308, ciò significa "Principi dell'Ovest". Assumendo che Conin "principi" contenga la desinenza plurale -in, potrebbe essere la forma plurale di ?caun (dacché dall'aggiunta della -in, che costituisce una nuova sillaba, au diviene o nell'ambientazione polisillabica che mediante ciò sorge). Tale ?caun potrebbe a sua volta essere una forma Sindarizzata del Quenya cáno "comandante" (PM:345), il quale dovrebbe nuovamente essere una parola-prestito piuttosto che un vocabolo "nativo" Sindarin (PM:362 menziona un vocabolo ereditato alquanto distinto caun, che indica protesta oppure clamore). Se conin "principi" non è il plurale di *caun, potrebbe essere il plurale d'un per altri versi ignoto termine *conen, ma questo sembra un aggettivo piuttosto che un sostantivo.

    Il nome Dor-Lómin ricorrente nel Silmarillion è interpretato "Terra dell'Eco" in LR:406. L'Appendice del Silmarillion elenca un vocabolo lóm "eco", sebbene nulla sia detto circa quale linguaggio sia supposto essere questo. È lómin la forma plurale di lóm? Dobbiamo cautamente distinguere vari stadi nella concezione di Tolkien. Le Etimologie elencano un vocabolo lóm "eco" (LR:367 s.v. LAM), ma questo è Doriathrin, non "Noldorin" > Sindarin. In Doriathrin (un dialetto del linguaggio Ilkorin il cui posto nei miti sarebbe più tardi usurpato dal Sindarin), vi è invero una desinenza plurale -in, così lómin potrebbe essere il Doriathrin per "echi". Eppure nella voce nelle Etimologie cui giusta ci si riferisce, il nome ovviamente corrispondente a Dor-Lómin nel Silmarillion appare come Dorlómen invece. Dorlómen è detto essere, non Doriathrin, ma una forma "Noldorinizzata" del vero nome Doriathrin Lómendor. Il primo elemento non è affatto una forma plurale, ma un aggettivo Doriathrin lómen "echeggiante". Ciò può fornire un indizio di come Tolkien dovrebbe più tardi avere interpretato il nome. Quand'egli aveva reso il Sindarin il linguaggio del Beleriand, dismettendo l'"Ilkorin", egli operò ancora riferimenti al peculiare dialetto Sindarin Nordico, ed il nome Dor-Lómin sembra attagliarsi a quel poco che è noto di esso (la m non è aperta in mh > v seguendo una vocale; cfr. il nome Sindarin Nordico di Oromë che è Arum piuttosto che Araw [per *Arauv] come in Sindarin standard: WJ:400). Un'ipotesi realistica può essere che nel periodo post-SdA, Tolkien interpretò Dor-Lómin come se significasse letteralmente "Terre Echeggianti", lómin essendo l'aggettivo Sindarin Nordico discendente dal più antico *lâmina. In Sindarin standard, la desinenza aggettivale dovrebbe essere -en al singolare e -in soltanto al plurale, ma ciò può non essere vero per tale forma dialettale del linguaggio. Se lómin sia realmente un aggettivo, è naturalmente irrilevante per una discussione della formazione plurale Sindarin.

    Singolari derivati da plurali
    Nella vasta maggioranza dei casi, la singolare dev'essere considerata la forma elementare del sostantivo, dalla quale il plurale è derivato. Comunque, vi sono pochi casi ove è effettivamente il plurale che è la forma di base, ed il singolare è derivato da esso. Storicamente, fileg "piccolo uccello", pl. filig, è uno di tali casi. La radice PHILIK (LR:381) risultava come filig in Sindarin, ma dacché parecchie forme plurali hanno la i che rappresenta al singolare la e nella sillaba finale (e.g. Edhil come il pl. di Edhel "Elfo"), il vocabolo filig fu mantenuto come una tale forma plurale ed un singolare fu ideato secondo il normale modello: Fileg. Dacché la radice era PHILIK, un tale singolare era interamente ingiustificato storicamente; esso è, come Tolkien annotò nelle Etimologie, soltanto un "singolare analogico". La coppia fileg pl. filig, essendo pienamente adattata ai normali modelli, naturalmente non presenta problemi extra per le persone che studiano il Sindarin sincronicamente. Ma le Etimologie indicano che il singolare potrebbe anche essere filigod, ove la desinenza -od è in effetti una "desinenza singolare", che produce il più peculiare paio filigod pl. filig. Un altro, simile caso, che coinvolge un'altra "desinenza singolare", è lhewig "orecchio", pl. lhaw. (Cfr. il colle Amon Lhaw in SdA, "Colle dell'Udito" o letteralmente *"Colle delle Orecchie", menzionato quasi al termine del capitolo Il Grande Fiume nel Volume 1.) Il plurale lhaw è spiegato rappresentare un'antica forma duale denotante un paio d'orecchie, o come Tolkien scrisse, "orecchie (d'una persona)" (LR:368 s.v. LAS2). Il singolare lhewig "orecchio" è a sua volta derivato da tale forma plurale o duale. Una simile formatzione "singolare-da-duale" in -ig è gwanunig "gemello", derivato da gwanûn "coppia di gemelli" (WJ:367).

    NOTA: Le desinenze -od, -ig, -og usate a formare singolari da plurali possono anche essere usate a formare i cosiddetti nomina unitatis, vocaboli denotanti una distinta parte di qualcosa di più esteso, oppure termini denotanti una singola entità all'interno di un collettivo. Invero questa è probabilmente la loro propria funzione. WJ:391 fornisce un buon esempio. Vi era un vocabolo Sindarin glam "baccano, putiferio, il confuso strillare e mugghiare delle bestie". Dacché le bande di Orchi potrebbero essere assai chiassose, il termine glam "da solo potrebbe essere adoperato per ogni massa d'Orchi, ed una forma singolare fu creata da esso, glamog". Perciò abbiamo glamog come un vocabolo per "Orco", un membro individuale di una glam o massa di Orchi come un collettivo. In un tale caso non si può ben dire che glam sia realmente la forma plurale di glamog (sarebbe come asserire che "truppa" sia la forma plurale di "milite"); forse glamog stesso potrebbe essere la base d'una forma plurale ?glemyg. Un altro, simile caso è il vocabolo linnod, mai esplicitamente spiegato ma utilizzato in SdA Appendice A: "[Gilraen] rispose soltanto con questo linnod: Onen i-Estel Edain, ú-chebin estel anim [Ho dato la speranza ai Dúnedain, non ne ho conservata per me - nell'originale 'Speranza' reca l'iniziale maiuscola, N.d.T.]." Allora, realmente, cos'è un linnod? Sapendo che -od è una desinenza usata a formare nomina unitatis, come in filigod da filig sopra, linnod può essere riconosciuto come una tale formazione, trasparentemente basata su lind "canto" (*lindod naturalmente divenendo linnod dacché la fonologia Sindarin non permette l'intervocalico -nd-). Così un linnod è qyalche sorta di unità entro un canto, e l'esempio fornito indica che intende un verso, una singola linea in un canto. Nuovamente ha poco senso dire che linnod è la forma "singolare" di lind (come se quersto vocabolo per "canto" debba essere considerato un plurale solo perché un canto è costituito di versi). Piuttosto dobbiamo vedere linnod come un sostantivo, un termine indipendente per "verso" che può probabilmente avere il suo proprio pluralr linnyd "versi". (Nel caso del linnod di Gilraen sembra chiaro che il suo particolare "verso" not era parte di un canto più lungo; esso era giusto un verso oppure assai breve poema a suo buon diritto.) Sostantivi in -ig sembrano denotare specificamente uno [leggi 'un elemento', N.d.T.] d'una coppia, come negli esempi citati sopra: gwanunig "un gemello" da gwanûn "coppia di gemelli", oppure lhewig "un orecchio" in aggiunta a lhaw "paio d'orecchie". Di nuovo si potrebbe discutere se gwanûn, lhaw siano realmente le forme "plurali" di gwanunig, lhewig; queste ultime forme semplicemente denotano uno [dei componenti, N.d.T.] di una coppia.

    Il primo elemento dei composti
    Un esempio citato sopra, Edenedair "Padri di Uomini" o letteralmente *"Uomini-padri" (MR:373) è trasparentemente il plurale d'un composto Adanadar "Uomo-padre" (adan + adar). Qui vediamo l'umlaut trasportato attraverso l'intero vocabolo, tutte le a nelle sillabe non finali che divengono e, proprio come se questo fosse un termine unitario. In più dovrebbe probabilmente essere stato permissibile utilizzare pure il plurale ?Adanedair, lasciando il primo elemento del composto inalterato e ponendo l'umlaut giusto su adar "padre" (in edair). In WJ:376, Tolkien fece un'annotazione circa i plurali di orodben "montanaro" e rochben "cavaliere" (effettivamente composti orod-ben "monte-persona" e roch-ben "cavallo-persona"). L'affezione della i- occorrente al plurale fu originariamente trasportata attraverso l'intero vocabolo, risultando nelle forme örödbin e röchbin (compitate "oeroedbin" e "roechbin" in WJ:376; ciò dovrebbe essere divenuto eredbin e rechbin nel Sindarin dei giorni di Frodo, sebbene Tolkien non menzioni tali tarde forme). Comunque, Tolkien notò ulteriormente che "la forma normale [sc. senza umlaut] del primo elemento era spesso ripristinata quando la natura della composizione rimaneva evidente"; pertanto il plurale di rochben potrebbe anche essere rochbin, l'umlaut influenzando solamente la vocale dell'elemento finale -ben "persona", mentre roch "cavallo" è invariato. (l'implicazione è che il plurale di orodben "montanaro" potrebbe similmente essere orodbin con orod "montagna" nella sua forma normale, sebbene la forma orodbin non sia menzionata in WJ:376.) nel composto Edenedair il primo elemento non è stato ripristinato, ma come già menzionato, una forma ?Adanedair dovrebbe probabilmente essere stata egualmente permissibile.

    IL PLURALE DI CLASSE

    Accanto al normale plurale, il Sindarin ha anche un cosiddetto plurale di Classe, o plurale collettivo. In RGEO:74, Tolkien afferma che "il suffisso -ath (originariamente un suffisso sostantivo collettivo) era adoperato come un plurale di gruppo, abbracciando tutti gli oggetti del medesimo nome, o quelli associati in qualche speciale disposizione od organizzazione. Così elenath (come plurale di êl, pl. [irregolare] elin) significa 'la moltitudine delle stelle': sc. (tutte) le stelle (visibili) del firmamento. Cfr. ennorath, il gruppo delle terre centrali, che integrano la Terra di Mezzo. Notare anche Argonath, 'la coppia di pietre reali,' all'ingresso per Gondor; Periannath, "gli Hobbit (come una razza)," come pl. collettivo di perian, 'halfling' (pl. periain)." La Lettera Reale fornisce più esempi: sellath dîn "le sue [di lui, N.d.T.] figlie" ed ionnath dîn "i suoi [di lui, N.d.T.] figli", riferendosi a tutti i figli e le figlie di Sam come gruppi. In alcuni casi, -ath sembra avere una forma più lunga -iath. WJ:387 dà firiath come il plurale di classe di feir "un mortale" (normale plurale fîr); cfr. anche la forma "pl. collettiva" giliath in LR:358 radice GIL (come in Osgiliath, "Fortezza delle Stelle" [l'originale riporta "Cittadella" in luogo di "Fortezza", N.d.T.]). In precedenti versioni di tale articolo, spiegavamo che questa i che s'intrude prima di -ath è un residuo di un primevo y che qui è preservato (l'iniziale firya "mortale", gilya "stella"). Ciò può essere corretto nel caso dei vocaboli firiath e giliath, ma può sembrare che la più lunga desinenza -iath appaia ogniqualvolta la desinenza di Plurale di Classe è da aggiungere ad un vocabolo che ha la radice vocale i: tale vocale echeggia nella desinenza.
              Se la desinenza -ath è aggiunta ad un sostantivo che termina in -nc oppure -m, essi dovrebbero per ragioni fonologiche mutare in -ng- e nella doppia -mm-, rispettivamente, laddove i finali -nt e -nd dovrebbero ambedue divenire -nn-: i plurali di classe di vocaboli come ranc "braccio", lam "lingua", cant "forma" e thond "radice" dovrebbero evidentemente essere rangath, lammath, cannath, thonnath, rispettivamente. Rammentare anche che dacché il suono [v] è pronunciato f solamente alla fine, dovrebbe essere compitato com'è pronunciato - semplicemente v - se alcuna desinenza è apposta. Perciò il plurale di classe di un vocabolo come ylf "recipiente per bere" deve essere scritto ylvath.
              In alcuni casi, sembrano essere usate altre desinenze che non -ath, tali come -rim "popolo"; in WJ:388, Nogothrim è detto essere il plurale di classe di Nogoth "Nano". Ancora un'altra desinenza è -hoth "gente, folla, orda", cfr. Dornhoth [traduzione incerta, N.d.T.], un altro termine Elfico per i Nani. L'Appendice del Silmarillion (voce hoth) afferma che tale desinenza è "per lo più in senso peggiorativo" e menziona l'esempio Glamhoth "Orda Assordante", una metafora poetica Elfica per gli Orchi. Colui che per primo chiamò i Nivei di Forochel Lossoth ["Uomini delle Nevi" in SdA Appendice A, edizione italiana, N.d.T.] (per *Loss-hoth, loss = "neve") evidentemente non li gradiva. Nelle Lettere:178, Tolkien spiega che mentre il normale plurale di orch "Orco" è yrch, "gli Orchi, come una razza, oppure l'insieme d'un gruppo precedentemente menzionato sarebbe stato orchoth" (per *orch-hoth, evidentemente). Potrebbe essere discusso se forme come Nogothrim e Lossoth siano realmente forme "plurali" o semplicemente composti: Popolo dei Nani, Orda Nivea. Vocaboli con la desinenza "collettiva" -ath sono visti assumere l'articolo plurale in, così essi sono evidentemente considerati plurali. Vocaboli in -rim ed -hoth sembrano comportarsi nella medesima maniera; cfr. il nome Tol-in-Gaurhoth "Isola (de)i Lupi Mannari"(Silmarillion cap. 18, ove il nome è tradotto semplicemente "Isola di Lupi Mannari" [non è il caso dell'edizione italiana, N.d.T.]). Nelle Lettere:178, Tolkien non dichiara che "i plurali generali [mio corsivo] erano assai frequentemente resi dall'aggiunta ad un nome (oppure un nome di luogo) di qualche termine indicante 'tribù, stuolo, orda, popolo' " - vale a dire le desinenze che sono state discusse qui. Così sembrerebbe che da un punto di vista grammaticale, le forme che impiegano tali desinenze sono realmente da considerarsi plurali, non composti.

    I CASI NON INFLESSI

    Per quanto possiamo dire da quel che è stato pubblicato, il sostantivo Sindarin non è inflesso per un gran numero di casi, come in Quenya. La comune lingua ancestrale di Quenya e Sindarin era apparentemente un linguaggio di casi, ma in Sindarin le rilevanti desinenze sono state perdute (sebbene tracce di esse possono essere trovate in alcuni vocaboli - per esempio, ennas "là" doveva una volta essere terminato in una desinenza locativa simile al Quenya -ssë). Il Grigio-elfico dipende da preposizioni invece che da desinenze di casi. È degno di nota, però, che i sostantivi Sindarin possono essere usati come genitivi senza cambiare la loro forma. Abbiamo già citato l'iscrizione sul Cancello di Moria come un esempio di ciò: Ennyn Durin Aran Moria, "Le Porte di Durin, Re di Moria", i nomi Durin e Moria funzionando come genitivi non inflessi: di Durin, di Moria. Per dire "X di Y" vengono semplicemente giustapposti i vocaboli: X Y. La Lettera Reale fornisce più esempi: Aran Gondor "Re (di) Gondor", Hîr i Mbair Annui "Signore (del)le Terre Occidentali", Condir i Drann "Sindaco (del)la Contea". Tolkien annotò che tali genitivi non inflessi probabilmente discendevano da "forme inflessionali" (WJ:370). Ad uno stadio iniziale, il Sindarin probabilmente aveva la medesima desinenza genitiva -o del Quenya, ma essa fu perduta assieme alle altre vocali finali. (Il Sindarin Doriathrin talvolta mostra una desinenza genitiva -a, come nell'epiteto di Túrin Dagnir Glaurunga "Flagello di Glaurung"; cfr. anche Bar Bëora per "la Casa di Bëor" in WJ:230. L'origine di tale desinenza è assai indecifrabile, ed essa non è apparentemente utilizzata in Sindarin standard.)
              Talvolta uno o entrambi o sostantivi in una frase genitiva sono alquanto abbreviati: le doppie consonanti possono essere semplificate; comparare toll "isola" con tol in un nome come Tol Morwen "Isola di Morwen" (WJ:296). Le vocali lunghe possono essere accorciate; confrontare dôr "terra" con dor in Dor Caranthir "Terra di Caranthir" (WJ:183). Ma tale accorciamento non è necessario per produrre un corretto Sindarin; cfr. Hîr piuttosto che Hir nella frase Hîr i Mbair Annui "Signore (del)le Terre Occidentali" nella Lettera Reale.

    Non soltanto il genitivo, ma anche il dativo può essere espresso da un sostantivo Sindarin che non cambia in alcun modo la sua forma. Ciò è evidente dalla prima parte del linnod di Gilraen in SdA Appendice A: Onen i-Estel Edain, "Ho dato la speranza ai [Dún]edain". L'oggetto indiretto, o oggetto dativo, è chiaramente Edain - ma esso non mostra desinenza inflessionale, né vi è alcunché di corrispondente alla preposizione "ai" nella traduzione inglese di Tolkien. Il dativo è apparentemente espresso dal solo ordine dei termini. Tale costruzione può essere comparata all'inglese "I gave the Edain Hope", di nuovo senza nessuna preposizione o desinenza inflessionale - ma mentre l'inglese in tal caso inserisce l'oggetto indiretto prima dell'oggetto diretto, il Sindarin ha l'oggetto indiretto seguente l'oggetto diretto.

    - - -

    Il sostantivo Sindarin, così come altre parti del discorso, è spesso soggetto a certe regolari modifiche delle consonanti iniziali. A queste dobbiamo ora volgere la nostra attenzione.

    3. LE MUTAZIONI DI CONSONANTE

    In Sindarin, la consonante iniziale dei vocaboli spesso subisce certe modifiche, così che il medesimo vocabolo può apparire in differenti conformazioni (vocaboli che iniziano in una vocale non sono affetti). Tali modifiche sono definite mutazioni, con una serie di subcategorie (mutazione palatale, mutazione nasale etc.) Considerare due vocaboli completamente distinti come saew "veleno" ed haew "abitudine". Una regola di mutazione detta che la s in certi contesti grammaticali diviene h. L'articolo i "il" è uno degli inneschi di tale mutazione, così se lo si prefissa a saew ad esprimere "il veleno", il risultato non è **i saew. "Il veleno" deve essere invece i haew. Sebbene haew significhi anche "abitudine", un competente utente del Sindarin non dovrebbe travisare i haew (pensando che significhi "l'abitudine" invece di "il veleno"). Poiché nella medesima posizione ove la s diviene h, la regola di mutazione detta anche che h diviene ch. Così se si combina haew "abitudine" con l'articolo i, si dovrebbe ottenere i chaew per "l'abitudine", i vocaboli essendo ancora distinti. Comunque, è ovvio che vi è qui considerevole occasione di confusione se non si comprende il sistema di mutazione Sindarin. È fin troppo facile immaginare qualche ingenuo studente che vede la combinazione i haew in un testo e che quindi ricerca haew invece di saew nel suo vocabolario - impropriamente concludendo che i haew significhi "l'abitudine" invece di "il veleno", dacché non gli sovviene che haew è meramente la forma che il vocabolo saew prende in tale particolare posizione. È affatto impossibile utilizzare un vocabolario Sindarin propriamente a meno che si comprenda il sistema di mutazione; in alcuni casi il vocabolario sarebbe del tutto fuorviante.
              Tenteremo di descrivere le varie mutazioni, così come esse possono essere ricostruite. Essendo l'effettiva evidenza succinta, dobbiamo in molti casi arretrare sul nostro generale discernimento della fonologia Sindarin a colmare le lacune. Quello che segue è basato su di un'esauriente analisi (principalmente condotta dall'eminente Sindarinista David Salo), ma future pubblicazioni possono benissimo provarne l'errore in taluni aspetti. Comunque, le più frequenti mutazioni (palatale e nasale) sono relativamente ben attestate, così che si possono ricostruire le regole con una qual fiducia.

    I. MUTAZIONE PALATALE

    La più frequente mutazione, è anche nota come lenizione (= "ammorbidimento") [o mutazione blanda, N.d.T.]. Il nome riflette il fatto che con tale mutazione, suoni "duri" oppure afoni come p o t vengono "ammorbiditi" (o leniti) nelle b, d foniche, mentre le originali b, d sono ulteriormente "ammorbidite" in spiranti: v, dh. Descriveremo gli effetti della mutazione palatale prima di discutere in dettaglio dove essa occorra, ma può essere notato che la lenizione tipicamente occorre dopo particelle terminanti in una vocale quando una tale particella precede immediatamente un vocabolo ed è strettamente associata ad esso, come l'articolo determinativo i (singolare "il"). Nelle Lettere:279, Tolkien commenta sulla lenizione c > g e nota che essa è adoperata "dopo particelle strettamente connesse (come l'articolo)". Il sottofondo fonologico per tale fenomeno non è molto difficile da intendere. Nell'evoluzione del Sindarin, molte consonanti mutarono seguendo una vocale; per esempio, la c divenne g e la t divenne d (confrontare il Sindarin adar "padre" col primitivo vocabolo atar, tuttora preservato in Quenya). Quel che accadde fu che particelle come preposizioni ed articoli immediatamente precedenti un termine divennero così strettamente associate al vocabolo stesso che l'intera locuzione particella + vocabolo principale fu percepita come una specie d'unità. Perciò un vocabolo come tâl "piede", quando ricorrente in una frase come i tâl "il piede", fo sottoposto alla medesima che volgeva un vocabolo unificato come atar in adar: vi è una vocale precedente la t, così essa ha a volgersi in d - e mentre tâl rimase come il termine per "piede", "il piede" da quel momento in poi è invece i dâl (vedere LR:298 riguardo a tale esempio). Vedere sotto riguardo ai vari usi della mutazione blanda; mentre si descrivono le mutazioni stesse, si useranno le modifiche occorrenti dopo l'articolo determinativo i come esempi.

    La mutazione palatale volge le esplosive p, t, c in b, d, g foniche; le originali b, d divengono v, dh, mentre la g sparisce del tutto. (Dovrebbe essere notato che le mutazioni qui descritte per b, d, g si applicano soltanto quando tali suoni sono derivati dalle primitive b, d, g. Le iniziali Sindarin b, d, g possono anche derivare da mb, nd, ñg, ed in tali casi, le forme lenite differiscono. Vedere la sezione "Lo sviluppo delle occlusive nasalizzate" sotto.)

    pân "tavola" > i bân "la tavola"
    caw "cima" > i gaw "la cima"
    tâl "piede" > i dâl "il piede"
    bess "donna" > i vess "la donna"
    daw "buio" > i dhaw "il buio"
    gaw "vuoto" > i 'aw "il vuoto"
    Nota: la G originariamente volse nella retrospirante gh, ma tale suono più tardi scomparve (i ghaw divenendo i 'aw). Ad indicare che una g è stata lenita a zero, si può usare un apostrofo ' come in tale esempio, ma gli scritti di Tolkien sono incoerenti siu questo punto. In UT:390 abbiamo Curunír 'Lân per "Saruman the White", l'apostrofo evidentemente indicando che il secondo vocabolo (l'aggettivo "bianco") è glân quando non mutato. Cfr. anche galadh "albero" > i 'aladh "l'albero" in LR:298 (ivi compitato galað, i·'alað). Ma nel Silmarillion abbiamo nomi come Ered Wethrin "monti ombrosi", wethrin essendo una forma lenita di gwethrin, la forma plurale dell'aggettivo gwathren "ombroso" (comparare gwath "ombra", LR:396 s.v. WATH). Forse una compitazione equivalente di Ered 'Wethrin dovrebbe effettivamente essere usata in scrittura Tengwar, Tolkien talvolta dismettendo l'apostrofo in nomi occorrenti nelle sue narrazioni.

    Tali consonanti evidentemente subiscono le medesime mutazioni se formano parti di gruppi:

    blabed "sbattimento di vele" > i vlabed "lo sbattimento di vele"
    brôg "orso" > i vrôg "l'orso"
    claur "splendore" > i glaur "lo splendore"
    crist "mannaia" (sword) > i grist "la mannaia"
    dring "martello" > i dhring "il martello"
    gloss "neve" > i 'loss "la neve"
    grond "club" > i 'rond "il club"
    gwath "ombra" > i 'wath "l'ombra"
    prestanneth "affezione" (turbamento) > i brestanneth "l'affezione"
    trenarn "racconto" > i drenarn "il racconto"
    Le consonanti h, s e m sono lenite in ch, h e v, rispettivamente:
    hammad "indumento" > i chammad "l'indumento"
    salph "zuppa" > i halph "la zuppa"
    mellon "amico" > i vellon "l'amico" (anche compitato i mhellon)
    Dovrebbe essere osservato che b ed m divengono entrambe v quando lenite. In pochi casi, può sorgere ambiguità. Considerare due aggettivi come bell "forte" e mell "caro"; soltanto il contesto può decidere se i vess vell significhi "la forte donna" oppure "la cara donna". (In Sindarin, un aggettivo normalmente segue il sostantivo che descrive, ed in tale posizione, l'aggettivo è lenito.) La mutazione prodotta da m è talvolta compitata invece mh (come nella Lettera Reale, SD:128-9: e aníra ennas suilannad mhellyn în, "egli desidera salutare là i suoi amici"). Sembra che nel Sindarin della Terza Era, tale mh non fosse pronunciato affatto differentemente da v, sebbene la distinzione possa essere stata sostenuta in scrittura Tengwar. Anteriormente, mh era evidentemente una variante distintamente nasale della v, che può anche essere definita "m spirante". Confrontare SdA Appendice E, nella discussione delle Rune: "Per il Sindarin (arcaico) era necessario un segno indicante una m aspirata(o una v nasale)."

    Il suono hw (w afona, come l'inglese wh in dialetti ove esso è tuttora mantenuto distinto da w) probabilmente diviene chw in posizione di mutazione:

    hwest "brezza" > i chwest "la brezza"
    (Nel "Noldorin" delle Etimologie, questo suono è chw in tutte le posizioni, anche dove il termine non è lenito, ma sembra che Tolkien rivide ciò.)

    Le spiranti afone f, th, le nasali n e le liquide r, l non sono influenzate dalla mutazione palatale:

    fend "soglia" > i fend "la soglia"
    thond "radice" > i thond "la radice"
    nath "tela" > i nath "la tela"
    rem "rete" > i rem "la rete"
    lam "lingua" > i lam "la lingua"
    Il comportamento delle afone liquide rh, lh in posizione di mutazione è alquanto incerto. La visuale presentata in antecedenti versioni di tale articolo era che esse volgano in normali r, l foniche. Ciò era basato primariamente sull'esempio rhass "precipizio", con articolo i rass (LR:363 s.v. KHARÁS). Tuttavia, questo è probabilmente "Noldorin" piuttosto che Sindarin. Una delle revisioni che Tolkien operò quando volse il "Noldorin" in Sindarin influenzò i suoni rh, lh. In "Noldorin", essi erano discendenti dalle normali r, l nel primitivo linguaggio, ove tali suoni occorrevano inizialmente. Comunque, Tolkien più tardi decise che le primitive iniziali r, l fossero invariate in Sindarin, un vocabolo primitivo come lambâ "lingua" producendo il Sindarin lam (WJ:394; contrasta con il primevo "Noldorin", ove tale termine era stato invece lham: LR:367 s.v. LAB). I suoni rh, lh tuttora occorrono inizialmente in Sindarin, ma in tale linguaggio essi erano derivati dai primitivi iniziali sr-, sl- (e.g. srawê > Sindarin rhaw, MR:350), non dalle semplici r-, l-. Tale nuova derivazione deve essere presa in considerazione quando facciamo la nostra realistica ipotesi su come in Sindarin rh, lh si comportano in posizione di mutazione. Fondamentalmente, la mutazione blanda corrisponde a come certe consonanti si sviluppano seguendo vocali. Le mediali primitive sr, sl divennero thr, thl, e.g. "Noldorin" lhathron "colui che ascolta, origlia" (Sindarin lathron?) dal primitivo la(n)sro-ndo (LR:368 s.v. LAS2). Così forse questo è anche quello che la mutazione blanda di rh-, lh- dovrebbe produrre, sebbene difettiamo di esempi:
    rhaw "carne" > i thraw "la carne" (primitivo *i srawê)
    lhûg "drago" > i thlûg "il drago" (primitivo *i slôkê)
    Gli usi della mutazione palatale: La mutazione palatale ha una varietà d'usi. Essa occorre dopo una serie di particelle, preposizioni e prefissi, l'esempio che abbiamo adoperato finora - l'articolo determinativo i - essendo soltanto una di tali particelle. Tipicamente, stiamo parlando di particelle che o terminano in una vocale oppure terminavano in una vocale ad uno stadio iniziale. Una preposizione come na "a" innesca le medesime mutazioni dell'articolo i, per esempio na venn "a un uomo" (immutato benn). Nell'inno ad Elbereth (A Elbereth Gilthoniel) abbiamo la frase na-chaered "a remote distanze" (vedere RGEO:72 per la traduzione), haered "remote distanze, il remoto" subendo mutazione palatale a divenire chaered. (Per haered come la forma immutata, confrontare il nome Haerast "Spiaggia Lontana" menzionato nell'Indice del Silmarillion; vedere la voce Nevrast.)

    Sappiamo o deduciamo che la mutazione palatale occorre dopo le seguenti particelle e prefissi:

              - il prefisso e preposizione (?) ab "dopo, dietro, che segue, più tardi" (dacché questo era il primevo apa, come in Quenya)
              - la preposizione adel "dietro, sul retro (di)" (dacché questo era probabilmente *atele in Antico Sindarin)
              - la preposizione e prefisso am "su, sopra, oltre" (cfr. il Quenya amba); la mutazione palatale è attestata in composti come ambenn "in salita" (am + una forma lenita di pend, penn "declivio")
              - il prefisso ath- "su entrambi i lati, dall'altra parte" (più antico *attha)
              - il prefisso athra- "dall'altra parte" (cfr. un vocabolo come athrabeth, "dibattito", il secondo elemento essendo una forma lenita di peth "parola")
              - la preposizione be "secondo" (forse anche "come", dacché deve corrispondere al Quenya ve)
              - l'avverbio/prefisso dad "in basso" (cfr. dadbenn "downslope", che è dad + una forma lenita di pend, penn "declivio")
              - la preposizione di "sotto, al di sotto"
              - il prefisso go-, gwa- "assieme" (con ogni possibilità anche utilizzato come una preposizione indipendente "con")
              - la preposizione na "a, verso di; a; di; con, vicino a"
              - la preposizione nu (no) "sotto"
              - la preposizione trî "attraverso" ed il corrispondente prefisso tre-
              - l'elemento negativo ú-, u- "non" oppure "senza di", usato come un prefisso, e.g. ú-chebin *"non ne ho conservata" nel linnod di Gilraen (confrontare l'immutato hebin "io tengo"). Cfr. anche un vocabolo tale come ubed "diniego" (u + ped, quest'ultima essendo la radice del verbo "dire", perciò ubed = "che non dice").

    La preposizione guren bêd enni "il mio cuore mi dice" (VT41:11) incorpora una forma lenita del verbo pêd "dice". Tale esempio sembra indicare che un verbo immediatamente seguente il suo soggetto è lenito. Questo non è il caso se il verbo viene prima del soggetto, come nella preposizione silivren penna (...) aglar elenath! "bianche faville che digradano (...) la gloria della volta stellata". Se il verbo penna "digradano" fosse venuto dopo il suo soggetto, esso dovrebbe presumibilmente essere lenito: *Silivren aglar elenath benna, "di bianco sfavillante la gloria della volta stellata protende in basso" (forse un più normale ordine dei vocaboli; la versione in SdA è poetica).
              In Sindarin, gli aggettivi (compresi i participi) che seguono il sostantivo che essi descrivono sono usualmente leniti. In Sindarin, un aggettivo normalmente segue il sostantivo che esso descrive; si dice "isola verde", Tol Galen, invece di "verde isola". Galen è qui la forma lenita di calen "verde". Un altro esempio dello stesso è il nome Pinnath Gelin "Verdi Crinali" o letteralmente "Crinali Verdi", gelin essendo una forma lenita di celin, a sua volta la forma plurale di calen (plurale per confarsi a "crinali"). Il nome Talath Dirnen " Piana Vigilata" contiene una forma lenita del participio passato tirnen "osservato, vigilato" (cfr. il verbo tir- "osservare, guardare"). Eryn "bosco" + morn "scuro" produce Eryn Vorn "Bosco Scuro" (UT:436, 262). Dor Dhínen "Terra Silente" include la forma lenita di dínen "silente" (WJ:333, 338). Vi sono, comunque, miriadi di casi attestati dove la mutazione palatale non trova luogo in tale combinazione. Il nome Dor Dhínen giusto menzionato appare anche come Dor Dínen in un certo numero di testi (così nell'edizione pubblicata del Silmarillion). Da SdA ricordiamo anche la Rath Dínen o "Via Silente" a Minas Tirith; potremmo esserci invece aspettati *Rath Dhínen. (Tuttavia, la forma Barad-dûr invece di *Barad-dhûr per "Torre-Oscura" può essere spiegato dal fatto che i vocaboli qui sono praticamente un composto, come indicato dal trattino - pure sebbene il secondo elemento dei composti sia spesso lenito, vedere sotto.) Casi di d ove dovremmo attenderci dh possono in qualche istanza essere spiegati (altrove) come inaccurate trascrizioni da parte di Tolkien, dacché egli talvolta sostitui con la d il dh semplicemente in quanto trovava quest'ultimo digrafo "grossolano" (UT:267). Tuttavia, non possiamo agevolmente spiegare casi come Cú Beleg piuttosto che *Cú Veleg per "Grande Arco" (beleg "grande"; per "grande arco" cfr. il canto Laer Cú Beleg o "Canto del Grande Arco" menzionato nel Silmarillion, capitolo 21). Un altro esempio è il nome Nan Tathren, "Valle del Salice" o letteralmente "la Terra dei Salici"; potremmo esserci aspettati invece *Nan Dathren. Dobbiamo probabilmente assumere che le discrepanze siano semplicemente dovute al fatto che vi erano molte varianti o dialetti del Sindarin; le regole per [definire, N.d.T.] dove la mutazione palatale occorresse differivano alquanto da dialetto a dialetto. (Vorrei avvisare le persone che scrivono in Sindarin di sorvolare sugli aggettivi leniti in tale posizione, però, dacché questa sembra essere la regola principale.)
              Quando un vocabolo è usato come il secondo elemento di un composto, spesso subisce modifiche simili agli effetti della mutazione palatale. Tolkien affermò (nelle Lettere:279) che "le iniziali dei vocaboli nella composizione" sono lenite (egli adoperò l'esempio Gil-galad, che rappresenta *Gil-calad "Luce di Stella" [tradotto "Stella di Radianza", N.d.T.]; cfr. il non lenito calad "luce" in UT:65 - un'altra spiegazione dell'elemento galad è data in PM:347, peraltro). In RGEO:73, Tolkien menziona "la modifica S[indarin] della mediale t > d": nell'inno ad Elbereth abbiamo palan-díriel per *palan-tíriel "lungi-vedendo" (confrontare il verbo tir- "osservare, vedere, guardare").
              Altri esempi includono composti come Calenhad "Spazio Verde" (calen "verde" + sad "punto, luogo", UT:425), Elvellyn "Amici degli Elfi" (El = forma ridotta del vocabolo per "Elfo" + mellyn "amici", WJ:412) oppure Nindalf "Fascia Umida" (un composto di nîn "umido" e talf "campo pianeggiante", vedere A Tolkien Compass p. 195). I profani hanno talvolta presunto che un nome come Gildor significasse "Stella-terra", sc. che l'elemento finale è lo stesso dei nomi di contrada come Gondor, Mordor etc., ma "Stella-terra" sembra uno strano nome per una persona. L'elemento finale di Gildor è effettivamente taur "re, maestro", mescolato con un identico aggettivo che indica "elevato, nobile". In Gildor, t diviene d per lenizione, e il non accentato au diviene o. Il nome è meglio interpretato "Signore della Stella".
              L'avverbio negativo avo, che è utilizzato con un imperativo ad esprimere un comando negativo, causa mutazione blanda del seguente verbo: caro! "fa(llo)!", ma avo garo! "non far(lo)!" Avo può anche essere ridotto ad un prefisso av-, ancora seguito dalla medesima mutazione: avgaro significa lo stesso di avo garo. Vedere WJ:371.
              Un sostantivo è lenito anche se appare come l'oggetto di un verbo, pure se non vi è articolo che lo precede. Perciò, il Sindarin ha per così dire un "accusativo". Osservare una proposizione dalla Lettera Reale: ennas aníra i aran...suilannad mhellyn în, "là il re desidera... salutare i suoi amici", mhellyn essendo la forma lenita di mellyn "amici" (ed una compitazione variante di vellyn come in Elvellyn "Amici degli Elfi" sopra). Il vocabolo "amici" è lenito come l'oggetto del verbo "salutare". Ci si domanda se la carenza di lenizione fosse la ragione del perché Gandalf fraintese l'iscrizione sul Cancello di Moria: Pedo mellon a minno, "dì 'amico' ed entra" [chissà quale sia la misteriosa ragione per cui nell'edizione pubblicata di SdA l'iscrizione è tradotta al plurale, "dite 'amici' ed entrare", N.d.T.]. Gandalf, come ricordiamo, a tutta prima pensò che significasse "dì, amico, ed entra". Normalmente, mellon dovrebbe presumibilmente essere stato lenito come l'oggetto di pedo "parlare" (*pedo vellon), ma coloro che realizzarono l'iscrizione avevano evidentemente ignorato le normali regole di lenizione e dato il vocabolo mellon esattamente nella forma che aveva ad essere espressa per aprire i portoni. (Naturalmente, non sappiamo esattamente come il meccanismo "magico" o para-tecnologico dietro i portali operasse, ma deve essere stato qualche sorta di intelligenza artificiale rispondente alla sequenza di suoni M-E-L-L-O-N soltanto.) Forse fu a causa di ciò che Gandalf dapprima non comprese che mellon era l'oggetto di pedo "dire, parlare" e lo prese invece come un vocativo: "Parla, o amico!" Può essere che la forma del Sindarin utilizzata in tale iscrizione non adoperasse affatto la lenizione della m in mh/v, ma effettivamente vi è una variante dell'iscrizione sul Cancello di Moria ove le tengwar sembrano recitare pedo mhellon invece di pedo mellon. (Vedere J. R. R. Tolkien: Artist & Illustrator, p. 158.)
              Tempo addietro fu pensato che la congiunzione a "ed" causasse mutazione palatale (una visuale che fu anche riflessa in alcune delle primissime versioni di tale articolo). Ciò fu a causa della frase Daur a Berhael "Frodo e Samvise" in SdA3/VI cap. 4: correttamente si osservò che Berhael "Samvise" sia una forma lenita di Perhael ed avventatamente si concluse che fosse la precedente congiunzione a che causasse la mutazione. Tuttavia, l'iscrizione sul Cancello di Moria ha a minno, non **a vinno, per "ed entra". Dacché mellon "amico" non lenisce in vellon nella medesima iscrizione, si potrebbe pensare che l'iscrizione è in una forma del Sindarin che non usa la lenizione m > v. Comunque, come menzionato sopra, una forma alternativa dell'iscrizione ricorre in J. R. R. Tolkien: Artist & Illustrator p. 158. In tale versione, il vocabolo mellon è lenito (mhellon/vellon) - ma il vocabolo minno che segue la congiunzione tuttora non mostra lenizione, seppellendo una volta per tutte la teoria che a "ed" inneschi la mutazione palatale. Perché, allora, Perhael è lenito? Deve essere preso in considerazione il contesto. L'intera proposizione fa: Daur a Berhael, Conin en Annûn, eglerio! Secondo le Lettere:308, ciò significa "Frodo e Sam, principi dell'ovest, glorificate(li)!" Non vi è effettivamente alcun pronome finale "li" nella proposizione Sindarin, come indicato dalle parentesi. L'oggetto del verbo eglerio "glorificare" è naturalmente "Frodo e Sam", ed essendo oggetti, tali nomi sono leniti. La proposizione è semplicemente una forma riarrangiata di *eglerio Daur a Berhael, Conin en Annûn "glorificate Frodo e Sam, Eroi dell'Occidente". Perciò, non è soltanto il nome Perhael che è lenito (in Berhael); dobbiamo assumere che anche Daur sia una forma lenita, la versione immutata essendo Taur. (Secondo LR:389 s.v. , TA3, il "Noldorin"/Sindarin aveva un antico aggettivo taur "elevato, nobile", usato in "antichi titoli"; ciò dovrebbe essere un appropriato epiteto onorifico per Frodo.) - Come l'esempio Daur a Berhael, Conin en Annûn "Frodo e Sam, eroi dell'Ovest" indica, la lenizione non è trasportata attraverso un'intera frase quando l'ultima parte si trova meramente in apposizione alla prima. I termini principali, Taur e Perhael, sono leniti - ma la frase Conin en Annûn "eroi dell'Ovest", che si trova meramente in apposizione a Daur a Berhael, non lo è (perciò non "Gonin en Annûn" invece). Cfr. anche un esempio come i Cherdir Perhael, Condir "il Mastro Samvise, Sindaco" dalla Lettera Reale: Herdir "mastro" è lenito a causa dell'articolo che lo precede (effettivamente dovrebbe essere stato lenito pure senza l'articolo, dacché tale frase è anche l'oggetto di un verbo), ma qui, il nome Perhael "Samvise" ed il suo titolo Condir non sono soggetti a mutazione palatale, dacché essi si trovano in apposizione a Herdir (perciò non "i Cherdir Berhael, Gondir"). Così la regola è che quando diversi vocaboli si trovano in apposizione, soltanto il primo d'essi subisce mutazione (e ciò probabilmente vale per tutte le mutazioni).

    NOTA: Tolkien rivisitò le regole di lenizione ripetutamente. Una regola obsoleta può essere menzionata. Come notato sopra, il genitivo può essere espresso dal solo ordine dei vocaboli in Sindarin: Ennyn Durin Aran Moria, "Porte (di) Durin Signore (di) Moria". Secondo una regola che Tolkien più tardi rigettò, il secondo sostantivo di una tale costruzione è lenito. Pertanto, la prima stesura dell'iscrizione sul Cancello di Moria aveva la lezione Ennyn Dhurin Aran Voria, con Durin e Moria leniti. Comparare alcune frasi genitive dalle Etimologie, LR:369: Ar Vanwë, Ar Velegol, Ar Uiar per "Giorno di Manwë", "Giorno di Belegol (Aulë)", "Giorno di Guiar (Ulmo)" (b ed m che leniscono da v e g a zero). Dopo la revisione, le forme dovrebbero presumibilmente essere invece *Ar Manwë, *Ar Belegol, *Ar Guiar.

    II. MUTAZIONE NASALE

    Mentre ciò può suonare come qualcosa tratto da un film orrorifico (o tratto da Pinocchio), effettivamente si riferisce ad un altro importante fenomeno in fonologia Sindarin. Così come l'articolo i per il singolare "il" innesca mutazione palatale, l'articolo in per il plurale "i" innesca mutazione nasale: Tolkien esplicitamente dichiara che "la mutazione nasale... appare dopo l'articolo plurale in: thîw, i Pheriannath" (Lettere:427 - sembra che Humphrey Carpenter nella cura editoriale di tale lettera ritenne che "in" qui fosse la preposizione inglese piuttosto che l'articolo Sindarin in, dacché non usa corsivi!) Altre particelle che innescano mutazione nasale sarebbero la preposizione e prefisso an "per, a" e la preposizione dan "contro", anche utilizzata come un prefisso "re-".
              Gli esempi che Tolkien adoperò nelle Lettere:427 citati sopra, thîw ed i Pheriannath, vengono dall'iscrizione sul Cancello di Moria e dal plauso che i Portatori dell'Anello ricevettero al campo di Cormallen. Nella prima abbiamo i thiw hin per "questi segni", letteralmente "i segni questi". (L'accorciamento di thîw in thiw probabilmente ha qualcosa a che fare con il seguente hin "questi" e non ha di che essere considerato qui.) Frodo e Sam furono encomiati con le parole aglar 'ni Pheriannath, "gloria agli halfling" ('ni essendo breve per an i "a-gli"). Ma perché l'articolo i è apparentemente usato in congiunzione con queste parole plurali, quando abbiamo già stabilito che il vocabolo per il plurale "i" è invece in? Un'altra anomalia sembra essere che "lettere" ed "halfling" inaspettatamente appaiono come thîw (thiw) e Pheriannath invece di tîw e Periannath, sebbene tali termini siano attestati in SdA stesso (Appendice B, la cronologia della the Terza Era, voce 1050: "I Periannath vengono per la prima volta menzionati in alcuni documenti..." - mentre nell'Appendice E il riferimento è rivolto a "il Tengwar o Tîw, da me tradotto in 'lettere' "). Ambedue tali problemi sono risolti quando prendiamo in considerazione gli effetti della mutazione nasale: I thîw ed i Pheriannath effettivamente rappresentano in tîw, in Periannath. La Lettera Reale ha a Pherhael per "a Perhael (Samvise)"; ciò rappresenta an "per" + Perhael. Se volessimo dire in cirth = "le rune", ciò dovrebbe manifestarsi come i chirth. In termini di fonologia diacronica, tale intero fenomeno è facilmente spiegato. In Antico Sindarin, p, t, k (c) che seguono una n divengono aspirate, volgendo in un aspirato ph, th, kh. Confrontare un termine Antico Sindarin come thintha- "svanire" (LR:392 s.v. THIN), che indubitabilmente rappresenta pure l'antico *thintâ- con la comune desinenza verbale -. Perciò abbiamo anche in tîw > i thîw (th qui essendo l'aspirata t piuttosto che una spirante þ). Posteriormente, le aspirate volsero in spiranti e la precedente nasale fu assimilata ad esse, in effetti scomparendo (in þîw > iþ þîw, i þîw, normalmente compitato i thîw in lettere Romane).
              Le mutazioni nasali delle occlusive afone p, t, c sono pertanto ph, th, ch. I gruppi iniziali cl, cr, tr, pr probabilmente si comportano nella medesima maniera delle semplici occlusive quando la mutazione nasale è debita (così se combiniamo vocaboli come claur "splendore", crûm "mano sinistra", trenarn "conto", prestanneth "affezione" con la preposizione an "a, per", potremmo vedere a chlaur, a chrûm, a threnarn, a phrestanneth).
              Le occlusive foniche b, d, g si comportano differentemente quando soggette a mutazione nasale. Esse non volgono in spiranti come le occlusive afone. È stata, comunque, fatta una qual confusione riguardante il loro comportamento. Le primissime versioni di tale articolo presentavano la visuale per cui n + b, d, g producono mb, nd, ng. Vi è un piccolo dubbio che questo fosse invero ciò che Tolkien immaginò ad uno stadio. Questo è evidente dall'esempio Cerch iMbelain "Falce dei Valar" in LR:365 s.v. KIRIK, chiaramente cerch "falce" + in articolo plurale "(de)i" + Belain "Valar". Comunque, un tardo esempio indica che Tolkien abbandonò tale sistema "Noldorin" in Sindarin. In WJ:185, abbiamo Taur-i-Melegyrn per "Foresta dei Grandi Alberi". Ciò è chiaramente taur "foresta" + in articolo plurale "(de)i" + beleg "grandi" + yrn "alberi". (Il vocabolo beleg è elencato nell'Appendice del Silmarillion, ivi glossato "possente".) Qui, n + b è visto produrre m; dallo stesso sistema, "Falce dei Valar" dovrebbe naturalmente essere Cerch i Melain (non, come prima, Mbelain). Per analogia, siamo a concludere che n + d produce la semplice n, mentre n + g risulta come ng (un suono unitario come nell'inglese sing, talvolta compitato ñ da Tolkien, non questo suono unitario seguito da una distinta g, come nell'inglese finger):
    in pl. "gli" + Dúredhil "Elfi Scuri" = i Núredhil "gli Elfi Scuri"
    in pl. "gli" + gelaidh "alberi" = i ngelaidh (sc. i ñelaidh) "gli alberi"
    in pl. "le" + beraid "torri" = i meraid "le torri"
    Teoricamente, abbiamo qui consonanti lunghe oppure doppie (innúredhil, iññelaidh, immeraid), sebbene ciò sia a malapena riflesso nella pronuncia. Ma nel caso delle preposizioni an "a, per" e dan "contro", che innescano simili mutazioni, dovrebbe essere in armonia con i principi generali di Tolkien marcare questo nella compitazione (sebbene difettiamo di esempi esattamente paralleli):
    an + Dúredhel "Elfo Scuro" = an Núredhel (piuttosto che semplicemente a Núr...) "per un Elfo Scuro"
    an + galadh "albero" = an Ngaladh "per un albero" (compitazione Romana provvisoria di añ Ñaladh, l'equivalente del quale dovrebbe probabilmente apparire in scrittura Tengwar)
    an + barad "torre" = am marad "per una torre"
    È desiderabile tenere la preposizione an chiaramente separata dalla congiunzione a "e"; confusione potrebbe sorgere se semplicemente scrivessimo a Núredhel, a marad (il primo dei quali potrebbe essere mal interpretaro "ed un Profondo-elfo").

    Prima di alcuni gruppi di consonanti che iniziano in occlusive foniche, tali come dr, gl, gr, gw, può sembrare che nessuna particolare mutazione occorra. In SdA Appendice A, abbiamo Haudh in Gwanûr per "Tumulo dei Gemelli" (non **Haudh i Ngwanûr); cfr. anche Bar-in-Gwael "Dimora dei Gabbiani" (?) in WJ:418 (non **Bar-i-Ngwael). Così combinando an, dan, in con vocaboli come draug "lupo", glân "frontiera", grond "club" oppure gwêdh "vincolo" può produrre semplicemente dan draug "contro un lupo", dan glân "contro una frontiera", dan grond "contro un club", dan gwêdh "contro un vincolo" (plurali definiti in droeg "i lupi", in glain "le frontierw", in grynd "i club", in gwîdh "i vincoli"). Comparare Tawar-in-Drúedain per "Foresta dei Drúedain (Uomini Selvaggi)" in UT:319; l'iniziale dr non è modificato da alcuna visibile mutazione nasale, sebbene esso segua l'articolo plurale in "(de)i". Cfr. anche l'esclamazione gurth an Glamhoth "morte a(lla) orda assordante (= Orchi)" in UT:39, 54, che fornisce un esempio attestato di an "a" seguita da un vocabolo in gl-. È, tuttavia, probabile che la n finale di dan, an, in dovrebbe essere pronunciata "ng" (ñ) prima di vocaboli che iniziano in un gruppo in g-, e forse anche così scritta in ortografia Tengwar.
              I gruppi bl, br possono divenire ml, mr quando soggetti a mutazione nasale, e.g. an "per" + brôg = a mrôg (oppure am mrôg) "per un orso", plurale definito i mrýg "gli orsi". Non abbiamo esempi, ma i principi generali possono suggerire ciò.
              Prima della m, la preposizione an "a, per" appare come am; la Lettera Reale ha am Meril per "a Meril [Rosa]". Dan "contro" dovrebbe sicuramente divenire dam nella medesima posizione (dam Meril "contro Meril"). L'articolo plurale in appare come i quando seguto dalla m; WJ:418 ha Bar-i-Mýl per "Dimora dei Gabbiani" (modificato da Tolkien da Bar-in-Mýl con la n intatta). Cfr. anche una frase come Gwaith-i-Mírdain "Popolo dei Fabbricanti di Gioielli", che chiaramente rappresenta ...in Mírdain. Prima di vocaboli in n, dovremmo di nuovo vedere in ridotto a i (cfr. i Negyth per in Negyth "i Nani", WJ:338). Le preposizioni an, dan dovrebbero essere invariate.
              Prima della s, in è nuovamente ridotto ad i, come in Echad i Sedryn "Campo dei Fedeli" (UT:153). Le preposizioni an "a, per" e dan "contro" possono apparire come as, das prima della s- (e.g. as Silevril "per un Silmaril").
              Nessun esempio mostra cosa fa la mutazione nasale all'iniziale r-. Nel Sindarin della Terza Era almeno, n + r produceva dhr (come in Caradhras = caran "rosso" + ras(s) "corno"). Così forse, diciamo, "contro un corno", dan + rass, dovrebbe produrre dadh rass??? Il plurale definito idh rais "i corni", per in rais? Ma nel Sindarin della Prima Era, o almeno nel dialetto Doriathrin, potremmo vedere semplicemente dan rass, in rais (confrontare il nome della spada di Thingol Aranrúth "Ira del Re" ["Collera del Re" nell'edizione italiana del Silmarillion, N.d.T.], che indica che la modifica nr > dhr non era ancora occorsa ai suoi giorni).
              Prima della l, la finale nasale dell'articolo plurale in scompare. Confrontare Dantilais come un nome dell'Autunno in PM:135; questo è trasparentemente Dant i Lais "Caduta delle Foglie" (per Dant in Lais) scritto in un vocabolo come uno pseudo-composto. Le preposizioni an, dan possono apparire come al, dal prima di un termine in l-.
              Il comportamento delle afone L ed R, sc. lh, rh, può soltanto essere opera di fantasia. An "per" + lhûg "drago" oppure rhavan "uomo selvaggio" possono produrre al 'lûg "per un dragone", adh 'ravan "per un uomo selvaggio" (oppure, con in = plurale "i, gli", i 'lýg per il 'lýg "i draghi", ma idh 'revain "gli uomini selvaggi"). La ' dovrebbe indicare la perdita di una consonante, la s dei gruppi originali sl-, sr- che fornirono lh-, rh-. Vedere sotto Mutazione Mista in basso riguardo all'attestato (?) esempio e-'Rach.
              La mutazione nasale volge la h in ch, come in Narn i Chîn Húrin "Racconto dei Figli di Húrin", i Chîn rappresentando in Hîn (confrontare hên "fanciullo", pl. hîn). Dovrebbe essere notato che la forma Narn i Hîn Húrin ricorrente in UT è erronea. In LR:322, Christopher Tolkien confessa: "Narn i Chîn Húrin... è così compitato in tutte le occorrenze, ma fu impropriamente modificato da me in Narn i Hîn Húrin (in quanto non volevo che Chîn fosse pronunciato come il moderno inglese chin)." (Cfr. MR:373.) Prima della h > ch, le preposizioni an, dan possono semplicemente essere compitate a, da (a chên "per un fanciullo", da chên "contro un fanciullo" - anche ach chên, dach chên sarebbe una possibilità, ma nessun termine immutato Sindarin inizia in ch, così non vi può essere confusione con a hên "ed un fanciullo").
              La mutazione nasale di hw può seguire il medesimo (ipotetico) modello di lh, rh, e.g. an "per" + hwest "brezza" > a 'west "per una brezza".
              I suoni th, f sembrano immuni ad ogni sorta di mutazioni. In pl. "il" + thynd "radici" dovrebbe probabilmente apparire semplicemente come i thynd; nel caso di an "per" e dan "contro" potremmo vedere ath thond "per una radice", dath thond "contro una radice", oppure si potrebbe semplicemente scrivere a thond (e rischiare confusione con "ed una radice"), da thond. Parimenti in > i prima della f (cfr. i-Fennyr per in-Fennyr in LR:387 s.v. SPAN). An, dan potrebbe risultare come af, daf prima della f; in tal caso, la finale f dovrebbe effettivamente essere pronunciata [f] piuttosto che [v], a dispetto delle normali convenzioni ortografiche di Tolkien. Comparare il suo uso di ef come una forma assimilata di ed "fuori da" prima di vocaboli in f-; vedere la sezione sulla Mutazione Mista sotto.

    III. MUTAZIONE MISTA

    "Mutazione mista" non è un termine coniato da Tolkien; non sappiamo com'egli la chiamasse. Nel materiale pubblicato, a tale mutazione non ci si riferisce mai esplicitamente; meramente osserviamo i suoi effetti in alcuni testi. Talvolta essa è simile alla mutazione palatale, talvolta alla mutazione nasale, e storicamente entrambe le mutazioni sono probabilmente coinvolte - perciò tale mutazione può essere denominata "mista" (ma talvolta essa differisce sia dalla blanda che dalla mutazione nasale!)

    Non meno di tre esempi di mutazione mista si trovano in una proposizione nella Lettera Reale: erin dolothen Ethuil, egor ben genediad Drannail erin Gwirith edwen "nell'ottavo [giorno] di Primavera, o nel Calendario della Contea il secondo [giorno] d'Aprile". Qui abbiamo tre esempi di preposizioni che incorporano l'articolo determinativo nella forma obliqua -(i)n: due volte erin "nello" (or "in" + in "il" > con umlaut örin > tardo erin), più ben, qui tradotto "nel", ma più letteralmente "secondo il" (be "secondo" chiaramente essendo l'affine del Quenya ve "come"; perciò ben genediad Drannail "secondo il Calendario della Contea"). Altre preposizioni che incorporano l'articolo nella forma -in oppure -n, tali come nan "al", uin "dal, del" e con ogni possibilità 'nin "a/per il", dovrebbero essere seguite dalle stesse mutazioni (almeno al singolare - al plurale possiamo vedere invece la mutazione nasale, cfr. 'ni Pheriannath "agli halfling", per 'nin [= an in] Periannath). Ma di quale specie di mutazioni stiamo parlando?
              A causa della -n potremmo aspettarci qualcosa di simile alla mutazione nasale, ma la proposizione dalla Lettera Reale mostra che non è questo il caso. Considerare le frasi erin dolothen "nell'ottavo", ben genediad "secondo il computo" ["Calendario" nelle traduzioni italiane pubblicate, N.d.T.], erin Gwirith edwen "di Aprile il secondo" (letteralmente "nell'Aprile secondo"). La forma immutata di dolothen "ottavo" è chiaramente tolothen (confrontare toloth "otto", LR:394 s.v. TOL1-OTH/OT). Finora non vediamo mutazione nasale (**eri[n] tholothen), ma piuttosto uno scostamento t > d che è simile alla mutazione blanda. Ma la mutazione blanda dovrebbe anche lenire la g a zero. Pure così, genediad "computo" e Gwirith "Aprile" non sono affetti quando preceduti da ben, erin. (Sappiamo che le forme immutate dovrebbero anche mostrare g-; per genediad comparare il verbo gonod- "computare" in LR:378 s.v. NOT, mentre il nome di mese Gwirith è menzionato in SdA Appendice D.) Non vediamo qui **erin 'enediad, **erin 'Wirith con regolare mutazione palatale.
              L'articolo genitivale singolare e, en "del" è visto innescare simili mutazioni. Considerare alcuni dei nomi di vari racconti elencati in MR:373. In Narn e·Dinúviel, "Racconto dell'Usignolo", vediamo la medesima "mutazione palatale" t > d come in erin dolothen per erin tolothen (poiché la forma immutata di Dinúviel è naturalmente il ben noto epiteto di Lúthien Tinúviel). Ma di nuovo vediamo che nessuna mutazione palatale siffatta affligge le esplosive foniche come b, d, g (cfr. Gwirith, genediad che rimangono invariati): MR:373 elenca anche Narn e·Dant Gondolin, "Racconto della Caduta di Gondolin", ove dant "caduta" non subisce mutazione (sappiamo che anche la forma immutata è dant; confrontare Dantilais per *"Caduta delle Foglie = Autunno" in PM:135; la radice è DAT, DANT "cadere giù", LR:354). Non vediamo **e·Dhant con mutazione blanda.
              L'origine di tali "contraddittorie" mutazioni evidentemente ha a che fare con la mutazione blanda e nasale operanti in differenti stadi nell'evoluzione del Sindarin. Non abbisognamo qui d'entrare nei grovigli fonologici, ma piuttosto semplicemente di esporre i loro effetti fino a che essi possono essere ricostruiti - poiché in larga misura, abbiamo di che fare affidamento su ricostruzioni.

    I meglio attestati effetti della mutazione mista possono essere inferiti dagli esempi dati sopra. Le esplosive afone p, t, c sono sonorizzate in b, d, g (pân "asse", caw "sommità", tâl "piede" > e-bân "dell'asse", e-gaw "della sommità", e-dâl "del piede", e parimenti erin bân, erin gaw, erin dâl per "sull'asse/sommità/piede"). Le esplosive foniche b, d, g sono invariate (benn "uomo", daw "buio", gass "buco" > e-benn "dell'uomo", e-daw "del buio", e-gass "del buco", e parimenti erin benn "sull'uomo" etc.) È a malapena necessario far rilevare che vi è qualche opportunità di confusione qui, dacché la distinzione fonemica tra esplosive afone e foniche è neutralizzata in tale posizione. Soltanto il contesto può dirci se, diciamo, e-gost significa "dell'alterco [cost]" oppure "dello spavento [gost]".

    Prima del gruppo iniziale tr-, dovremmo probabilmente vedere la forma piena dell'articolo genitivale (en), ed il gruppo tr stesso dovrebbe mutare in dr, e.g. trenarn "racconto" > en-drenarn "del racconto". L'originale dr, come in draug "lupo", dovrebbe comportarsi allo stesso modo, ma qui non vi è naturalmente nessuna visibile mutazione (en-draug "del lupo"). I gruppi pr e br possono ambedue risultare come mr, e l'articolo prende la forma breve e-: prestanneth "affezione" > e-mrestanneth "dell'affezione", brôg "orso" > e-mrôg "dell'orso". Il gruppo bl può parimenti divenire ml-, come in blabed "sbattimento di vele" > e-mlabed "dello sbattimento di vele". Qui la mutazione mista è simile alla mutazione nasale. I gruppi cl- e cr- dovrebbero comportarsi più come tr-, essendo fonici (in gl-, gr-), ma dovremmo vedere soltanto la forma breve dell'articolo prima di essi: claur "splendore" > e-glaur "dello splendore", crist "mannaia" (spada) > e-grist "della mannaia". D'altra parte, la lunga forma en- è usata prima di gl-, gr-, gw-, e tali gruppi non subiscono modifica: gloss "neve" > en-gloss "della neve" (confrontare Methed-en-glad "Fine del Bosco" in UT:153), grond "club" > en-grond "del club", gwath "ombra" > en-gwath "dell'ombra".

    Prima di vocaboli in f-, l'esempio Taur-en-Faroth sembrerebbe indicare che l'articolo appare nella sua forma piena en- (per tale esempio, vedere l'Appendice del Silmarillion, voce faroth - Taur-en-Faroth non sembra indicare precisamente "Colli dei Cacciatori", peraltro). È assai incerto come i vocaboli in h-, l-, m-, th- dovrebbero comportarsi; con ogni possibilità l'articolo genitivale dovrebbe prendere la forma breve e-, e la consonante iniziale non dovrebbe subire modifiche: e-hên "del fanciullo", e-lam "della lingua", e-mellon "dell'amico", e-thond "della radice". Forse dovremmo anche avere la corta e- prima di vocaboli in s-, ma tale consonante probabilmente diverrebbe h-: salph "zuppa" > e-halph "della zuppa". Prima della n- abbiamo il lungo en-; confrontare un nome come Haudh-en-Nirnaeth "Tumulo di Lacrime", occorrente nel Silmarillion. Prima della r- l'articolo genitivale può prendere la forma edh- a causa della dissimilazione nr > dhr, e.g. edh-rem "della rete", ma anche en-rem può essere permissibile, almeno in Sindarin Doriathrin.

    Ciò lascia soltanto tre suoni iniziali di cui dar conto: tutti loro discendevano da gruppi in in s-, vale a dire lh, rh, hw dai primitivi sl-, sr-, sw-. Qual effetto ha la mutazione sulle afone L, R, W? Abbiamo una possibile attestazione di una tale mutazione: la frase Narn e·'Rach Morgoth "Racconto della Maledizione di Morgoth" in MR:373. Tale esempio indica che 'rach è quello in cui il vocabolo per "maledizione" volge quando soggetto alla mutazione mista. Sfortunatamente, tale termine non è altrimenti attestato, così non sappiamo per certo quale dovrebbe essere la forma immutata. È generalmente stato assunto che questa sia una forma lenita di *grach. Ma se così, analoghi esempi suggeriscono che "della maledizione" dovrebbe essere *en-grach. Può essere, quindi, che la forma immutata sia effettivamente *rhach, primitivo *srakk-, lo ' di e·'rach marcando la perdita di tale s (e/o la perdita del suo effetto sulla forma immutata, nella quale la s, sebbene non più presente come un distinto suono, ha reso la seguente r afona: rh). Se ciò è corretto, dovremmo aspettarci che la mutazione mista abbia un simile effetto su lh, hw, e.g. lhûg "dragone" > e-'lûg "del dragone", hwest "brezza" > e-'west "della brezza".

    Le preposizioni che incorporano l'articolo come -n oppure -in dovrebbero innescare mutazioni simili a quelle giusto descritte per l'articolo genitivale en-, ma non vi è apparentemente nessuna variazione tra forme ove la n è inclusa e forme "corte" ov'essa è omessa, equiparando la variazione en/e: una n che rappresenti l'articolo è sempre presente. (Contrasta con erin dolothen ed e·Dant; non vediamo **eri·dolothen che equivale a e·Dant oppure **en Dant che equivale a erin dolothen.)

    IV. MUTAZIONE OCCLUSIVA

    Il termine "mutazione occlusiva" non ricorre negli scritti pubblicati di Tolkien sul Sindarin, ma un riferimento a tale mutazione (di tal nome) occorre in una delle prime voci del "Lessico Gnomico" del 1917 (vedere Parma Eldalamberon #11). In materiale più tardo, vi è un breve riferimento a quella che potrebbe anche essere denominata mutazione occlusiva. In WJ:366, leggiamo: "Come le mutazioni seguenti la preposizione o ['da, di'] mostrano, essa doveva preistoricamente terminare in -t oppure -d." Sfortunatamente, il Professore non ci disse nulla di più circa tali mutazioni. I nostri pochi esempi di o occorrenti in testi effettivi sembrerebbero indicare che nulla accade ad una m o ad una g che seguono tale preposizione (o menel "dai cieli" ed o galadhremmin ennorath "dai paesaggi intessuti di alberi della Terra di Mezzo" nell'inno ad Elbereth, + o Minas Tirith "da Minas Tirith" nella Lettera Reale), e la o ha tale forma anche prima delle vocali (o Imladris "da/di Rivendell" in RGEO:70, in scrittura Tengwar; cfr. anche Celebrimbor o Eregion "Celebrimbor dell'Agrifogliere" nell'iscrizione sul Cancello di Moria). Tolkien annotò ulteriormente riguardo allo sviluppo della primitiva preposizione et "fuori, fuori da" in Sindarin: "[Essa] mantiene la sua consonante nella forma ed prima delle vocali, ma la perde prima delle consonanti, sebbene es, ef, eth spesso si trovino prima di s, f, th." Useremo ed per illustrare le mutazioni causate dall'occclusiva finale, fin quando esse possono essere ricostruite. In mancanza di esempi, la maggior parte di ciò che segue deve rimanere ipotetica estrapolazione.

    Prima d'una vocale, Tolkien ci informa che vediamo la forma di base ed (e.g. ed Annûn "fuori da[ll']Ovest"). Ma prima delle consonanti, ed appare come e, ma la consonante che segue dovrebbe spesso mutare. Se possiamo fidarci della nostra comprensione dell'evoluzione fonologica del Sindarin, le occlusive afone t-, p-, c- dovrebbero volgere nelle spiranti th-, ph-, ch- (i gruppi tr-, pr-, cl-, cr- parimenti divengono thr-, phr-, chl-, chr-):

    pân "tavola" > e phân "fuori da una tavola"
    caw "vetta" > e chaw "fuori da una vetta"
    taur "foresta" > e thaur "fuori da una foresta"
    claur "splendore" > e chlaur "fuori da uno splendore"
    criss "crepaccio" > e chriss "fuori da un crepaccio"
    prestanneth "affezione" > e phrestanneth "fuori da un'affezione"
    trenarn "racconto" > e threnarn "fuori da un racconto"
    D'altra parte, le esplosive foniche b-, d-, g- (che ricorre da sola o nei gruppi bl-, br-, dr-, gl-, gr-, gw-) non dovrebbero subire cambiamenti: confrontare o galadhremmin ennorath "dai paesaggi intessuti di alberi della Terra di Mezzo" nell'inno a Elbereth; il vocabolo galadh "albero" è invariato.
    barad "torre" > e barad "fuori da una torre"
    daw "buio" > e daw "fuori dal buio"
    gass "foro" > e gass "fuori da un foro"
    bronwe "tolleranza" > e bronwe "fuori tolleranza"
    blabed "sbattimento di vele" > e blabed "fuori da uno sbattimento di vele"
    dring "martello" > e dring "fuori da un martello"
    gloss "neve" > e gloss "fuori dalla neve"
    groth "cava" > e groth "fuori da una cava"
    gwath "ombra" > e gwath "fuori da un'ombra"
    Il sistema qui tratteggiato si rifersce alle "normali" b, d, g; osservare che dove tali suoni vengono dai primitivi mb, nd, ñg, esse si comportano differentemente. Vedere "Lo sviluppo delle occlusive nasalizzate" sotto.

    Vocaboli in m- ed n- non dovrebbero cambiare, nondimeno:

    môr "tenebra" > e môr "fuori della tenebra"
    nath "tela" > e nath "fuori da una tela"

    Ma h- e hw- possono divenire ch- e w-, rispettivamente:

    haust "letto" > e chaust "fuori da un letto"
    hwest "brezza" > e west "fuori da una brezza"
    Come per la forma di ed prima di s-, f-, th-, si è detto che "es, ef, eth si trovano spesso" (WJ:367) prima di tali consonanti:
    sarch "fossa" > es sarch "fuori da una fossa"
    falch "ravina" > ef falch "fuori da una ravina"
    thôl "timone" > eth thôl "fuori da un timone"
    Comunque, l'enunciazione di Tolkien "spesso trovate" piuttosto che "sempre trovate" indica che e sarch, e falch, e thôl dovrebbero essere egualmente permissibili. La preposizione ned *"in", che probabilmente si comporta come ed "fuori da", non dovrebbe probabilmente essere nef (ma piuttosto ne) prima di un vocabolo in f-, dacché la compitazione nef causerebbe confusione con la distinta preposizione nef "da questa parte di". (Non vi sarebbe confusione se non fosse stato per l'idea di Tolkien che la finale [v] sia da compitare f nella sua ortografia Romana per il Sindarin; nef "da questa parte di" è pronunciato [nev], ma nef come una forma di ned dovrebbe essere pronunciato [nef]. Ef, nef come forme di ed, ned dovrebbero rigorosamente parlando essere state compitate eph, neph secondo il sistema ortografico di Tolkien, dacché sono pronunciate [ef], [nef] - ma in WJ:367, Tolkien stesso usa la compitazione "ef"!)

    Le liquide afone lh, rh possono comportarsi come abbiamo assunto che esse facciano sotto l'influenza della mutazione blanda: volgere in thl-, thr-. (Deve essere evidenziato che questa è speculazione e nel migliore dei casi una ipotesi condizionale, che vale per molti dei possibili effetti della mutazione occlusiva presentati qui. Di tutte le forme non attestate, solamente il comportamento delle occlusive afone è relativamente certo.)

    lhewig "orecchio" > e thlewig "fuori da un orecchio"
    Rhûn "Est" > e Thrûn "fuori da(ll')Est"
    Come per le normali, foniche l, r, i principi generali di fonologia Sindarin (fino a che essi possono essere ricostruiti) possono suggerire che "fuori da" dovrebbe qui apparire nella sua forma piena ed, a dispetto dell'affermazione di Tolkien in WJ:367 che l'occlusiva finale è persa prima delle consonanti:
    lach "fiamma" > ed lach (e lach?) "fuori da una fiamma"
    rond "cava" > ed rond (e rond?) "fuori da una cava"
    Questo ricopre sperabilmente le mutazioni causate da ed "fuori da"; ned *"in" dovrebbe comportarsi nella medesima maniera. La preposizione o "da, di" causa le stesse mutazioni, ma qui la preposizione stessa non modifica la sua forma (nessuna variazione corrispondente a ed/e). Tolkien notò, comunque, che o occasionalmente appare nella forma od prima di vocali (WJ:367). Come menzionato sopra, Tolkien stesso utilizza o Eregion "dell'Agrifogliere" nell'iscrizione sul Cancello di Moria e o Imladris per "da/di Gran Burrone" in RGEO:70 (in scrittura Tengwar). Od Eregion e od Imladris dovrebbero apparentemente essere stati plausibili, ma non necessari. Comunque, Tolkien notò che od era più usuale prima della o- che prima di altre vocali, così (diciamo) "da/di un Orco" dovrebbe forse essere reso od Orch piuttosto che o Orch ad evitare due identiche vocali in iato.

    V. MUTAZIONE LIQUIDA

    Tale mutazione rappresenta un balzo di fede. Non è menzionata, non vi si allude né si esemplifica direttamente da alcuna parte nel materiale pubblicato; per ora la nostra generale comprensione della fonologia Sindarin sembra pretenderla. Se Tolkien si attenesse alle sue proprie regole (talvolta lo fa), ha di che esservi una mutazione liquida.

    Sappiamo che seguendo le liquide l, r, il Sindarin a un certo punto modificò le esplosive in spiranti (UT:265, nota a piè pagina); confrontare il Telerin alpa "cigno" col Sindarin alph, oppure il Quenya urco "Orco" col Sindarin orch. Ciò non accade solamente in vocaboli unitari. Il prefisso or- "sopra", chiaramente separabile, è visto causare una simile modifica nel verbo ortheri "padrone, conquistatore", letteralmente *"sopra-potere" (LR:395, ove la radice è data come TUR "potere, controllo"). Non vi è motivo di dubitare che or, anche quando appaia come un'indipendente preposizione "su, sopra", dovrebbe innescare simili modifiche nel vocabolo che segue: le occlusive divengono spiranti.

    pân "tavola" > or phân "sopra una tavola"
    caw "vetta" > or chaw "sopra una vetta"
    tâl "piede" > or thâl "sopra un piede"
    benn "uomo" > or venn "sopra un uomo"
    doron "quercia" > or dhoron "sopra una quercia"
    G originariamente volse in una spirante gh, ma tale suono più tardi scomparve (marcato da ' ove esso un tempo ricorreva):
    galadh "albero" > or 'aladh "sopra un albero" (arcaico or ghaladh)
    Non importa nulla se l'occlusiva iniziale occorra da sé o come parte di un gruppo; essa dovrebbe ancora volgere in una spirante sotto l'influenza della mutazione liquida (tr- > thr-, pr- > phr, cl- > chl-, cr- > chr-, dr- > dhr-, bl- > vl-, br- > vr-, gl- > 'l, gr- > 'r, gw- > 'w).

    La m, come la b, dovrebbe probabilmente volgere in v quando soggetta a mutazione liquida. Tale modifica è vista in vocaboli unitari; cfr. il primitivo *gormê (Quenya ormë) "premura" che fornisce il Sindarin gorf (LR:359 s.v. GOR; gorf è naturalmente proprio il modo di Tolkien di compitare gorv, dacché la finale [v] è rappresentata dalla lettera f). Perciò:

    mîr "gioiello" > or vîr "sopra un gioiello" (arcaico or mhîr, ove mh = v nasalizzata)
    H- e hw- sono probabilmente potenziate in ch-, chw-, sotto l'influenza della mutazione liquida:
    habad "riva" > or chabad "sopra una riva"
    hwand "fungo" > or chwand "sopra un fungo"
    Per la modifica h > ch, confrontare un vocabolo come hall "alto" che diviene -chal quando or- è prefisso a produrre un vocabolo per "superiore, elevato, eminente" - orchal che letteralmente significa sopra-alto, super-alto. ("Orchel" in LR:363 s.v. KHAL2 è un travisamento; comparare WJ:305.)

    Le liquide afone lh, rh possono divenire 'l, 'r, come presumemmo essere il caso della mutazione nasale e mista:

    lhûg "dragone" > or 'lûg "sopra un dragone"
    Rhûn "Est" > or 'Rûn "sopra (l')Est"
    Le liquide foniche r, l non dovrebbero essre affette dalla mutazione liquida:
    rem "rete" > or rem "sopra una rete"
    lam "lingua" > or lam "sopra una lingua"
    Le spiranti afone f, th, la nasale n e la sibilante s non dovrebbero essere affette, nondimeno:
    fend "soglia" > or fend "sopra una soglia"
    thond "radice" > or thond "sopra una radice"
    nath "tela" > or nath "sopra una tela"
    sirith "torrente" > or sirith "sopra un torrente"

    CASI SPECIALI: Lo sviluppo delle occlusive nasalizzate

    Esiste una subcategoria di vocaboli in b-, d-, g- che necessitano d'essere osservati, e che devono essere memorizzati separatamente. Nei vocaboli in questione, b-, d-, g- non vengono da b-, d-, g- nel primitivo linguaggio. Invece, esse erano originariamente occlusive nasalizzate mb-, nd-, ñg- (ñ rappresentando il suono di ng come nell'inglese sing, e ñg essendo pertanto pronunciato come "ng" nell'inglese finger, con una distinta, udibile g). In Sindarin, non potete dire prontamente se la consonante iniziale in un vocabolo come Golodh "Noldo" sia una "normale" g, sc. che fosse g da sempre, oppure se essa rappresenta l'iniziale ñg-. Ma è importante sapere questo, poiché quando le mutazioni sono dovute, un termine che originariamente iniziava in un'occlusiva nasalizzata si comporta alquanto differentemente da un vocabolo che aveva una semplice occlusiva dall'inizio. Per esempio, se la prima consonante di Golodh fosse stata una "normale" g, prefissando l'articolo i dovrebbe aver prodotto i 'Olodh per "il Noldo" - la g essendo lenita a zero a causa della mutazione palatale innescata dall'articolo. Cfr. un esempio citato sopra, nella sezione sulla mutazione palatale: galadh "albero" > i 'aladh "l'albero" (LR:298). Ma la g di galadh era una semplice g anche nel primitivo linguaggio (ove il vocabolo appariva come galadâ). La g di Golodh, d'altra parte, era originariamente ñg; il termine discende dal primitivo ñgolodô. Quando si prefigge l'articolo e mediante ciò si innesca mutazione blanda, la forma risultante not è effettivamente i 'Olodh, ma i Ngolodh.

    Già nel primevo linguaggio "Gnomico" di Tolkien (ca. 1917), troviamo l'idea che le originali occlusive nasalizzate si comportino in un modo speciale in posizione di mutazione. Nella Grammatica Gnomica del 1917 (pubblicata insieme al Lessico Gnomico in Parma Eldalamberon #11), il principio descritto è che le originali occlusive nasalizzate fossero preservate quando l'articolo è prefisso. Perciò abbiamo per esempio balrog "demone, balrog" > i mbalrog "il demone", dôr "terra" > i ndôr "la terra", Golda "Gnomo, Noldo" > i Ngolda "lo Gnomo". Tale sistema è ancora valido in Sindarin? In WJ:383, in un saggio che data ca. al 1960, Tolkien indicò che il termine Sindarin per Noldo era "Golodh (Ngolodh)". Così il vocabolo Golodh talvolta appare invece come Ngolodh. Nel saggio in questione, Tolkien non chiarifica dove la forma Ngolodh dovrebbe essere usata, ma la variazione Golodh/Ngolodh sembrava corrispondere allo Gnomico Golda/Ngolda. Antecedenti versioni di tale articolo pertanto presentavano la visuale per cui la mutazione blanda di b, d, g, dove tali suoni erano nasalizzati nel primitivo linguaggio, è mb, nd, e ng - le originali occlusive nasalizzate essendo ripristinate, o piuttosto preservate, in tale posizione.

    Tuttavia, un'occhiata più da presso alla fonologia Sindarin sembra indicare che fosse incauto concludere che il sistema "Gnomico" fosse ancora valido nel tardo Grigio-elfico (e dimostra che il materiale iniziale di Tolkien deve essere trattato con considerevole scetticismo se si vuole apprendere l'Elfico in stile SdA, a dispetto di certe rivendicazioni effettuate dagli editori che la pubblicazione della Grammatica e Lessico Gnomico getterebbero più luce sul Sindarin). La mutazione palatale corrisponde a come certe consonanti o gruppi di consonanti si sviluppano tra due vocali. Essa è innescata, tra le altre cose, dal prefisso negativo ú-. Così se lo si prefissa ad un verbo come bartha- "fato", derivato dalla radice MBARAT, che se ne ottiene? Il vocabolo correlato úmarth "avverso-fato", ove occorre il medesimo prefisso (sebbene con l'ombra di un differente significato), punta inequivocabilmente a *ú-martha per "non destina". La mutazione palatale di b, ove essa rappresenta il primitivo mb, è pertanto m. La mutazione palatale della d derivata dal primitivo nd dovrebbe quindi essere n. Ciò corrisponde ampiamente allo sviluppo dei mb, nd medialmente, ov'essi divengono m(m), n(n) - e.g. amar "terra" come l'affine del Quenya ambar, oppure annon "cancello" corrispondente al Quenya andon. Che dire, quindi, circa la forma attestata Ngolodh - apparentemente la mutazione palatale di Golodh? Non è l'originale gruppo iniziale del primitivo ngolodô qui preservato, così come in Gnomico? Probabilmente no; siamo meramente stati confusi da una sfortunata deficienza dell'alfabeto inglese, l'assenza di una singola lettera per il suono che spesso è compitato ng, come in sing, thing. Come già menzionato, Tolkien talvolta denotava tale suono come ñ. Tale singolo, unitario suono ñ deve essere distinto da ñ + g, che è ciò che la compitazione ng denota in finger. Sembra che nel Sindarin Ngolodh, l'iniziale ng sia da pronunciarsi come in sing, sc. semplice ñ senza una udibile g - laddove nello Gnomico Ngolda, la compitazione ng indica un reale gruppo, pronunciato come nell'inglese finger. Perciò, la mutazione prodotta della g dal primitivo ñg non è realmente la stessa in Sindarin e Gnomico dopotutto, ed anche il trattamento di b, d da mb, nd differisce.

    bâr "terra, patria" (radice MBAR) > i mâr "la terra, la patria" (non i mbâr come affermato in antecedenti versioni di tale articolo)
    dôl "capo" (primevo ndolo) > i nôl "il capo" (non i ndôl)
    Golodh "Noldo" (primitivo ngolodô) > i Ngolodh "il Noldo" (sc. i Ñolodh, non i Ñgolodh con un reale gruppo di consonanti)
    Effettivi gruppi, oppure occlusive nasalizzate, sorgono quando la mutazione nasale è dovuta. Il plurale di bâr "terra, patria", bair, occorre nella Lettera Reale (SD:129), combinato con l'articolo plurale in, e tale combinazione è vista produrre i Mbair "le terre". Così quando in = plurale "i" occorre prima della b oppure della d che rappresentano mb, nd, la finale n della particella è dismessa, ma l'originale occlusiva nasalizzata riappare. Nel caso delle altre particelle che innescano mutazione nasale, vale a dire an "per" e dan "contro", può essere conveniente lasciar rimanere la nasale finale della particella nella compitazione; per esempio, "per una terra" (an + bâr) può essere rappresentato come am mbâr (an divenendo am prima della m-), e parimenti dam mbâr "contro una terra" (dan + bâr). Similmente an ndôl "per un capo" e dan ndôl "contro un capo" (an/dan + dôl).
              Quanto alla mutazione nasale della g dal primitivo ng, ciò dovrebbe per lo stesso principio essere ng; così se si vuol dire "per un Noldo" (an + Golodh), dovremmo aspettarci an Ngolodh (effettivamente añ Ñgolodh, con ñg come ng nell'inglese finger, con una g udibile). Tale ortografia, comunque, creerebbe un problema. Anche la forma nasalmente mutata della normale g (derivata dalla primitiva g, non ng) è compitata ng (e.g. an + galadh = an ngaladh [sc. añ ñaladh] "per un albero"). Sorreggendo la distinzione tra ñ e ñg non v'è problema in scrittura Tengwar, ma quando si utilizza il nostro normale alfabeto per scrivere in Sindarin, abbiamo ad usare speciali soluzioni. Il plurale Gelydh, quando combinato con l'articolo in, potrebbe aver prodotto i Ngelydh (sc. i(ñ) Ñgelydh - la corrispondente ortografia dovrebbe essere utilizzata in scrittura Tengwar). Ma presumibilmente per rendere chiaro che la pronuncia designata è invero i Ñgelydh e non i Ñelydh, Tolkien adoperò invece la compitazione in Gelydh (cfr. nomi di luogo come Annon-in-Gelydh "Porta dei Noldor" menzionato nel Silmarillion). In tal modo - tenendo la n e la g chiaramente separate quando la pronuncia designata è ñg piuttosto che ñ - la distinzione può essere sorretta. Così anche "per un Noldo" oppure "contro un Noldo" dovrebbero semplicemente essere an Golodh, dan Golodh (come se non vi fosse affatto mutazione - ma dovrebbe essere realizzato che le compitazioni proprie o ideali dovrebbero essere a(ñ) Ñgolodh e da(ñ) Ñgolodh, e che la corrispondente ortografia dovrebbe essere utilizzata in scrittura Tengwar). Quando in, dan oppure an precedono un vocabolo in g-, rammentare che la finale n è pronunciata ng come in sing.

    NOTA: È interessante osservare le differenti mutazioni che influenzano il plurale collettivo gaurhoth = "mannari" oppure "orda di mannari". Gaur "mannaro" viene da una radice ng- (ÑGAW "ululare", LR:377). Nel caso di un plurale collettivo come gaurhoth, è opzionale se si adopera l'articolo singolare i o l'articolo plurale in. In uno degli incantesimi di fuoco di Gandalf, naur dan i ngaurhoth! *"fuoco contro lo stuolo di mannari!", è utilizzato l'articolo singolare i, causando mutazione palatale: i ngaurhoth = i ñaurhoth. Ma nel Silmarillion, troviamo il nome di luogo Tol-in-Gaurhoth "Isola dei Lupi Mannari", ove l'articolo plurale in è usato a fronte del medesimo plurale collettivo. L'ortografia Romana in-Gaurhoth qui rappresenta i Ñgaurhoth con mutazione nasale innescata dalla nasale finale di in, esattamente parallela a in-Gelydh = i Ñgelydh "i Noldor".

    Quanto alla mutazione mista di b, d, g da mb, nd, ng, l'esempio Narn e·mbar Hador *"Racconto della casa di Hador" indica che essa è simile alla mutazione nasale, mbar "casa" esemplificando la mutazione mista di bar (bâr) "casa, patria, terra" (radice MBAR "risiedere, abitare", sebbene tale termine non sia elencato in Etim, LR:372). Perciò b, d, g nuovamente "regredisce" all'originale mb, nd, ng, e così come abbiamo e-mbar per "della casa", dovremmo vedere per esempio e-ndôl "del capo", en-Golodh "del Noldo" (compitazione Romana provvisoria di e-Ñgolodh). Ma anche ortografie come en-ndôl possono essere permissibili; comparare un nome come Haudh-en-Ndengin "Colle di Massacro" ['Tumulo di Massacro' nell'edizione italiana, N.d.T.] occorrente nel Silmarillion.
              Quando l'articolo appare come -n oppure -in direttamente suffisso ad una preposizione, come in nan "al" (na "a" + -n "il"), questa finale -n non sembra esseree assimilata in alcun modo (almeno ciò non è riflesso pure in scrittura Tengwar):

    nan "alla" + bâr "casa" = nan mbâr "alla casa"
    nan "al" + dôl "capo" = nan ndôl "al capo"
    nan "al" + Golodh "Noldo" = nan Golodh (provvisoria e non interamente soddisfacente compitazione Romana per nan Ñgolodh) "al Noldo"
    La mutazione occlusiva seguente preposizioni come o "da/di", ed "fuori da" e ned "in" dovrebbe produrre forme simili alla mutazione mista sopra. Le preposizioni ed, ned dovrebbero apparire nelle forme brevi e, ne (ma e ñg-, ne ñg- sfortunatamente devono essere rappresentate come en g-, nen g- in compitazione Romana; morfologicamente parlando, la nasale non ha nulla a che fare con [la posizione, N.d.T.] ove l'ortografia ci forza a piazzarla):
    bâr "casa" > e mbâr "fuori da una casa"
    dôr "terra" > e ndôr "fuori da una terra"
    gorth "orrore" > en gorth "fuori dall'orrore" (compitazione Romana provvisoria per quello che è propriamente e ñgorth - da non confondersi con en-gorth "d'orrore")
    La mutazione liquida probabilmente causata dalla preposizione or "oltre, sopra, su" non dovrebbe avere nessun apparente effetto su b-, d-, g- che discendono dalle primitive occlusive nasalizzate (mentre le "normali" b-, d-, g- volgono nelle spiranti v-, dh-, '-):
    bâr "casa" > or bâr "sopra una casa"
    dôr "terra" > or dôr "sopra una terra"
    Golodh "Noldor" > or Golodh "sopra un Noldo"
    I vocaboli coinvolti: I vocaboli con le iniziali b, d, g che rappresentano primitive occlusive nasalizzate devono essere memorizzati, e tenteremo di elencare la maggior parte di essi. Come un esempio di una effettiva mutazione utilizzeremo la lenizione (mutazione palatale); le altre mutazioni sono descritte sopra. Dove il vocabolo in questione è un verbo e non un sostantivo, elenco la forma che dovrebbe avere seguendo la particella i quando usato come un pronome relativo ("chi, che") piuttosto che come l'articolo "il"; dacché questo è meramente un uso secondario dell'articolo determinativo (trovato anche in tedesco), le seguenti mutazioni sono le medesime. Così da bartho "destinare" abbiamo per esempio i martha "che destina" oppure "[colui che] destina" (verbi con infiniti in -o che formano i loro tempi presenti in -a; vedere la sezione sui verbi sotto). Al plurale, l'articolo plurale in è utilizzato come un pronome relativo, innescando mutazione nasale (perciò "morto che vive" è gyrth i chuinar = ...in cuinar), così "che destina" o "[colui che] destina" deve essere i mbarthar.

    1: Mutazione della B dal primitivo MB

    I vocaboli "traffico" derivati dalla primitiva radice MBAKH:

    bachor "venditore ambulante" > i mbachor "l'ambulante"
    bach "articolo (per scambio)" > i mbach "l'articolo"
    La coppia "sventura" da MBARAT:
    barad "destinato" > i mbarad "il destinato" (contrasta con l'omofono barad "torre" > i varad "la torre")
    bartho- "condannare" > i mbartha "[uno che] condanna"
    La coppia "pane" da MBAS:
    bast "pane" > i mbast "il pane"
    basgorn "pagnotta" > i mbasgorn "la pagnotta"
    Il gruppo "costrizione" da MBAD e MBAW:

    bann (band) "sequestro, prigione" > i mbann (i mband) "la prigione"
    baug "tirannesco, crudele, oppressivo" > i mbaug "il tiranno"
    bauglo "opprimere" > i mbaugla "[uno che] opprime"
    bauglir "tiranno, oppressore" > i mbauglir "il tiranno"
    baur "bisogno" > i mbaur "il bisogno"

    Il gruppo "festivo" da MBER:

    bereth "festa, festival" > i mbereth "la festa" (ma mereth > i vereth può essere più usuale, cfr. Mereth Aderthad, non *Bereth Aderthad, per "Festa di Riunione" ['Festa di Riconciliazione' nell'edizione italiana, N.d.T.] nel Silmarillion)
    beren "festivo, gaio, gioioso" > i mberen "il festivaliero [sic, N.d.T.]" (contrasta con l'omofono beren "ardito" > i veren "l'ardito" - ma dacché Tolkien evidentemente adottò mereth invece di bereth come il vocabolo per "festa", dovremmo probabilmente leggere meren invece di beren come il vocabolo per "festoso")

    E la miscellanea:

    bar "patria, terra" > i mbar "la patria" (radice MBAR, ma tale vocabolo non è dato in Etim)
    both "pozza, piccolo stagno" > i mboth "la pozza" (MBOTH)
    bunn (bund) "muso, naso, capo" > i mbunn (i mbund) "il muso" (MBUD)

    2: Mutazione della D dal primitivo ND

    Il gruppo "che uccide" da NDAK:

    daen "cadavere" > i ndaen "il cadavere"
    dangen "ucciso" > i ndangen "l'ucciso (uno)"
    dagor (più antico dagr) "battaglia" > i ndagor (i ndagr) "la battaglia"
    daug "(Orco) guerriero" > i ndaug "il guerriero"
    Il gruppo "martellante" da NDAM:
    dam "martello" > i ndam "il martello"
    damma- "martellare" come verbo ("damna" in LR:375 deve essere un travisamento) > i namma "(colui che) martella"

    La coppia "capo" da NDOL:

    dôl "capo" > i ndol "il capo" dolt "bitorzolo tondo, bozzo" > i ndolt "il bitorzolo tondo"
    (Questi possono essere alquanto incerti; David Salo argomenta che dôl si comporta come un normale vocabolo in D, perciò *i dhol. Comparare il nome del monte Fanuidhol.)

    E la miscellanea:

    dûn "ovest" > i ndun "l'ovest" (NDÛ)
    Dân "Elfo Nandorin" > i Ndan "L'Elfo Nandorin" (NDAN)
    dangweth "risposta" > i nangweth "la risposta" (dacché la forma primitiva del vocabolo è data come ndangwetha in PM:395; evidentemente il primo elemento è da equipararsi alla radice NDAN)
    daer "sposo" > i naer "lo sposo" (NDER; la forma "Noldorin" doer deve essere emendata in daer in Sindarin.)
    dess "giovane donna" > i ndess "la giovane donna" (NDIS)
    dôr "terra" > i ndor "la terra" (NDOR)
    dortho "restare" > i ndortha "(uno che) resta" (NDOR)
    doll "oscuro" > i ndoll "l'oscuro" (NDUL)
    3: Mutazione of G from primitive ÑG

    La coppia "arpeggio" da ÑGAN:

    gannel "arpa" > i ngannel "l'arpa"
    ganno "suonare un'arpa" > i nganna "(uno che) suona un'arpa"

    Il gruppo "lupo" da ÑGAR(A)M e ÑGAW:

    garaf "lupo" > i ngaraf "il lupo"
    gaur "mannaro" > i ngaur "il mannaro" (cfr. i ngaurhoth in uno degli incantesimi di fuoco di Gandalf).
    gawad "ululato" > i ngawad "l'ululato"
    Il gruppo "saggio" da ÑGOL:
    golu "tradizione" > i ngolu "la tradizione" (il vocabolo "Noldorin" golw deve divenire golu in Sindarin)
    golwen "saggio" > i ngolwen "il saggio (uno)"
    goll "saggio" > i ngoll "il saggio (uno)"
    gollor "mago" > i ngollor "il mago"
    Golodh "Noldo" > i Ngolodh "il Noldo"
    gûl "magia" > i ngul "la magia"
    Golovir "Silmaril, gioiello Noldo" > i Ngolovir "il Silmaril"

    ed infine i vocaboli per "morte" ed "orrore":

    gûr "morte" > i ngur "la morte" (anche guruth, i nguruth) (ÑGUR)
    goroth "orrore" > i ngoroth "l'orrore" (ÑGOROTH)

    SOMMARIO

    Elenceremo tutte le mutazioni attestate e supposte in formato tabellare. Nella prima colonna, elenchiamo tutte le consonanti e gruppi di consonanti iniziali Sindarin alfabeticamente, nella loro forma "Base" = immutata. La mutazione palatale è esemplificata dall'articolo i = singolare "il". A rendere le cose più complicate del necessario, vi sono due colonne per la mutazione nasale. Le mutazioni come tali sono esattamente le stesse, ma nella prima colonna ("Nasale I") gli esempi dati coinvolgono l'articolo plurale in, il quale è ridotto ad i nella maggior parte dei casi. Tuttavia, nel caso delle preposizioni an "a, per" e dan "contro" è in molti casi preferibile (ed in armonia con l'attestato esempio am Meril "a Meril/Rosa") utilizzare varianti assimilate delle preposizioni invece di ridurle semplicemente a a, da in compitazione, sebbene ciò accada in taluni contesti (cfr. a Pherhael "a Perhael/Samvise" nella medesima fonte che fornisce am Meril). La colonna "Nasale II" suggerisce varie forme di an. La mutazione mista è esemplificata dall'articolo genitivale en- "del", la mutazione occlusiva dalla preposizione ed "fuori da", e la mutazione liquida dalla preposizione or "sopra, su". (Prima di un vocabolo che inizia in una vocale, che non può essere mutata in alcuna maniera, tutte queste particelle dovrebbero apparire nelle loro forme piene, proprio come citato: i ael "lo stagno", in aelin "gli stagni", an ael "per uno stagno", en-ael "di uno stagno", ed ael "fuori da uno stagno", or ael "sopra uno stagno".)

    Base

    Blanda

    Nasale I

    Nasale II

    Mista

    Occlusiva

    Liquida

    b...

    i v...

    i m...

    am m...

    e-b...

    e b...

    or v...

    bl...

    i vl...

    i ml...

    a ml...

    e-ml...

    e bl... 

    or vl... 

    br...

    i vr...

    i mr...

    a mr...

    e-mr...

    e br... 

    or vr... 

    c...

    i g....

    i ch...

    a ch...

    e-g...

    e ch...

    or ch...

    cl...

    i gl...

    i chl...

    a chl...

    e-gl...

    e chl...

    or chl...

    cr...

    i gr...

    i chr...

    a chr...

    e-gr...

    e chr...

    or chr...

    d...

    i dh....

    i n...

    an n...

    e-d...

    e d...

    or dh...

    dr...

    i dhr...

    in dr...

    an dr...

    en-dr...

    e dr...

    or dhr...

    f...

    i f...

    i f...

    af f...

    en-f...

    ef f...

    or f...

    g...

    i '....

    i ng...

    an ng...

    e-g...

    e g...

    or '...

    gl...

    i 'l...

    in gl...

    an gl...

    en-gl...

    e gl...

    or 'l...

    gr...

    i 'r...

    in gr...

    an gr...

    en-gr...

    e gr...

    or 'r...

    gw...

    i 'w....

    in gw...

    an gw...

    en-gw...

    e gw...

    or 'w...

    h...

    i ch...

    i ch...

    a ch...

    e-h...

    e ch...

    or ch...

    hw...

    i chw...

    i 'w...

    a 'w...

    e-'w...

    e w...

    or chw...

    l...

    i l....

    i l...

    al l...

    e-l...

    ed l...

    or l...

    lh...

    i thl...

    i 'l...

    al 'l...

    e-'l...

    e thl...

    or 'l...

    m...

    i v...

    i m...

    am m...

    e-m...

    e m...

    or v...

    n...

    i n....

    i n...

    an n...

    en-n...

    e n...

    or n...

    p...

    i b...

    i ph...

    a ph...

    e-b...

    e ph...

    or ph...

    pr...

    i br...

    i phr...

    a phr...

    e-mr...

    e phr...

    or phr...

    r...

    i r....

    idh r...

    adh r...

    edh-r...

    ed r...

    or r...

    rh...

    i thr...

    idh 'r...

    adh 'r...

    e-'r...

    e thr...

    or 'r...

    s...

    i h...

    i s...

    as s...

    e-h...

    es s...

    or s...

    t...

    i d....

    i th...

    a th...

    e-d...

    e th...

    or th...

    th...

    i th...

    i th...

    ath th...

    e-th...

    eth th...

    or th...

    tr...

    i dr...

    i thr...

    a thr...

    en-dr...

    e thr...

    or thr...

    Casi speciali: b, d, g derivate dalle primitive occlusive nasalizzate mb, nd, ñg:

    Base

    Blanda

    Nasale I

    Nasale II

    Mista

    Occlusiva

    Liquida

    b...

    i m...

    i mb...

    am mb...

    e-mb...

    e mb...

    or b...

    d...

    i n...

    i nd...

    an nd...

    e-nd...

    e nd... 

    or d... 

    g...

    i ng...

    in g...

    an g...

    en-g...

    en g... 

    or g... 

    Le mutazioni miste descritte sopra seguono il sistema visto in frasi tali come e-mbar Hador "della casa di Hador" (MR:373) e con ogni possibilità Taur e-Ndaedelos "Foresta della Grande Paura" (menzionata in SdA Appendice F come un nome Sindarin di Bosco Atro). Bar-en-Danwedh "Casa di Riscatto", un nome menzionato nel Silmarillion e che chiaramente incorpora un discendente della radice NDAN, dovrebbe compitarsi invece Bar-e-Ndanwedh. Forse Tolkien pensò che ciò sembrasse alquanto rozzo ed adoperò una compitazione più palatabile per i suoi lettori. La forma piena dell'articolo en "del" è vista in un altro nome dal Silmarillion, Haudh-en-Ndengin "Colle di Massacro". Qui, un discendente della radice NDAK è presente, e l'iniziale nd è ripristinato seguendo en "del". Secondo il sistema abbozzato sopra, ciò dovrebbe compitarsi invece Haudh-e-Ndengin (cfr. Taur e-Ndaedelos), mentre basandoci sull'esempio Bar-en-Danwedh, dovremmo scrivere Haudh-en-Dengin. Non abbiamo bisogno d'esser angustiati da ciò. Se il Sindarin fosse stato un effettivo linguaggio parlato in un'era "medievale", proprio come Tolkien immaginò, vi è ogni ragione di credere che tali incongruenze in compitazione dovrebbero essere alquanto comuni - i vari scribi usando i loro più o meno "privati" sistemi, non essendovi autorità centrale o accademia linguistica che potesse stabilire un'ortografia standardizzata.

    È a malapena necessario reiterare che il sistema esposto sopra varia da forme certe, attestate ad assai interlocutorie speculazioni ed assolute congetture, con diverse sfumature di più o meno plausibili interpolazioni tra tali estremi. Come tale sistema può sembrare complesso, può ancora essere supersemplificato. Alcuni punti possono essere commentati:

              1) Thr, thl come le mutazioni palatali di rh, lh sono foneticamente suoni, ma rimangono speculativi. In un nome menzionato nel Silmarillion, Talath Rhúnen "Valle Est", o letteralmente e con ordine dei vocaboli Sindarin "Piana Orientale", l'aggettivo rhúnen "orientale" non è lenito in alcun modo, sebbene aggettivi in tale posizione usualmente lo siano. Non dovrebbe essere errato, quindi, lasciare che aggettivi in lh-, rh- rimangano invariati quando si situano in apposizione ad un sostantivo. Per analogia, neppure dovrebbe essere un gran peccato lasciare che sostantivi in lh-, rh- rimangano invariati quando si situano come l'oggetto di un verbo, sebbene gli "accusativi" siano normalmente leniti. Quando un vocabolo funziona come il secondo elemento di un composto, la consonante iniziale usualmente subisce modifiche comparabili alla mutazione palatale, ma lh, rh sembrano divenire l, r in tale posizione. Confrontare Rhûn "Est" con -rûn nel più lungo vocabolo Amrûn dal significato similare. Se thr, thl occorrono come mutazioni di lh, rh, possono più tipicamente apparire seguendo particelle che terminano in una vocale, tali come l'articolo determinativo i o la preposizione na "a".
              2) Elenchiamo m, n, ng come la mutazione palatale di b, d, g che rappresentano i primitivi mb, nd, ñg, ma in alcuni casi sembrerebbe che tali suoni si comportino come le "normali" b, d, g, così che le varianti lenite sono v, dh, e zero, rispettivamente. Un esempio "Noldorin" è Nann Orothvor "Valle del Nero Orrore" (LR:355 s.v. DUN), ove orothvor ("orrore-nero") è una forma lenita di gorothvor, il primo elemento goroth "orrore" rappresentando la radice ÑGOROTH dal significato simile (LR:377). È rimarchevole che pure la g che rappresenta il primitivo ñg lenisca a zero in Orothvor. In Sindarin come opposto al "Noldorin", un sostantivo in posizione genitiva non dovrebbe essere lenito, così dovremmo vedere Nan(n) Gorothvor senz'alcuna mutazione. Ma in Sindarin, la lenizione occorre in posizioni comparabili, come quando un aggettivo in apposizione (che segue il sostantivo) subisce mutazione palatale. Siamo lasciati a domandarci se un aggettivo come goll "saggio" (< radice ÑGOL) apparirebbe come 'oll oppure ngoll in tale posizione; può darsi che entrambe siano permissibili. Sopra, abbiamo elencato nôl come la forma lenita di dôl "capo" (< radice NDOL), ma nel nome del monte Fanuidhol "Vettanubi" (trovato in SdA stesso e pertanto decisamente Sindarin piuttosto che "Noldorin"), è vista la lenizione d > dh. Sarebbe quindi permissibile usare i dhôl piuttosto che i nôl per "il capo"? Tolkien aveva deciso che la radice fosse DOL, non NDOL come è stato nelle Etimologie (LR:376)?
              3) La lenizione m > v è talvolta ignorata. Contrapporre un nome come Eryn Vorn "Bosco Scuro" (UT:436, 262, cfr. morn "scuto") con Ered Mithrin "Montagne Grigie" sulla Mappa in SdA, oppure Imloth Melui in SdA3/V cap. 8 - non tradotto ma che evidentemente significa "Leggiadra Valle Fiorita". Alla luce dell'esempio Eryn Vorn, dobbiamo presumere che *Imloth Velui ed *Ered Vithrin dovrebbero essere stati egualmente possibili - e per converso, se possiamo avere Imloth Melui ed Ered Mithrin, possiamo presumibilmente avere pure *Eryn Morn. Sopra annotiamo che si deve fare affidamento al contesto per distinguere le varianti lenite di due aggettivi come bell "forte" e mell "caro"; e.g. decidere se i vess vell significhi "la donna forte" oppure "la cara donna". Ma se la lenizione m > v è ignorata, possiamo avere la non ambigua frase i vess mell per quest'ultimo significato.

    4. GLI AGGETTIVI

    Tipiche desinenze aggettivali sono -eb, -en ed -ui: aglareb "glorioso" (< aglar "gloria"), brassen "bianco-incandescente" (< brass "calor bianco"), uanui "mostruoso, orribile" (< úan "mostro") (AKLA-R, BAN, BARÁS). Comunque, molti aggettivi non hanno speciali desinenze, e la forma del vocabolo come tale talvolta appartiene a più di una parte dell'idioma [evidentemente nel senso di categoria grammaticale, N.d.T.]. Morn "oscuro" può essere sia aggettivo che sostantivo, così come la sua glossa inglese ['dark', N.d.T.].

    Gli aggettivi si accordano con i loro sostantivi nel numero [vale a dire nella forma singolare/plurale, come già esplicitato in altri articoli, N.d.T.]. Sembra che gli aggettivi formino i loro plurali seguendo modelli simili ai sostantivi plurali, e.g. malen "giallo", pl. melin (SMAL). Notare che la consonante iniziale di aggettivi che seguono il sostantivo che descrivono è lenita (vedere sopra).

    In PM:358, Aran Einior è tradotto "il Re Anziano". Einior è il nostro solo esempio della forma comparativa dell'aggettivo; la forma non inflessa è iaur (vista nel nome Iant Iaur "Vecchio Ponte"). Il prefisso ein- sembra essere correlato al prefisso superlativo Quenya an-. Il prefisso può non avere la forma ein- prefissa ad alcun aggettivo; sembra avere umlaut dalla seguente i.

    Avviene così che possiamo avere anche la forma superlativa di iaur "antico"; durante il Consiglio di Elrond, il nome Sindarin di Tom Bombadil fu dato come Iarwain, che significa "il Più Anziano". La desinenza -wain sembrerebbe essere il suffisso superlativo. Perché non *Iorwain, con la normale monottonghizazione au > o? (David Salo risponde, "perché state guardando al diretto discendente di una forma come *Yarwanya (forse, non sono sicuro dell'esatta forma dell'elemento finale) nella quale la vocale era in una sillaba chiusa." Non mi sento più saggio di prima, ma non sono così profondamente addentro alla fonologia Eldarin come lo è David.)

    5. VERBI

    "Il sistema verbale Sindarin non è completamente compreso - proprio l'opposto." Così iniziava la sezione sui Verbi nel mio originale articolo sul Sindarin, e questo è in larga misura ancora vero. Tuttavia, ho avuto poi l'opportunità di rendermi edotto delle interpretazioni e teorie di David Salo riguardanti il verbo Sindarin, e quel che segue deve parecchio alla sua opera. Le teorie di David sembrano creare una grandissima impressione [non saprei cos'altro possa intendere "a great deal of sense" in un contesto del genere, N.d.T.]. Deve purtuttavia essere realizzato che abbiamo disperatamente pchi esempi per procedere, e che molte conclusioni devono rimanere interlocutorie a tale stadio. Per essere sicuri, centinaia di verbi sono elencati nelle Etimologie, ma abbiamo così poco testo Sindarin effettivo che non possiamo sempre essere sicuri di come tali verbi abbiano ad essere coniugati. In Etim stesse, Tolkien elenca talvolta poche forme inflesse di un verbo accanto alla forma elementare, ma le sue note sono estremamente dense, e spesso non è neppure reso chiaro che cosa le forme inflesse sono intese a significare. Ma se proviamo a generalizzare dai nostri pochi esempi, tenendo in conto ogni cosa che pensiamo di conoscere circa la fonologia Eldarin, l'evoluzione del Sindarin ed il primitivo sistema verbale come esso può essere inferito dal Quenya, possiamo arrivare a qualcosa di simile al sistema che ci accingiamo ad abbozzare qui. I dettagli possono certamente essere argomentati. Per rendere leggibile questo, salterò per la maggior parte le complesse deduzioni che sottostanno al seguente scenario, ma il lettore è assicurato che le succinte evidenze disponibili sono state integralmente esaminate. Pure, future pubblicazioni possono benissimo fare a pezzetti parti del sistema delineato sotto, ma penso che possiamo essere ragionevolmente sicuri dei profili generali.

    Generale: sembrano esservi due principali categorie di verbi Sindarin. Come in Quenya, possiamo parlare di verbi derivati e verbi elementari. La prima, e più larga, classe consiste di verbi che furono originariamente formati dalla combinazione di una primitiva radice con qualche desinenza, tale come *- (Sindarin -na), *- (Sindarin -ia), *- (Sindarin -da/-tha/-ta/-na, dipendendo dall'ambientazione fonologica), *- (Sindarin -ra) oppure *-â (Sindarin -a). Dacché tutte queste terminano in -a, tale classe può anche essere denominata delle radici in A-. L'altra, più esigua classe consiste di verbi che giungono direttamente da una primitiva radice senza nessun suffisso. Per esempio, nag- "mordere" è semplicemente la nuda radice NAK com'essa appare in Sindarin. Dacché tale categoria di verbi ha radici di tempo presente in -i-, esse possono anche essere definite radici in I.

    Suffissi: in molte forme, i verbi Sindarin (derivati oppure di base) prendono desinenze per numero [genere, N.d.T.] e persona. Il Sindarin, come il Quenya, aggiunge la desinenza -r ai verbi con un soggetto plurale; cfr. la frase gyrth i-chuinar "morto che vive" nelle Lettere:417 (cuinar "vivere, essere vivi", qui incidentalmente nella forma nasalmente mutata chuinar, essendo il plurale di cuina "vive, è vivo"). Altre desinenze denotano varie persone. Le desinenze pronominali note includono -n per "io", -m per "noi" ed apparentemente -ch o -g per "tu". È possibile che la desinenza plurale -r possa denotare "essi" come pure mera pluralità. Il verbo cuina- "vivere" può evidentemente avere forme come cuinon "io vivo" (per *cuinan), cuinam "noi viviamo", cuinach oppure cuinag "tu vivi" e cuinar "essi vivono". La 3a persona singolare non sembra avere alcuna desinenza di per sé: cuina "(egli, ella, esso) vive". La 3a persona singolare può in alcuni casi essere considerata la forma elementare alla quale le varie desinenze sono aggiunte a produrre forme per altre persone e numeri [generi, N.d.T.].

    I. VERBI DERIVATI

    La coniugazione dei verbi derivati (radici in A) sembra essere decisamente elementare, per la maggior parte coinvolgendo semplicemente una serie di suffissi. Evidenze indirette possono suggerire che Tolkien abbia denominato tale classe i verbi "deboli".

  • L'infinito è formato con la desinenza -o, che rimpiazza la desinenza -a [in italiano il verbo è individuato già dall'infinito; si omette pertanto la doppia traduzione, che sarebbe gratuitamente ridondante, N.d.T.]:
    bronia- "tollerare" > bronio
    dagra- "muovere guerra" > dagro
    esta- "chiamare, nominare" > esto
    ertha- "unire" > ertho
    lacha- "fiammeggiare" > lacho
    linna- "cantare" > linno
    harna- "ferire" > harno
  • Il tempo presente (3a persona singolare) è identico alla radice in A stessa [nell'originale inglese si dà anche la traduzione del presente continuo, che non ha corrispondenza nel presente italiano, N.d.T.]:
    bronia- "tollerare" > bronia "tollera"
    dagra- "muovere guerra" > dagra "muove guerra"
    ertha- "unire" > ertha "unisce"
    esta- "nominare" > esta "nomina"
    lacha- "fiammeggiare" > lacha "fiammeggia"
    linna- "cantare" > linna "canta"
    harna- "ferire" > harna "ferisce"
    Le desinenze plurali o pronominali menzionate sopra sono aggiunte a tale forma: broniar "(essi) tollerano", broniam "noi tolleriamo" etc. Osservare che la desinenza -n per "io" causa alla finale -a di divenire invece -o: perciò bronion "io tollero", dagron "io muovo guerra" etc.

  • Il tempo passato (3a persona singolare) di tale classe di verbi è nella maghgior parte dei casi formata col suffisso -nt:
    bronia- "tollerare" > broniant "tollerò"
    dagra- "muovere guerra" > dagrant "mosse guerra"
    esta- "chiamare, nominare" > estant "chiamò, nominò"
    ertha- "unire" > erthant "unì"
    lacha- "fiammeggiare" > lachant "fiammeggiò"
    linna- "cantare" > linnant "cantò"
    harna- "ferire" > harnant "ferì"
    Di nuovo, desinenze plurali o pronominali possono essere aggiunte, così come nel tempo presente. Se così, il suffisso -nt diviene -nne- prima della desinenza che segue:
    broniant "tollerò" > bronianner "essi tollerarono" (anche plurale, e.g. in Edhil bronianner "gli Elfi tollerarono"), broniannen "io tollerai", broniannem "noi tollerammo" etc.
    Per, diciamo, "(essi) cantarono" dovremmo aspettarci linnanner (dacché "cantò" è linnant), ma ogni volta che "la doppia nn" dovrebbe ricorrere, il verbo è probabilmente contratto: "(essi) cantarono" può semplicemente essere linner.

  • Il tempo futuro è formato dall'aggiunta del suffisso -tha alla radice:
    bronia- "tollerare" > broniatha "tollererà"
    dagra- "muovere guerra" > dagratha "muoverà guerra"
    esta- "chiamare, nominare" > estatha "chiamerà, nominerà"
    ertha- "unire" > erthatha "unirà"
    lacha- "fiammeggiare" > lachatha "fiammeggerà"
    linna- "cantare" > linnatha "canterà"
    harna- "ferire" > harnatha "ferirà"
    Di nuovo, desinenze plurali o pronominali possono essere aggiunte, seguendo le medesime regole del tempo presente. Come al presente, la desinenza -n per "io" causa alla finale -a di divenire invece -o: broniathon "io tollererò" (linnathon per "io canterò" è effettivamente attestato in SdA). Altrimenti, la finale -a è invariata: broniatham "noi tollereremo", linnathar "essi canteranno" etc.

  • L'imperativo è formato con la desinenza -o, che rimpiazza la finale -a. In tale classe di verbi, l'imperativo è pertanto identico all'infinito (vedere sopra). L'imperativo in -o ricopre tutte le persone (Lettere:427); perciò la forma è la stessa, non importa se il comando sia diretto ad una persona oppure a diverse persone. Un Elfo gridò daro! "ferma!" all'intera Compagnia quand'essi erano entrati in Lórien; vedere SdA1/II cap. 6. (In Quenya, è opzionale se si vuole rendere una distinzione plurale/singolare all'imperativo; non sappiamo se ciò possa essere fatto al postutto in Sindarin.)

  • Il participio attivo (anche chiamato participio presente) è un aggettivo derivato da un verbo, che descrive la condizione in cui si è quando si compie l'azione denotata dal verbo (se voi cantate, voi siete cantanti; pertanto, cantante è il participio del verbo "cantare"). In Sindarin, il participio attivo dei verbi derivati è formato per mezzo della desinenza -ol, che rimpiazza la finale -a della radice verbale:
    bronia- "tollerare" > broniol "tollerante"
    glavra- "balbettare" > glavrol "balbettante"
    ertha- "unire" > erthol "unente"
    lacha- "fiammeggiare" > lachol "fiammante"
    linna- "cantare" > linnol "cantante"
    harna- "ferire" > harnol "ferente"
    (L'esempio glavrol è attestato, LR:358 s.v. GLAM; cfr. anche chwiniol "vorticante" da chwinio "vorticare", LR:388 s.v. SWIN. In Sindarin maturo, come opposto al "Noldorin" delle Etimologie, dovremmo probabilmente leggere hw- per chw-.) Sembra che i participi aggettivali così derivati non abbiano un'esplicita forma plurale, come molti altri aggettivi.

  • Vi è anche un altro participio attivo, che può essere definito il participio attivo perfettivo. Nel significato è simile al normale participio attivo in -ol descritto sopra, eccetto che esso non descrive lo stato di qualcuno (qualcosa) che sta compiendo l'azione del verbo; esso descrive lo stato di qualcuno che già ha compiuto tale azione. Esso sembra avere la desinenza -iel, che rimpiazza la finale -a della radice (oppure nel caso di verbi in -ia, questa intera desinenza):
    esta- "chiamare, nominare" > estiel "che ha nominato"
    hwinia- "vorticare" > hwíniel "che ha vorticato"
    linna- "cantare" > linniel "che ha cantato"
    Nel caso dei numerosi verbi in -ia, forme parallele suggeriscono che la vocale radicale dovrebbe essere allungata, come in hwíniel da hwinia- sopra. (I verbi siria- "fluire", thilia- "baluginare" e tiria- "osservare" dovrebbero presumibilmente comportarsi allo stesso modo: síriel, thíliel, tíriel.) Comunque, ciò ha conseguenze alquanto complicate. Se osiamo fidarci del sistema fonologico che intravediamo nelle opere di Tolkien, dobbiamo spesso tenere in conto qual era l'originale vocale in tali verbi.

    Ove l'originale, primitivo radicale o radice aveva la vocale A, il participio perfettivo dovrebbe mostrare ó (che rappresenta la lunga á, dacché la primeva lunga á era divenuta ó in Sindarin):

    beria- "proteggere" (radice BAR) > bóriel "che ha protetto"
    gweria- "tradire, ingannare" (radice WAR) > gwóriel "che ha ingannato"
    henia- "comprendere" (radice KHAN) > hóniel "che ha compreso"
    pelia- "stendere" (radice PAL) > póliel "che ha steso"
    penia- "fissare, stabilire" (radice PAN) > póniel "che ha fissato, che ha stabilito"
    renia- "smarrire" (radice RAN) > róniel "che ha smarrito"
    revia- "volare, navigare" (radice RAM) > róviel "che ha volato, che ha navigato"
    telia- "giocare" (radice TYAL) > tóliel "che ha giocato"
    Osservare specialmente egleria- "glorificare" (correlato ad aglar "gloria"), che può avere il participio perfettivo aglóriel "che ha glorificato".

    Ove la radice originale aveva la vocale O oppure U, il participio perfettivo dovrebbe mostrare ú (che rappresenta la lunga ó, dacché l'antecedente lunga ó era divenuta ú in Sindarin):

    delia- "nascondere, celare" (radice DUL) > dúliel "che ha nascosto, che ha celato"
    elia- "piovere" (radice ULU) > úliel "che ha piovuto"
    eria- "elevare" (radice ORO) > úriel "che ha elevato"
    heria- "iniziare improvvisamente" (radice KHOR) > húriel "che ha improvvisamente iniziato"
    (In arcaico Sindarin, era più facile tenere tale categoria separata da quella sopra, dacché tali verbi anteriormente mostravano ö invece di e: dölia- etc. Dopo che la ö divenne e, tali verbi devono essere memorizzati.) Il verbo bronia- "tollerare" (radice BORÓN-) dovrebbe parimenti dare brúniel "che ha tollerato". Invero è un mistero il perché bronia- non appaia come *brenia-, arcaico *brönia-; in tutti i casi comparabili, la desinenza -ia causa umlaut (cfr. per esempio delia-, più antico dölia-, da *duljâ- oppure il più tardo *dolja-).

    Altri verbi derivati che non quelli in -ia possono mostrare semplice umlaut quando la desinenza -iel è aggiunta (non possiamo essere sicuri di ciò). Se così, le vocali a ed o divengono entrambe e (nuovamente, la o divenne ö in arcaico Sindarin, ö più tardi fondendosi con la e):

    awartha- "abbandonare" > ewerthiel "che ha abbandonato"
    banga- "commerciare" > bengiel "che ha commerciato"
    dortha- "stare" > derthiel "che è stato" (arcaico dörthiel)
    edonna- "generare" > edenniel "che ha generato" (arcaico edönniel)
    Radici verbali con le vocali e or i non dovrebbero essere affette dall'umlaut:
    critha- "mietere" > crithiel "che ha mietuto"
    ertha- "unire" > erthiel "che ha unito"
    Verbi con un dittongo (ei, ui, ae, au etc.) non dovrebbero cambiare, neppure:
    eitha- "insultare" > pl. eithiel "che ha insultato"
    gruitha- "terrorizzare" > pl. gruithiel "che ha terrorizzato"
    maetha- "combattere" > pl. maethiel "che ha combattuto"
    baugla- "opprimere" > pl. baugliel "che ha oppresso"
  • L'ultima delle forme participie di cui conosciamo alcunché è il participio passivo (o participio passato), un aggettivo che descrive la condizione di qualcosa o qualcuno che è (oppure è stato) esposto all'azione del corrispondente verbo: se qualcuno vi vede, voi siete visti; "visto" è pertanto il participio passivo del verbo "vedere". "Visto" è effettivamente irregolare; nella maggior parte dei casi, l'inglese forma i suoi participi passivi per mezzo della desinenza -ed (e.g. killed da kill). il Sindarin normalmente forma i suoi participi passati con la desinenza aggettivale -en aggiunta al passato (di 3a persona singolare). Dacché i verbi derivati formano i loro tempi passati in -nt, i corrispondenti participi passivi terminano in -nnen che rappresenta -nten (la fonologia Sindarin esige che il gruppo nt divenga nn tra due vocali):
    gosta- "temere estremamente" > gostannen "temuto, paventato" (cfr. gostant come il passato del verbo)
    egleria- "glorificare, encomiare" > egleriannen "glorificato"
    eitha- "insultare" > eithannen "insultato"
    esta- "chiamare, nominare" > estannen "chiamato, nominato"
    ertha- "unire" > erthannen "unito"
    gruitha- "terrorizzare" > gruithannen "terrorizzato"
    harna- "ferire" > harnannen "ferito"
    maetha- "combattere" > maethannen "combattuto"
    baugla- "opprimere" > bauglannen "oppresso"
    Come il participio passato di linna- "cantare" potremmo aspettarci linnannen ("cantato"), ma come in altri casi ove la "doppia nn" dovrebbe occorrere, la forma probabilmente è semplicemente contratta: linnen.

    In forma, i participi passati coincidono col passato di 1a persona: gostannen potrebbe anche indicare "io temetti", egleriannen è anche "io glorificai" etc. Il contesto deve decidere come la forma sia da intendersi.

    In alcuni casi, ove il corrispondente verbo è intransitivo (sc. quando esso non può normalmente prendere un oggetto diretto, e.g. "andare"), il participio passato può descrivere lo stato in cui uno che compie l'azione verbale è avendola completata. Per esempio, uno che va sarà da allora in poi andato ("andato" è il participio passato di "andare"). In una simile maniera, il participio passato di un verbo intransitivo come lacha- "fiammeggiare" (lachannen) può forse essere usato a descrivere un fuoco che ha fiammeggiato. Ma in Sindarin, può essere meglio usare invece il participio attivo perfettivo (come lechiel in tal caso); vedere sopra.

    Diversamente dai participi attivi (pensiamo), il participio passato oppure passivo ha una distinta forma plurale (usata quando il participio descrive un vocabolo plurale). Questa è formata alterando la desinenza -nnen in -nnin, combinata con umlaut della I- in ogni parte del vocabolo. Come d'uso, l'effetto di ciò è che le vocali a ed o, ove esse occorrono, sono alterate in e (ma nuovamente, la e dalla o era effettivamente ö in Sindarin arcaico):

    harnannen "ferito" > pl. hernennin
    gostannen
    "temuto, paventato" > pl. gestennin (arcaico göstennin)
    Osservare che anche la desinenza -a nella radice verbale stessa, qui la -a finale di harna e gosta-, subisce umlaut in e: al plurale, -annen diviene sempre -ennin.

    Le vocali e ed i non sono affette dall'umlaut:

    linnen "cantato" > pl. linnin
    erthannen
    "unito" > pl. erthennin
    Di nuovo, non lo sono neppure i vari dittonghi (ei, ae, ui, au etc.):
    eithannen "insultato" > pl. eithennin
    gruithannen
    "terrorizzato" > pl. gruithennin
    maethannen
    "combattuto" > pl. maethennin
    bauglannen
    "oppresso" > pl. bauglennin
    Per una simile ragione, può essere che il participio passato plurale del verbo boda- "bandire, proibire" dovrebbe essere bodennin, NON **bedennin con umlaut o > e, dacché tale o rappresenta un più antico dittongo au (comparare il vocabolo correlato baw! "no! non!")

  • L'ultima forma del verbo della quale conosciamo alcunché è il gerundio, effettivamente un sostantivo derivato, l'azione verbale considerata come un "oggetto". In inglese, i gerundi sono derivati per mezzo della desinenza -ing, e.g. thinking dal verbo think. In inglese, il gerundio ed il participio attivo non possono essere distinti dalla loro forma; ambedue terminano in -ing. Tuttavia, mentre il participio ha una funzione aggettivale, il gerundio è un sostantivo, ed in Sindarin, i due sono distinti anche nella forma. Tutti i verbi derivati, o radici in A, formano i loro gerundi per mezzo della desinenza -d:
    bronia- "tollerare" > broniad "tollerando" (= l'atto di tollerare, tolleranza)
    nara- "narrare" > narad "narrando" (come "narrando un racconto") [che in italiano non è esattamente un sostantivo, ancora meno dell'esempio precedente, N.d.T.]
    ertha- "unire" > erthad "unendo" (= unione, come astratto)
    (Cfr. la Mereth Aderthad, Festa di Riunione ['Festa di Riconciliazione' nella versione italiana di Francesco Saba Sardi, N.d.T.], menzionata nel Silmarillion.)

    Sembra che i gerundi siano spesso usati dove l'inglese dovrebbe invece avere un infinito. Nella Lettera Reale (SD:129), Aragorn scrive che egli aníra...suilannad mhellyn în = "desidera... salutare i suoi amici", letteralmente "desidera il saluto (de)i suoi amici". È invero possibile che Tolkien avesse deciso di dismettere gli infiniti in -o ed -i (vedere sotto riguardo a questi ultimi), rimpiazzandoli con gerundi. Gli infiniti in -o ed -i non sono attestati in alcuna fonte posteriore alle Etimologie. Questo non può significare molto, dacché le nostre evidenze post-Etim sono assai succinte, ma generalmente utilizzerei i gerundi per gli infiniti inglesi scrivendo in Sindarin.

    NOTA: Come menzionato sopra, l'oggetto di una proposizione subisce lenizione (mutazione palatale). Dovrebbe essere notaro che nella frase aníra...suilannad mhellyn în = "desidera... salutare i suoi amici" oppure letteralmente "desidera... il saluto (de)i suoi amici", l'oggetto da un punto di vista grammaticale sarebbe indubitabilmente il suilannad o "saluto". Comunque, l'oggetto logico è mellyn "amici", e questo è il vocabolo che è lenito (in mhellyn). Il gerundio [? N.d.T.] suilannad non è lenito (in *huilannad). Ciò suggerisce fortemente che il gerundio sia qui percepito come un infinito, non come un sostantivo che potrebbe essere lenito come l'oggetto di una proposizione; la lenizione influenza invece l'oggetto logico "amici".

    II. VERBI ELEMENTARI

    La coniugazione dei verbi elementari, privi di desinenza (anche noti come verbi primari) è alquanto più complessa di quella dei verbi derivati. Tolkien può aver pensato a tale classe come ai verbi "forti"; cfr. WJ:415.

  • L'infinito è formato con la desinenza -i (non -o come nel caso delle radici in A sopra):
    fir- "affievolirsi, morire" > firi
    gir- "tremare" > giri
    ped- "parlare" > pedi
    pel- "avvizzire" > peli
    redh- "seminare" > redhi
    Tale desinenza causa alle vocali a ed o l'umlaut in e:
    blab- "sventolare" > blebi
    dag- "uccidere" > degi
    dar- "cessare, fermarsi" > deri
    nor- "correre" > neri (arcaico nöri)
    tol- "giungere" > teli (arcaico töli)
    tog- "guidare" > tegi (arcaico tögi)
    Alcuni verbi inevitabilmente coincidono nell'infinito; per esempio, can- "chiamare, gridare" e cen- "vedere" dovrebbero entrambi avere l'infinito ceni. Il contesto deve decidere quale verbo si intende. (Ma come suggerito sopra, il Sindarin adopererebbe spesso il gerundio ove l'inglese ha un infinito, e qui la distinzione è preservata: caned "gridando", ma cened "vedendo".)

  • Il presente di tali verbi è formato in due differenti modi. La terza persona singolare, che non richiede ulteriore desinenza, è la medesima della radice verbale, ma nel caso di radici verbali monosillabiche, la vocale diviene lunga:
    dar- "cessare" > dâr "(egli, ella, esso) cessa"
    fir- "affievolirsi, morire" > fîr "affievolisce, muore"
    ped- "parlare" > pêd "parla"
    tol- "giungere" > tôl "giunge"
    (Queste possono anche ricoprire i tempi composti inglesi: "is stopping", "is fading" etc., ma non possiamo esserne sicuri; vedere la Nota (i) sotto.) Esempi attestati includono blâb come il tempo presente di blebi- "sventolare" (LR:380 s.v. PALAP), e - con una più chiara formulazione - la voce TUL- in LR:395, dove tôl è tradotto "egli giunge", pertanto essendo chiaramente identificato come la 3a persona singolare di teli "giungere". Che la forma stessa sia semplicemente la 3a persona e non necessariamente "maschile" o pure animata ("egli giunge") è apparente da un'altra attestazione, la proposizione tôl acharn "giunge vendetta" (WJ:254; secondo WJ:301 Tolkien più tardi scrisse invece tûl acharn, ma l'accettare tale modifica causerebbe una tale subbuglio nel sistema verbale e nella fonologia che è probabilmente meglio ignorare a questo punto). Acharn "vendetta" non dovrebbe normalmente essere riferito al pronome "essa". -

    NOTA (i): Pêd come il presente "parla" è anche attestato (incidentalmente in forma lenita: bêd) in VT41:11, ove è visto corrispondere all'aoristo Quenya quete. Se il Sindarin abbia un tempo aoristo distinto dal presente non è chiaro; se così, forme come pêd sono probabilmente aoristi: "parla" come opposto al presente "sta parlando".

    NOTA (ii): Quando finale, la v è compitata f. Pertanto, il tempo presente di 3a persona singolare di lav- "leccare" è lâf. In altre forme, dove la v non è finale, dovrebbe essere compitata v (e.g. levin "io lecco" - cfr. sotto).

    Nel caso di radici verbali elementari polisillabiche (usualmente verbi con qualche elemento preposizionale prefisso), non vi è allungamento della vocale, e il tempo presente di 3a persona singolare è identico alla radice verbale stessa:

    osgar- "tagliare attorno, amputare" > osgar "taglia attorno, amputa" (tale forma è esplicitamente menzionata in LR:379 s.v. OS)
    In tutte le forme di tempo presente eccetto la 3a persona singolare, qualche desinenza è richiesta, come delineato inizialmente. Tali desinenze sono aggiunte ad una forma del verbo che è identica all'infinito, perciò con la desinenza -i ed umlaut dove la radice verbale ha la vocale a oppure o (mentre i ed e non sono affette in alcun modo):
    dar- "cessare, fermarsi" > derin "io cesso, mi fermo", derir "(essi) cessano, si fermano" (con soggetti multipli, e.g. in Edhil derir "gli Elfi si fermano"), derig/derich "tu cessi", derim "essi cessano"
    fir- "affievolirsi, morire" > firin "io muoio" etc. con le varie desinenze
    ped- "parlare" > pedin "io parlo" etc.
    tol- "giungere" > telin "io giungo" etc.
    osgar- "amputate" > esgerin "io amputo" etc.
    Tale forma è a lungo stata pensata come il tempo perfetto, che era anche la visuale presentata in antecedenti versioni di tale articolo. Ciò fu essenzialmente a causa del linnod di Gilraen in SdA Appendice A: Onen i-Estel Edain, ú-chebin estel anim, tradotto in una nota a pié di pagina come "Ho dato la speranza ai Dúnedain; non ne ho conservata per me" [nell'originale inglese "Ho dato la Speranza ai Dúnedain, non ho mantenuto nessuna speranza per me stessa", N.d.T.] (enfasi aggiunta). Comunque, alla luce degli altri esempi, può essere meglio vedere ú-chebin come una forma di tempo presente (e tradotta "non ho tenuto [alcuna] speranza per me"), assumendo che la traduzione del presente di Tolkien "non ho mantenuto nessuna speranza per me stessa" è lievemente libera e fa una concessione al naturale inglese. (Prima non era chiaro quale fosse la forma di base di ú-chebin; rimuovendo il prefisso negativo ú- "non" e la mutazione palatale h > ch che esso innesca, siamo lasciati con hebin "io tengo". Ciò potrebbe giungere da hab-, heb- oppure hob- "tenere", l'umlaut neutralizzando le vocali nella forma hebin. Tuttavia, la radice KHEP "ritenere, mantenere" pubblicata in VT41:6 deve essere il radicale che soggiace a tale verbo; perciò la forma elementare è evidentemente heb-.)

  • Il passato dei verbi elementari coinvoge un suffisso o infisso nasale, sebbene esso sia talvolta assimilato in modo irriconoscibile. Ci concentreremo dapprima sulle forme di 3a persona singolare, dacché le altre forme, a loro volta, possono essere derivate da esse.

    Nel caso dei verbi elementari in -r, una -n è semplicemente suffissa alla radice (un residuo di una più lunga desinenza passata -ne, tuttora corrente in Quenya):

    dar- "cessare, fermarsi" > darn "cessò, si fermò"
    gir- "tremare" > girn "tremò"
    nor- "correre" > norn "corse"
    Radici verbali in -n probabilmente si comportano nella medesima maniera (cen- "vedere" > cenn "vide"). Come per i verbi in -l, la desinenza -n è probabilmente assimilata ad essa (pel- "avvizzire" > pell "avvizzito"). Difettiamo di esempi, ma estrapolazioni dal Quenya punterebbero in tale direzione.

    Quando si giunge a radici verbali terminanti in -b, -d, -g, -v, -dh, l'elemento nasale che denota il passato dovrebbe manifestarsi come un infisso invece che come un prefisso. In altre parole, esso non è aggiunto alla consonante finale della radice, ma inserito prima di essa. Ciò ha alcune conseguenze che possono sorprendere gli studenti non familiari con l'evoluzione dell'Eldarin. In Sindarin, b, d, g, v, dh che seguono una vocale discendono dalle primeve p, t, c, b (oppure m) e d, rispettivamente. Ma dove l'infisso nasale s'intruse tra la vocale e la consonante, tale modifica non dovrebbe trovare luogo: l'infisso "riparò" la consonante dalla vocale che dovrebbe altrimenti causarne la modifica. Perciò b, d, g in apparenza regrediscono in p, t, c seguendo l'infisso. Effettivamente esse non regrediscono; esse semplicemente non cambiarono mai:

    had- "scagliare" > pa. hant "scagliò" (radice originale KHAT; tale passato è effettivamente elencato in LR:363)
    cab- "balzare" > pa. camp "balzò" (radice originale KAP)
    dag- "uccidere" > pa. danc "uccise" (radice originale NDAK; Sindarin c = k).
    (Sarà osservato che l'infisso nasale, che più spesso si manifesta come n, è assimilato alla m prima della p.) Presumibilmente dh dalla primeva d parimenti regredisce alla sua originale qualità:
    redh- "seminare" > pa. rend "seminò" (radice RED)
    Un caso attestato è gwend (oppure gwenn) come il passato di un verbo gwedhi "legare" (LR:397 s.v. WED-, ove l'infinito è dato come "gwedi", ma questo è sicuramente un travisamento per gweði = gwedhi; confrontare il vocabolo correlato angweð = angwedh). Comunque, Tolkien annotò che gwend fu più tardi rimpiazzato da gwedhant (compitato gweðant in LR), come se questo fosse un verbo derivato *gwedha-; forse i tempi passati in -nd erano in qualche modo detestati dagli Elfi (/da Tolkien). Potrebbe essere che il passato rend "seminò" (non direttamente attestato nei carteggi di Tolkien) fosse parimenti rimpiazzato da redhant in tardo Sindarin.

    Verbi di più di una sillaba dovrebbero avere tempi passati in -nn invece di -nd, se osiamo fidarci della nostra fonologia Sindarin ricostruita. Vi sono soltanto due di tali verbi noti: neledh- "andare dentro, entrare" (pa. nelenn?) ed edledh- "andare in esilio" (pa. edlenn?). Quest'ultimo verbo non è direttamente attestato, ma è ricostruito dal "Noldorin" egledh- (LR:368 s.v. LED).

    Verbi con la finale -v possono anche essere lievemente speciali. Nella maggior parte dei casi, la postvocalica v dovrebbe giungere dalla primeva b, così certamente tali verbi ad un certo punto terminavano in -mb (l'infisso nasale che si manifesta come m prima della b, così come prima della p). Ma il finale mb divenne la semplice m in Sindarin. (Cfr. WJ:394, ove Tolkien afferma che il primitivo *lambê "lingua" divenne lam in Sindarin, sicuramente rappresentando l'iniziale *lamb. Confrontare la forma "Noldorin" lham(b) in LR:367 s.v. LAB, che dovrebbe corrispondere al Sindarin lam(b).) Perciò, verbi elementari in -v possono avere tempi passati in -m, per -mb:

    lav- "leccare" > lam (per lamb) "leccato" (il sostantivo lam "lingua" è correlato e condivide precisamente la medesima storia fonologica)
    Come menzionato sopra, le forme sin qui derivate sono 3e persone singolari. Altre forme sono alquanto facilmente derivate da esse per mezzo delle medesime desinenze che sono state menzionate sopra: -n "io", -m "noi", -r "essi" oppure giusto pluralità, etc. La questione è, quale vocale connettiva aggiungiamo tra il verbo e la desinenza? In termini di storia fonologica, dovremmo in definitiva aspettarci e: la forma Sindarin corrispondente al Quenya quenten "io dissi" ce la si dovrebbe aspettare come *pennen. Tuttavia, il nostro unico e solo esempio punta in una differente direzione, e questo è uno dei casi ove dobbiamo generalizzare da una singola forma, con grandi conseguenze per un'intera classe di verbi. Avrei preferito avere altri (ed in particolare più tardi) esempi, per rendere certo che questo non fosse giusto un uzzolo passeggero nell'evoluzione di Tolkien del "Noldorin"/Sindarin, oppure invero un travisamento da parte di Christopher Tolkien.

    L'esempio in questione si trova nelle Etimologie, LR:363, radice KHAT "scagliare". Qui abbiamo un verbo hedi, chiaramente il perfettamente regolare infinito di had-, ma dopotutto due forme esplicitamente identificate come "pa." sono elencate: hennin ed hant. Quest'ultima è trasparentemente la 3a persona singolare, "(egli/ella/esso) scagliò", formata da had- con un infisso nasale secondo le regole che abbiamo provato ad abbozzare (invero usando quest'esempio). Ma hennin, con la desinenza -n che è nota significare "io", deve essere la 1a persona passata: "io scagliai". La modifica nt > intervocalico nn è quello che dovremmo aspettarci su piani fonologici, ma è sorprendente che la i sia usata come la vocale connettiva prima che la desinenza pronominale sia aggiunta. Si sarebbe tentati di dismettere hennin come un errore per hannen, ma l'umlaut a > e è esattamente quello che dovremmo aspettarci quando vi è una i che segue nella successiva sillaba. Conosciamo casi di confusione a/e ed e/i nei testi prodotti da vari editori tentando di decifrare la calligrafia di Tolkien, ma presumere che Christopher Tolkien riuscisse a travisare due vocali nello stesso vocabolo, e che accada proprio che il risultato si attenga magnificamente alla fonologia Sindarin, può essere presumere troppo. Può essere che JRRT immaginò che forme come hannen siano state riformate in analogia con le corrispondenti forme in tempo presente (in tal caso hedin "io scaglio"), la vocale connettiva i e pertanto anche l'umlaut essendo introdotti al passato così come al presente: hannen > hennin.

    Accettando tale esempio, dobbiamo formulare questa regola: tutte le forme di tempo passato dei verbi elementari, eccetto che per la 3a persona singolare, sono formate dall'aggiunta della -i- e dell'appropriata desinenza alla 3a persona singolare stessa:

    gir- "tremare" > 3 pers. sg. pa. girn "(egli, ella, esso) tremò" > girnin "io tremai", girnim "noi tremammo", girnig/girnich "tu tremasti", girnir "(essi) tremarono"

    cen- "vedere" > 3 pers. sg. pa. cenn "(egli, ella, esso) vide" > cennin "io vidi" (etc. con le varie desinenze)

    Come indica l'esempio hant > hennin, la vocale connettiva i innesca i normali umlaut nella sillaba prima di essa, a ed o divenendo entrambe e:
    dar- "cessare, fermarsi" > 3 pers. sg. pa. darn "(egli, ella, esso) si fermò" > dernin "io mi fermai" (etc.)
    nor- "correre" > 3 pers. sg. pa. norn "(egli, ella, esso) corse" > nernin (arcaico nörnin) "io corsi" (etc.)
    L'esempio hant > hennin illustra anche un altro fenomeno: non tutti i gruppi di consonanti finali che occorrono al passato possono rimanere invariati quando non sono più finali al postutto, ma sono divenuti intervocalici a causa di un adesinenza che è stata aggiunta. I gruppi -nt, -nc, -mp divengono -nn-, -ng-, -mm- invece:
    ped- "parlare" > 3 pers. sg. pa. pent "(egli, ella, esso) parlò" > pennin "io parlai" (etc.)
    dag- "uccidere" > 3 pers. sg. pa. danc "(egli, ella, esso) uccise" > dengin "io uccisi" (etc.)
    cab- "balzare" > 3 pers. sg. pa. camp "(egli, ella, esso) balzò" > cemmin "io balzai" (etc.)
    Il gruppo nd, come nt, dovrebbe divenire nn intervocalicamente:
    gwedh- "legare" > 3 pers. pa. gwend "(egli, ella, esso) legò" > gwennin "io legai" (etc.)
    La finalr m (che usualmente rappresenta mb) dovrebbe divenire la doppia -mm-:
    lav- "leccare" > 3 pers. pa. lam "(egli, ella, esso) leccò" > lemmin "io leccai" (etc.)
  • Quanto al tempo futuro, bobbiamo assumere che la desinenza -tha sia rilevante anche per tale classe di verbi, ma ovviamente qualche vocale connettiva è richiesta. Mentre non abbiamo diretti esempi, l'analogia con altre forme suggerisce che una i dovrebbe essere inserita prima di tale desinenza. Tale i causerebbe i normali umlaut ove appropriati. In breve, il futuro di un verbo di tale classe può essere costruito dall'aggiunta di -tha alla forma infinita (vedere le regole sopra):
    dar- "fermarsi" > inf. deri > futuro deritha "fermerà"
    ped- "parlare" > inf. pedi > futuro peditha "parlerà"
    gir- "tremare" > inf. giri > futuro giritha "tremerà"
    tol- "giungere" > inf. teli (arcaico töli) > futuro telitha (arcaico tölitha) "giugnerà"
    [Rispetto all'originale è stata omessa la traduzione dell'infinito, ridondante, ed il futuro è stato tradotto nella 3a persona singolare, N.d.T.]
    Queste forme future (di 3a persona singolare) possono quindi essere ulteriormente modificate con le normali desinenze, così come nel caso dei verbi derivati: telithon "io giungerò", telitham "noi giungeremo", plurale telithar "(essi) giungeranno" etc. (Come d'uso, -a diviene -o prima della desinenza -n per "io", perciò telithon piuttosto che **telithan.)

  • L'imperativo dei verbi elementari è facilmente formato con la desinenza -o:
    dar- "fermarsi" > daro "ferma!"
    ped- "parlare" > pedo "parla!"
    tir- "osserva, mira" > tiro "osserva! mira!"
    tol- "venire" > tolo "vieni!"
    Tre di queste sono attestate in SdA: un Elfo fermò la Compagnia con il comando daro! quand'essi furono entrati in Lórien. Pedo "parlare, dire" si trova nell'iscrizione sul Cancello di Moria (pedo mellon, che dovrebbe essere tradotto "dì amico", sebbene Gandalf a tutta prima lo prese a significare "parla, amico"). Sam parlando in lingue [arcane, N.d.T.] a Cirith Ungol usò la frase a tiro nin, Fanuilos! "o guarda verso di me, Semprebianca!" (un titolo di Varda); vedere Lettere:278 or RGEO:72 per la traduzione [che in questa sede è stata resa con "volgimi lo sguardo" per mantenere un tono aulico, N.d.T.].

  • Il participio attivo di tale classe di verbi dovrebbe probabilmente prendere la desinenza -el (per la più antica *-ila):
    dar- "bloccarsi" > darel "bloccante"
    ped- "parlare" > pedel "parlante"
    tol- "avvicinarsi" > tolel "avvicinante"
    [La traduzione è stata adattata per fornire esempi che in italiano suonassero un poco meno improponibili, N.d.T.]
    Comunque, dove la vocale radicale è i, tale desinenza sembra essere espansa in -iel:
    fir- "morire, affievolirsi" > firiel "morente, affievolentesi"
    gir- "tremare" > giriel "tremante"
    glir- "cantare" (anche "recitare poemi") > gliriel "cantante" (oppure, "recitante")
    tir- "osservare" > tiriel "osservante" (l'unico esempio attestato - vedere sotto)
  • Il participio attivo perfettivo sembra avere la desinenza -iel combinata con l'allungamento della vocale radicale. La vocale i dovrebbe semplicemente divenire una lunga í:
    fir- "affievolirsi, morire" > fíriel "che è morto, che si è affievolito" (o semplicemente "morto, affievolito")
    glir- "cantare" (/"recitare") > glíriel "che ha cantato" (/"che ha recitato")
    tir- "osservare" > tíriel "che ha osservato".
    (Sarà osservato che la sola lunghezza della vocale distingue tiriel "osservante" da tíriel "che ha osservato". Comparare RGEO:73, ove Tolkien spiega che mentre palan-diriel significa "contemplando da lungi", palan-díriel ha un significato perfettivo: "avendo contemplato da lungi". In tali vocaboli, -diriel/-díriel sono semplicemente forme lenite di -tiriel/-tíriel.)

    Questo allungamento delle vocali probabilmente occorse così presto che anche le susseguenti modifiche che influenzano le vocali lunghe devono essere prese in considerazione. Le primeve é, á, ó ce le si dovrebbe aspettare manifestarsi come í, ó, ú, rispettivamente - riflettendo una modifica che ebbe luogo allo stadio dell'Antico Sindarin:

    mad- "mangiare" > módiel (per mádiel) "che ha mangiato"
    ped- "parlare" > pídiel (per pédiel) "che ha parlato"
    nor- "correre" > núriel (per nóriel) "che ha corso"
    Sembra che neppure i participi attivi così derivati (in -el ed -iel) abbiano distinte forme plurali.

  • Il participio passivo (o participio passato) di tale classe di verbi può essere costruito dall'aggiunta della -en alla forma di 3a persona singolare passata(vedere le regole sopra):
    dar- "cessare" > 3 pers. sg. pa. darn "(egli, ella, esso) cessò" > participio passivo darnen "cessato, arrestato"
    sol- "chiudere" > 3 pers. sg. pa. soll "(egli, ella, esso) chiuse" > participio passivo sollen "chiuso" (quest'ultima forma essendo tutto ciò che è attestato di tale verbo: SdA riferisce della Fen Hollen o "Porta Chiusa" in Minas Tirith, hollen presumibilmente essendo una forma lenita di sollen)
    tir- "watch, guard" > 3 pers. sg. pa. tirn "(egli, ella, esso) watched, guarded" > participio passivo tirnen "watched, guarded"
    (Quest'ultima è attestata nel Silmarillion, nel nome Talath Dirnen "Piana Vigilata": Dirnen è la forma lenita di tirnen.)

    Di nuovo, quando un'altra vocale viene a seguirli, i finali -nt, -nc, -mp, -nd, -m divengono -nn-, -ng-, -mm-, -nn-, -mm-, rispettivamente:

    ped- "parlare" > 3 pers. sg. pa. pent "(egli, ella, esso) parlò" > participio passivo pennen "parlato"
    dag- "uccidere" > 3 pers. sg. pa. danc "(egli, ella, esso) uccise" > part. pass. dangen "ucciso" (attested in LR:375 s.v. NDAK)
    hab- "vestire" > 3 pers. sg. pa. hamp "(egli, ella, esso) vestì" > part. pass. hammen "vestito"
    redh- "seminare" > 3 pers. sg. pa. rend "(egli, ella, esso) seminò" > part. pass. rennen "seminato"
    lav- "leccare" > 3 pers. sg. pa. lam "(egli, ella, esso) leccò" > part. pass. lammen "leccato"
    Tali participi passivi in -en dovrebbero avere forme plurali in -in, causando i normali umlaut: a ed o divengono entrambe e:
    dangen "ucciso" > pl. dengin
    hollen
    "chiuso" > pl. hellin (archaic höllin)
    (Confrontare lo Haudh-en-Ndengin o "Colle di Massacro" menzionato nel Silmarillion [come "Tumulo di Massacro", N.d.T.]; ndengin è una forma di dengin.) Come d'uso, le vocali e ed i non dovrebbero essere affette in alcun modo:
    pennen "parlato" > pl. pennin
    tirnen
    "vigilato" > pl. tirnin
  • Finalmente abbiamo il gerundio, il sostantivo verbale, che può anche essere usato per tradurre infiniti inglesi (vedere sopra). I gerundi dei verbi elementari sono facilmente formati con la desinenza -ed:
    cab- "salto" > cabed "saltando" (come sostantivo, = "un salto, un balzo") [reso poco efficacemente in italiano, N.d.T.]
    cen- "vedere, guardare" > cened "guardando"
    glir- "cantare" > glired "cantando"
    tol- "giungere" > toled "giungendo"
    I verbi Sindarin cab- "saltare, balzare" e cen- "vedere, guardare" sono effettivamente attestati solamente come gerundi! Secondo il Silmarillion, la gola ove Túrin uccise Glaurung era chiamata Cabed-en-Aras o "Salto del Cervo". Il verbo cab- è ovviamente da riferire alla radice KAP "balzare" elencata nelle Etimologie (LR.362), ma non è ivi menzionato. Cened "che guarda" occorre come parte del composto cenedril "specchio" [lett. 'vetro che guarda', N.d.T.] in RS:466.

    III. LA CONIUGAZIONE MISTA

    Alcuni verbi che dalla loro forma dovrebbero apparire come radici in A in effetti si situano nella fascia tra le due coniugazioni delineate sopra. Un esempio è il verbo drava- "sbozzare". Nella maggior parte delle forme è probabilmente una beneducata radice in A: infinito dravo, presente drava, futuro dravatha, imperativo dravo, participio attivo dravol, gerundio dravad. Ma al passato dovremmo aspettarci la forma *dravant, la quale non ricorre. Nelle note di Tolkien come riprodotte in LR:354 s.v. DARÁM, egli diede la 1a persona passata come drammen ("io sbozzai"), evidenziando una forma di 3a persona dram ("egli, ella, esso sbozzava"). (Vi era anche un tempo passato irregolare dramp, di cui non necessita che ci occupiamo qui - vedere la parte IV sotto.) Un passato dram è precisamente ciò che dovremmo aspettarci se questo fosse un verbo di base, con radice drav- (infinito **drevi) invece di drava- (inf. dravo). Un altro esempio è il verbo nara- "narrare" (infinito naro, LR:374 s.v. NAR2); il tempo passato Antico Sindarin ("AN") è dato come narne, implicando che il tempo passato Sindarin dovesse essere narn piuttosto che **narant. In breve: un certo numero di radici in A formano i loro tempi passati (3a persona sg.) come se la vocale finale non esistesse; il tempo passato è invece formato secondo le regole dei verbi elementari. I nostri pochi esempi suggeriscono che tale gruppo include molti verbi con una singola consonante prima della finale -a, fintantoché tale consonante non è th oppure ch (che rappresentano primevi gruppi di consonanti). Ignorando la vocale finale ed impiegando le stesse regole come per i verbi elementari, dovremmo arrivare a forme di tempo passato come le seguenti:
    ava- "non sarà" > am "non sarebbe"
    brona- "durare, sopravvivere" > bronn "durò, sopravvisse"
    drava- "sbozzare" > dram "sbozzò"
    fara- "cacciare" > farn "cacciò"
    gala- "crescere" > gall "crebbe"
    groga- "provare terrore" > grunc "provò terrore"
    laba- "saltellare" > lamp "saltellò"
    loda- "fluttuare" > lunt "fluttuò"
    nara- "narrare" > narn "narrò"
    pada- "camminare (su di un sentiero o viottolo)" > pant "camminò"
    rada- "far posto, trovare un modo" > rant "fece posto, trovò un modo"
    soga- "bere" > sunc "bevve"
    toba- "coprire, coprire con un tetto" > tump "coprì, coprì con un tetto"
    (Riguardo allo spostamento o > u in groga-, loda-, soga-, toba- > pa. grunc, lunt, sunc, tump, vedere la sezione IV sotto.)

    Anche un certo numero di radici verbali trisillabiche in -da deve essere assegnato alla coniugazione mista: aphada- "seguire", athrada- "traversare", gannada- "(suonare una) arpa", lathrada- "origliare", limmida- "inumidire", nimmida- "imbiancare" e tangada- "rendere saldo": tempi passati aphant, athrant, gannant, lathrant, limmint, nimmint, tangant, oppure con desinenze aphanne- etc. (Il passato "Noldorin" lhimmint, che dovrebbe corrispondere al Sindarin limmint, è menzionato da Tolkien in LR:369 s.v. LINKWI.)

    Le vocali lunghe dovrebbero probabilmente essere accorciate prima del gruppo di consonanti che sorge al passato:

    aníra- "desiderare" > anirn "desiderò"
    síla- "splendere" > sill "splendette"
    tíra- "guardare" > tirn "guardò"
    Quando ulteriori desinenze sono da aggiungere (a produrre altre forme che non la 3a persona singolare), la vocale connettiva è qui e, come l'esempio drammen "io sbozzai" dimostra.

    NOTA: dacché tali verbi potrebbero sembrare scavalcare le radici in I al passato, potremmo esserci aspettati la vocale connettiva i come in hennin "io scagliai", perciò **dremmin "io sbozzai", ma non è questo il caso. Ciò potrebbe supportare la teoria per cui la vocale connettiva i al passato sorse in analogia col suo uso al presente (hedin "io scaglio"). Il verbo drava- non ha la i al tempo presente (drava "sbozza, sta sbozzando"), e perciò non mostra i al passato, nemmeno. Invece troviamo e, come dovremmo aspettarci per sole ragioni fonologiche: drammen.

    Come d'uso, le finali -m, -nc, -nt, -mp divengono -mm-, -ng-, -nn-, -mm- tra due vocali:

    drava- "sbozzare" > dram "(egli, ella, esso) sbozzò" > drammen "sbozzai", drammem "noi sbozzammo", drammeg/drammech "voi sbozzaste", drammer "(essi) sbozzarono"
    laba- "saltare" > lamp "saltò" > lammen "io saltai" (etc. con le varie desinenze)
    loda- "fluttuare" > lunt "fluttuò" > lunnen "io fluttuai" (etc.)
    soga- "bere" > sunc "bevve" > sungen "io bevvi" (etc.)
    Il participio passivo dovrebbe essere derivato dalla desinenza -en, così come nel caso dei normali verbi elementari. Pertanto, come d'uso, il participio passato è identico alla forma in 1a persona singolare, perciò drammen potrebbe anche essere "sbozzato" come un participio, sungen è anche "bevuto" etc. Tali participi dovrebbero avere forme plurali in -in (causando umlaut), in altri vocaboli comportandosi così come i participi passivi dei normali verbi elementari. Vedere le regole nella sezione II sopra. (L'umlaut prodotto dalla u, ove occorre, dovrebbe essere y. Perciò la forma plurale di sungen sarebbe syngin.)

    Come notato sopra, tali verbi probabilmente hanno participi attivi in -ol, come normali radici in A (drava- "sbozzare" > dravol "sbozzante"). Il participio attivo perfettivo dovrebbe presumibilmente essere formato secondo le regole delle radici in I, come se la vocale finale non esistesse. Perciò dovremmo vedere la desinenza -iel combinata con l'allungamento della vocale radicale, í, ó, ú rappresentando í, á, ó (drava- "sbozzare" > dróviel "avendo sbozzato", soga- "bere" > súgiel "avendo bevuto"). Se la vocale è già lunga, dobbiamo presumere che essa semplicemente resti lunga (síla- "splendere" > síliel "avendo brillato").

    IV. VERBI IRREGOLARI E SPECIALI

    Aderendo alle regole sopra [citate, N.d.T.], si dovrebbe arrivare alla maggior parte dei verbi - assumendo che il sistema verbale Sindarin sia stato correttamente ricostruito. Siamo rimasti lietamente con un alquanto ridotto numero di casi speciali. Alcuni di quelli sono prontamente esplicabili nei termini dell'evoluzione fonologica che Tolkien immaginò, qualcuno può riflettere gli instabili uzzoli del Creatore di Linguaggi, alcuni sono autentiche bizzarrie - auspicabilmente non implicando che la nostra ricostruzione del sistema verbale Sindarin sia incrinata da significative carenze e fallimenti nelle intenzioni pronosticate da Tolkien.

  • L'originale U che sopravvive prima di una nasale: ad un punto nell'evoluzione del Sindarin, l'originale u in moltissimi casi divenne o. Per esempio, il verbo soga- "bere" viene da una radice SUK. Comunque, tale modifica non occorre prima di una nasale, come n od m. Così se una radice verbale contenente la vocale o < u ha una forma passata che coinvolge infissione nasale, l'originale qualità della vocale dovrebbe persistere prima di tale consonante. Perciò, Tolkien annotò che il passato in 3a persona sg. di soga- è sunc (LR:388 s.v. SUK, sebbene anche la forma sogant sia valida, il verbo essendo trasferito alla normale radice in classe A). Altri casi verosimili del medesimo fenomeno (non direttamente attestati nei carteggi di Tolkien):
    groga- "provare terrore" > 3 pers. sg. pa. grunc (radice originale RUK)
    loda- "fluttuare" > pa. lunt (radice LUT)
    nod- "allacciare, legare" > pa. nunt (radice NUT)
    toba- "coprire, avere un tetto sopra" > pa. tump (radice *TUP)
    tog- "guidare, portare" > pa. tunc (radice TUK)
    NOTA: nelle Etimologie, LR:378 s.v. NOT, il verbo nod- è dato come "nud-", ma ciò dovrebbe contraddire tutto ciò che pensiamo di sapere circa la fonologia Sindarin. Il verbo toba- [inf. tobo] è derivato da una radice TOP in LR:379, nel qual caso il passato dovrebbe essere tomp, ma il verbo Quenya untúpa "ricopre" in Namárië in SdA suggerisce che Tolkien avesse deciso che la radice fosse invece TUP, però una distinta radice TUP occorre in Etim.

    Grunc, lunt, sunc e tump dovrebbero apparire come grunge-, lunne-, sunge-, tumme- prima delle normali desinenze plurali/pronominali - grunger "(essi) provavano paura", grungen "provavo paura" etc. Se l'esempio hant > hennin (LR:363 s.v. KHAT) regge, dovremmo nel caso di nunt e tunc vedere la vocale connettiva i prima che le normali desinenze siano aggiunte. Tale i dovrebbe innescare umlaut u > y, così (con la normale modifica degli intervocalici nt, nc in nn, ng) dovremmo avere per esempio la 1a persona sg. nynnin "io allacciai" e tyngin "io guidai, portai". (Ma groga-, loda-, toba- dovrebbero appartenere alla coniugazione mista, con la e piuttosto che la i come la vocale connettiva, e perciò né l'uno né l'altro umlaut: grungen "provai paura", lunnen "io fluttuai", tummen "io ricoprii".)

    I participi passati di tutti i verbi di cui siamo a trattare qui possono essere formati, alquanto regolarmente, dall'aggiunta di -en al tempo passato di 3 sg. (con le normali modifiche nei gruppi di consonanti finali quand'essi divengono invece intervocalici):

    groga- "provare terrore" > pa. grunc > participio passivo grungen
    loda
    - "fluttuare" > pa. lunt > participio passivo lunnen
    nod
    - "allacciare, legare" > pa. nunt > participio passivo nunnen
    soga
    - "bere" > pa. sunc > participio passivo sungen
    toba
    - "coprire, avere un tetto sopra" > pa. tump > participio passivo tummen
    tog
    - "guidare, portare" > pa. tunc > participio passivo tungen
    E di nuovo, dovremmo vedere l'umlaut u > y nelle forme plurali di tali participi: gryngin, lynnin, nynnin, tymmin, syngin, tyngin. (Pochi di tali verbi, "provare terrore" e "fluttuare", non possono normalmente avere participi passivi, però - dacché essi sono intransitivi.)

    Ma nel caso di groga-, loda-, soga- e toba-, può anche essere permissibile prendere il sentiero più facile e semplicemente lasciarli come radici in A (Tolkien fece un'esplicita nota su tale effetto nel caso di soga-). Perciò dovremmo avere i passati (di 3 pers. sg) grogant, lodant, sogant, tobant (-nt che divengono regolarmente -nne- prima di desinenze), e participi passati grogannen, lodannen, sogannen, tobannen (pl. gregennin, ledennin, segennin, tebennin - oppure l'arcaico grögennin etc.)

  • Verbi impersonali: un verbo impersonale "Noldorin" bui "è necessario, si deve, si è obbligati a" appare nelle Etimologie; in Sindarin esso dovrebbe essere divenuto boe. Non abbiamo esempi, ma esso può probabilmente essere usato in contesti tali come boe maethad in Yrch "è necessario combattere gli Orchi". (l'inglese [e pure l'italiano, N.d.T.] "dovere" può essere espresso come "è necessario per X fare Y": Boe 'nin Edhil maethad in Yrch "è necessario per gli Elfi combattere gli Orchi" = "gli Elfi devono combattere gli Orchi"; boe anim baded "è necessario che io vada" = "devo andare".) Forse boe non ha forme inflesse per i tempi etc.; nulla del genere è suggerito nelle Etimologie.

    Un altro verbo impersonale è elia- "piovere". La forma impersonale "Noldorin" che esprime "piove", vale a dire oeil [= öil], tardo eil, è data nelle Etimologie (LR:396 s.v. ULU). Nel Sindarin della Terza Era, la forma dovrebbe essere ail. Il passato, che denota "pioveva", potrebbe essere aul o il regolare eliant. Possiamo coniugare il verbo così: infinito elio "piovere" [scherzi linguistici: i Greci, qualche millennio più tardi rispetto all'epopea Elfica, prenderanno la stessa parola per indicare il Sole. Non si sa se il Professore abbia scelto di proposito tale accostamento, ma di sicuro questo genere di cose lo divertiva intellettualmente, N.d.T.], presente ail = forma 3 sg. impersonale "piove", passato eliant o aul = 3 sg. impersonale "pioveva", futuro eliatha = "pioverà", imperativo elio "piova!", participio eliol "che piova" (perfettivo úliel "che abbia piovuto"), gerundio eliad "piovendo". Un verbo con tale significato a stento dovrebbe avere alcun participio passivo. La forma sarebbe eliannen, o, se usiamo aul come il passato, olen.

  • Vari verbi irregolari: nel linnod di Gilraen, il vocabolo onen (o in alcune edizioni of SdA, ónen) è usato per "ho dato". Ciò sembrerebbe essere il passato irregolare del verbo anna- "dare" elencato nelle Etimologie (se il verbo fosse regolare, il tempo passato dovrebbe essere **annant, con annannen > annen per "ho dato"). Onen punta ad una forma in 3a persona singolare aun "(egli, ella, esso) diede", che potrebbe essere regolarmente derivara da un più antico passato áne (confrontare óne come il passato del verbo Quenya onta- "generare", LR:379 s.v. ONO; dato il fatto che il Sindarin anna- corrisponde al Quenya anta-, non è inattendibile presumere che un passato áne posa essere esistito a qualche stadio, ed esso è effettivamente attestato in QL:31). Aun diviene one- quando una desinenza è da aggiungersi, il dittongo au essendo monottonghizzato in o. Coniugazione suggerita di anna- "dare": infinito anno "dare", presente anna "dà", passato irregolare: 3 sg. aun "diede" con desinenze one- (onen "io diedi", onem "noi demmo" etc.), futuro annatha "darò", imperativo anno "dà!", participio attivo annol "che dà", participio perfettivo óniel "che ha dato", participio passato onen (pl. onin) "dato", gerundio annad "dando". Osservare che non vi è umlaut nella forma plurale del participio passato (onin, non **enin per l'arcaico **önin), in quanto o da au non subisce umlaut come questo.

    In LR:375 s.v. NDAM, un verbo damna- "martellare" è elencato, con un passato (di 3a persona sg.) dammint. Ambedue le forme sono decisamente bizzarre. Non può esservi dubbio che damna sia un travisamento per damma-, la forma che dovremmo aspettarci in campo fonologico; cfr. mm al passato. Il tempo passato "dammint" è assai strano. In definitiva dovremmo aspettarci dammant. In primo luogo da dove giunge la i al passato, e se al postutto deve esservi, perché non causa umlaut sulla a in e (i.e. demmint)? Se si accetta tale forma passata (con desinenze damminne-), si avrebbe anche ad usare damminnen pl. damminnin come il participio passivo. Ma personalmente sono fortemente incline a licenziare dammint come un travisamento per dammant, nel qual caso il verbo dovrebbe essere perfettamente regolare.

    Il verbo drava- "sbozzare" dovrebbe regolarmente avere il passato dram (con desinenze dramme-). Secondo LR:354 s.v. DARÁM, un passato irregolare (di 3a persona sg.) dramp era usato in poesia - come se il verbo fosse invece **draba-. Tale forma era apparentemente utilizzata in aggiunta al, non invece del, regolare passato. Con desinenze, dramp e dram dovrebbero entrambi apparire come dramme- in ogni modo (e.g. il pa. in 1a persona drammen che è menzionato in tale voce nelle Etimologie).

    Come menzionato sopra, il regolare passato del verbo gwedh- "legare" è gwend (con desinenze gwenni-), ma Tolkien indica che un irregolare passato gwedhant (come se questo avesse una radice in A **gwedha-) venne in uso "più tardi". Il regolare passato era venuto ad essere reputato come arcaico o poetico. Quando la modifica occorse, può essere che il participio passivo "legato" fosse anche alterato da gwennen a gwedhannen. Presumibilmente, il verbo era ancora inflesso come un regolare verbo "primario" sotto altri aspetti (infinito gwedhi, presente gwêdh o prima di desinenze gwedhi-, futuro gwedhitha, imperativo gwedho, participio attivo gwedhel, participio perfettivo gwídhiel). Forse il verbo redh- "seminare" subì uno sviluppo simile, così che il regolare passato rend fu rimpiazzato da redhant?

    Il verbo soga- "bere" dovrebbe regolarmente avere la 3a persona singolare soga "(egli, ella, esso) beve", ma LR:388 indica che la 3a persona sg. è effettivamente sôg (come se questo fosse un verbo primario sog-). Quando sono da aggiungersi desinenze a produrre altre forme che non la 3a persona sg., possiamo adoperare la regolare radice presente soga- (perciò sogon [per **sogan] "io bevo", sogam "noi beviamo" etc.) Il tempo passato (3a persona sg.) è o il regolare sunc (con desinenze sunge-) oppure l'irregolare sogant (con desinenze soganne-); Tolkien indica che ambedue sono validi. Il participio passivo "bevuto" dovrebbe quindi essere o sogannen (pl. segennin) per andare col passato sogant, oppure sungen (pl. syngin) se si preferisce il passato sunc. Auspicabilmente, il verbo soga- "bere" è per altri versi un normale, beneducato verbo a Coniugazione Mista, come l'infinito sogo (dato in LR:388) suggerirebbe. Preciò il futuro sogatha "berrò", imperativo sogo "bevi!", participio sogol "che beve" (perfettivo súgiel "che ha bevuto"), gerundio sogad "bevendo" (come il sostantivo).

    NOTA: l'effettiva enunciazione in LR:388 s.v. SUK è "N sogo, 3 sg. sôg, pa. sunc, asogant (sogennen)". Sogo è chiaramente l'infinito "bere", sôg è identificato come la 3a persona singolare (presente), e sunc è parimenti identificato come il passato (in 3a persona singolare). Tuttavia, asogant non può essere una lezione corretta del testo di Tolkien. È assai difficile capire da dove potrebbe provenire tale prefisso a-, ed inoltre, un tale prefisso dovrebbe con ogni eventualità causare mutazione palatale dell'iniziale s, così che dovremmo avere la forma **ahogant. Ciò che Tolkien effettivamente scrisse nella sua manoscrittura men che calligrafica deve essere stato "sunc, o sogant", alternativamente "sunc, e sogant" - un piccolo ghirigoro che rappresenta o oppure con ogni possibilità e essendo travisato come a da Christopher Tolkien, e prefisso direttamente al seguente verbo. La forma sogennen deve essere il participio passivo "bevuto", ma dacché il participio passato è derivato dal suffisso -en al tempo passato (nt divenendo regolarmente nn tra due vocali), dobbiamo concludere che "sogennen" sia un travisamento per sogannen.

    Il verbo thora- "cintare" è affermato avete il participio passivo thoren "cintato" (LR:393 s.v. THUR). Thoren suggerisce un passato thaur. Il verbo può fare così: infinito thoro "cintare", presente thora "cinta, va cintando", passato irregolare (3a persona sg.) thaur (con desinenze thore-, e.g. thoren "io cingo, vado cintando"), futuro thoratha "cinterà", imperativo thoro "cingi!", participio attivo thorol "che cinge" (perfettivo thóriel "che ha cintato"), participio passivo thoren "cintato" (pl. thorin), gerundio thorad. Osservare che il participio perfettivo è thóriel invece di **thúriel, e che non vi è umlaut nella forma plurale del participio thoren (pl. thorin, non **therin). Come nel caso di altri verbi, questo è in quanto o, ó qui rappresentano il dittongo au.

    Il verbo trenar- "raccontare, dire alla fine" è dichiarato avere il passato (in 3a persona singolare) trenor o trener (LR:374 s.v. NAR2). Regolarmente, dovremmo aspettarci **trenarn. Il verbo può fare così: infinito treneri "raccontare", 3a persona presente trenar "racconta, va raccontando" (con desinenze treneri-, perciò trenerin "io racconto", trenirem "noi raccontiamo" etc.), passato irregolare trenor o trener (con desinenze o trenori- oppure treneri-, perciò trenorin "io raccontavo" etc.; la forma alternativa trenerin cozzerebbe col presente), futuro treneritha "racconterà", imperativo trenaro "racconta!", participio attivo trenarel "che racconta" (perfettivo trenóriel "che ha raccontato"), participio passivo ?trenoren (plurale trenorin) "raccontato", gerundio trenared "raccontando". Osservare l'assenza di umlaut nella forma trenorin ("io raccontavo" o la forma pl. del participio passivo "raccontato"). Probabilmente non troveremo trenerin, dacché la o di trenorin può rappresentare au (a sua volta derivato dalla lunga á, una versione allungata della vocale della radice NAR2; trenor può riflettere un primitivo passato *trenâr-).

    Alla voce MBAKH nelle Etimologie (LR:372), leggiamo: "Q[uenya] manka- commerciare; makar negoziante, mankale commercio. N[oldorin] banc, banga." Che abbiamo a fare di ciò? Banga- è sicuramente il vocabolo "Noldorin" > Sindarin corrispondente al Quenya manka-, perciò il verbo "commerciare". Ma che significa banc? Se banc è una forma di banga-, dovrebbe più verosimilmente essere un passato irregolare in 3a persona: "(egli/ella) commerciava" (invece del regolare bangant). Nuovamente assumendo che dell'esempio hennin "io scagliai" ci si possa fidare, dovremmo avere bengi- prima di desinenze, e.g. bengin "io commerciavo", bengir "(essi) commerciavano" etc. Il participio passivo dovrebbe pure essere bangen (pl. bengin) piuttosto che bangannen (pl. bengennin). Ma non precluderei la possibilità che banc non sia inteso come una forma del verbo banga- al postutto; potrebbe essere un sostantivo "commercio", corrispondente al (ma non un esatto affine del) Quenya mankale.

  • Una possibile revisione del sistema: Un passaggio nel saggio Quendi ed Eldar circa dal 1960 suggerisce che Tolkien abbia compiuto una revisione molto importante in una parte del sistema verbale Sindarin (WJ:415). Il riferimento è fatto a

    ...un primitivo passato, marcato come tale dall''aumento' o vocale elementare raddoppiata, e la lunga vocale radicale. Tempi passati di tale forma erano usuali nei verbi Sindarin 'forti' o primari: come *akâra 'creò, fece' > S agor.
    Le nuove regole per la derivazione del passato dei verbi primari sono ricostruite alquanto facilmente: la vocale ricorrente nel verbo è prefissa, ma nella radice verbale stessa, a, e, o sono alterate in o, i, u, rispettivamente (rappresentando la "lunga vocale radicale" â, ê, ô, dacché la qualità di tali vocali lunghe era modificata in Antico Sindarin). La vocale i non dovrebbe cambiare. La consonante iniziale dovrebbe subire mutazione palatale quando una vocale è prefissa ad essa, p > b, t > d, c > g (perciò agor da car-), b > v, d > dh, g > zero, m > v, s > h. (Le consonanti f, th dovrebbero essere invariate.)
    ped- "parlare" > ebid "parlò"
    tir- "osservare" > idir "osservò"
    car- "fare" > agor "fece"
    bad- "andare" > avod "andò"
    dar- "fermarsi" > adhor "si fermò"
    gwedh- "legare" > ewidh (= e'widh) "legò".
    mad- "mangiare" > avod "mangiò" (stesso del pa. di bad-!)
    nor- "correre" > onur "corse"
    sog- "bere" > ohug "bevve"
    fir- "morire" > ifir "morì"
    Naturalmente, ciò dovrebbe contraddire il sistema iniziale intravisto nelle Etimologie, dove, per esempio, il passato di gwedh- è esplicitamente dato come gwend (o tardo gwedhant) invece di ewidh. Etim ha anche sunc e sogant piuttosto che ohug per "bevve". Inoltre, pent invece di ebid per "parlò, disse" è attestato all'infuori delle Etimologie. Dobbiamo attendere la pubblicazione di ulteriore materiale prima di poter determinare in quale misura Tolkien compì tale revisione - se questo fosse realmente inteso come il nuovo modo di derivare i tempi passati dei verbi primari, rendendo pienamente obsoleto il sistema iniziale che abbiamo tentato di ricostruire sopra. Per il momento, accetterei agor come il passato di car- "creare, fare", ma per altri versi continuerei largamente ad usare il sistema "classico". Forse l'enunciazione di Tolkien - che i tempi passati tipo agor- fossero "usuali" piuttosto che universali - implica che si potrebbe fino ad un certo punto scegliere in quale maniera formare il passato (è chiaro da diversi testi che Tolkien immaginò che vi fossero molte varietà e dialetti del Sindarin). Poniamo che car- "fare" faccia così: infinito ceri, presente: 3 sg. câr "(egli, ella, esso) fa", con desinenze ceri- (cerin "faccio", cerim "facciamo" etc.), passato irregolare agor "fece" (prima di desinenze agore-, e.g. agoren "io feci"), futuro ceritha "farò", imperativo caro "fai!", participio attivo carel "facendo", participio perfettivo córiel "che ha fatto", participio passivo coren (o carnen?) "fatto", gerundio cared "facendo".

  • La questione dell'umlaut nei prefissi: Un certo numero di verbi Sindarin hanno un elemento prefisso (tipicamente preposizionale). La questione è, la vocale in tali elementi prefissi dovrebbe avere umlaut nelle forme del verbo che richiede umlaut? Considerare il verbo aníra- "desiderare che, volere che". Questo, per quanto può dirsi, consiste di due elementi: un verbo íra- "desiderare" col prefisso an- "a", perciò letteralmente "a-volere" = volere che [in entrambi i casi, l'originale riportava la particella "to", ma non credo che "volere a, desiderare a" sia significativo, N.d.T.]. Il participio passivo di tale verbo dovrebbe probabilmente essere anirnen. Ma che dire del plurale? Anirnin o enirnin con umlaut in ogni parte del vocabolo?

    Le note di Tolkien sembrano men che coerenti. Il verbo osgar- "amputare" include l'elemento prefisso os- "attorno". L'infinito esgeri, elencato in LR:379 s.v. OS, mostra umlaut in ogni parte del vocabolo (non *osgeri, il prefisso essendo esentato dall'umlaut). D'altra parte, il verbo orthor- "dominare, conquistare" (letteralmente "sopra-potere", con or- che significa "sopra") non mostra umlaut all'infinito, che è elencato in LR:395 s.v. TUR come ortheri. Se esgeri da osgar-, perché non *ertheri da orthor-? Alternativamente, se ortheri da orthor, perché non *osgeri da osgar-?

    Forse ciò è in certa misura opzionale. WJ:379, occupandosi dei plurali di sostantivi, suggerisce che l'"affezione" o umlaut aveva originariamente portato a compimento il vocabolo, così che un composto come orodben "scalatore" in tempi più antichi aveva il plurale oerydbin (= örydbin, classico Sindarin erydbin). Ma più tardi, fino al punto in cui tale termine fu riconosciuto come un composto orod-ben "montagna-persona", solamente il secondo elemento subì umlaut al plurale: orodbin. Così forse esgeri "amputare" posteriormente divenne invece *osgeri, e forse ortheri rappresenta il primevo *ertheri.

    Ecco alcuni verbi con prefissi e coniugazioni suggerite.

    Con il prefisso go- "assieme":

  • govad- "iincontrare, riunirsi", infinito gevedi, presente gevedi- (aggiungere l'appropriata desinenza, eccetto che nella 3a persona singolare, che è govad), passato gevenni- (3 sg govant), futuro geveditha, imperativo govado, participio govadel (perfettivo govódiel), participio passato govannen, gerundio govaded
  • gonathra- "impigliare, irretire", inf. gonathro, pr. gonathra, pa. gonathranne- (3 sg gonathrant), fut. gonathratha, imp. gonathro, part. gonathrol (perfettivo genethriel), pp. gonathrannen (pl. genethrennin), ger. gonathrad
  • gonod- "conteggiare, computare, ricapitolare", inf. genedi, pr. genedi- (3 sg gonod), pa. genenni- (3 sg gonont), fut. geneditha, imp. gonodo, part. gonodel (perfettivo gonúdiel), pp. gononnen, ger. gonoded
  • genedia- "reputare", inf. genedio, pr. genedia, pa. genedianne- (3 sg genediant), fut. genediatha, imp. genedio, part. genediol (perfettivo gonúdiel), pp. genediannen (pl. genediennin), ger. genediad
  • (Osservare che in quest'ultimo verbo, go- appare nella forma con umlaut in tutte le forme eccetto il participio perfettivo gonúdiel "che ha reputato". Gli strettamente correlati verbi gonod- e genedia- dovrebbero avere identici participi perfettivi.)

    Tale gruppo di verbi incorporanti i prefissi ad- "ri-" ed an- "a" probabilmente non dovrebbero cambiarli in ed- od en- ove si potrebbe pensare che gli umlaut occorrano, sebbene non si abbiano chiari esempi:

  • adertha- "ricongiungersi", inf. adertho, pr. adertha, pa. aderthanne- (3 sg aderthant), fut. aderthatha, imp. adertho, part. aderthol (perfettivo aderthiel piuttosto che ?ederthiel), pp. aderthannen (pl. aderthennin piuttosto che ?ederthennin), ger. aderthad
  • anglenna- "avvicinarsi", inf. anglenno, pr. anglenna, pa. anglenne- (3 sg anglennant), fut. anglennatha, imp. anglenno, part. anglennol (perfettivo anglenniel (piuttosto che ?englenniel), pp. anglennen (pl. anglennin piuttosto che ?englennin), ger. anglennad
  • aníra- "desiderare", inf. aníro, pr. aníra, pa. anirne- (3 sg anirn), fut. aníratha, imp. aníro, part. anírol (perfettivo aníriel piuttosto che ?eníriel?), pp. anirnen (pl. anirnin piuttosto che ?enirnin), ger. anírad

  • Col prefisso os- "attorno":
    osgar- "amputare", inf. esgeri, pr. esgeri- (3 sg. osgar), pa. esgerni- (3 sg osgarn), fut. esgeritha, imp. osgaro, part. osgarel (perfettivo osgóriel), pp. osgarnen (pl. esgernin), ger. osgared
    Un prefisso lungo, chiaramente indipendente come palan- "da ogni parte" può non mostrare alcun umlaut:
    palan-dir- "vedere in lungo e in largo", inf. palan-diri, pr. palan-diri- (3 sg palan-dir), pa. palan-dirni- (3 sg palan-dirn), fut. palan-diritha, imp. palan-diro, part. palan-diriel (perfettivo palan-díriel - a stento ?pelen-díriel), pp. palan-dirnen (pl. palan-dirnin, a stento ?pelen-dirnin), ger. palan-dired

    6. PRONOMI

    I pronomi attestati Sindarin annoverano:

    1. persona sg: pronome indipendente im "I", anche la desinenza -n; cfr. anche nin, tradotto "verso di me", genitivo nín "mio", anche anim "per me stesso" (evidentemente an "per" + im "io, *me").
    2. person sg: la desinenza -ch, presumendo che agorech indichi *"tu hai fatto"; cfr. anche il pronome dativo reverenziale le "a te", detto essere di origine Quenya (RGEO:73).
    3. persona sg: E "egli", genitivo dîn "suo".
    1. persona pl: desinenza -m "noi" (in avam "non vorremo", WJ:371), anche ammen "per noi" o "di noi" (per *an men; an "per, a", men = "noi"?)
    2. persona pl: nessun ritrovamento, a meno che -ch ricopra sia il sg. che il pl. "tu [e 'voi', ambedue resi in inglese da 'you', N.d.T.]" (cfr. PM:45-46)
    3. persona pl: hain "essi" (prob. anche soggetto "loro")

    Quando aggiunta ad una radice terminante in -a, la desinenza pronominale -n "io" sembra modificare tale vocale in -o; contrasto fra avam "non vorremo" e avon "non farò" (WJ:371, ava = "non voglio"). Cfr. anche linnon "io canto" e linnathon "io canterò"; le radici sono evidentemente linna e *linnatha, "canta" e "canterò" (perciò *linnam "cantiamo", *linnach "tu canti"?)

    Sebbene un termine indipendente per "mio" sia dato in UT:54 (nín), sembra che "mio" sia espresso con una desinenza -en nel vocabolo lammen "mia lingua" nell'invocazione di Gandalf dinanzi al Cancello di Moria (SdA1/II cap. 4, tradotto in RS:463). Comparare la desinenza Quenya -nya "mio". Ma la desinenza -en è facilmente confusa con altre desinenze; gli scrittori dovrebbero probabilmente usare nín.

    In aggiunta al pronome genitivo dîn "suo", la Lettera Reale ha anche în: il re desidera salutare mhellyn în phain, tutti i suoi amici. Sebbene în, come dîn, sia tradotto "suo" in inglese, pare che questo sia effettivamente un pronome riflessivo genitivo, che si riconnette al soggetto della frase. In Sindarin vi può essere una distinzione che non è regolarmente espressa in inglese [come pure in italiano, N.d.T.]. Due proposizioni come *i venn sunc i haw în ed *i venn sunc i haw dîn dovrebbero entrambe tradursi come "l'uomo beveva il suo succo" in italiano, ma la prima significa "l'uomo beveva il suo (proprio) succo", mentre la seconda indica "l'uomo beveva il suo (di qualcun altro) succo" (in norvegese mannen drakk saften sin vs. mannen drakk saften hans, se posso riferirmi alla mia madrelingua).

    Sotto la radice S- nelle Etimologie, alcuni pronomi "Noldorin" sono elencati, ma se essi siano validi in Sindarin maturo non è noto: Ho, hon, hono "egli", he, hen, hene "ella"; ha, hana "esso". I plurali sono dati come huin, hîn, hein, evidentemente indicanti "essi" riferendosi ad un gruppo di uomini, donne ed oggetti, rispettivamente. Hein fu evidentemente modificato in hain posteriormente; cfr. l'iscrizione del Cancello di Moria: Im Narvi hain echant "Io Narvi le [= le lettere] feci". D'altronde, il pronome "Noldorin" huin dovrebbe apparire come *hýn in Sindarin.

    Ardalambion